Il primo Papa giunto dalle
Americhe è il gesuita argentino
Jorge Mario Bergoglio, 76 anni,
arcivescovo di Buenos Aires dal
1998. È una figura di spicco
dell’intero continente e un
pastore semplice e molto amato
nella sua diocesi, che ha girato
in lungo e in largo, anche in
metropolitana e con gli autobus.
«La mia gente è povera e io sono
uno di loro», ha detto una volta
per spiegare la scelta di
abitare in un appartamento e di
prepararsi la cena da solo. Ai
suoi preti ha sempre
raccomandato misericordia,
coraggio e porte aperte. La cosa
peggiore che possa accadere
nella Chiesa, ha spiegato in
alcune circostanze, «è quella
che de Lubac chiama mondanità
spirituale», che significa
«mettere al centro se stessi». E
quando cita la giustizia
sociale, invita a riprendere in
mano il catechismo, i dieci
comandamenti e le beatitudini.
Nonostante il carattere schivo è
divenuto un punto di riferimento
per le sue prese di posizione
durante la crisi economica che
ha sconvolto il Paese nel 2001.
Nella capitale argentina nasce
il 17 dicembre 1936, figlio di
emigranti piemontesi: suo padre
Mario fa il ragioniere,
impiegato nelle ferrovie, mentre
sua madre, Regina Sivori, si
occupa della casa e
dell’educazione dei cinque
figli.
Diplomatosi come tecnico
chimico, sceglie poi la strada
del sacerdozio entrando nel
seminario diocesano. L’11 marzo
1958 passa al noviziato della
Compagnia di Gesù. Completa gli
studi umanistici in Cile e nel
1963, tornato in Argentina, si
laurea in filosofia al collegio
San Giuseppe a San Miguel. Fra
il 1964 e il 1965 è professore
di letteratura e psicologia nel
collegio dell’Immacolata di
Santa Fé e nel 1966 insegna le
stesse materie nel collegio del
Salvatore a Buenos Aires. Dal
1967 al 1970 studia teologia
laureandosi sempre al collegio
San Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato
sacerdote dall’arcivescovo Ramón
José Castellano. Prosegue quindi
la preparazione tra il 1970 e il
1971 in Spagna, e il 22 aprile
1973 emette la professione
perpetua nei gesuiti. Di nuovo
in Argentina, è maestro di
novizi a Villa Barilari a San
Miguel, professore presso la
facoltà di teologia, consultore
della provincia della Compagnia
di Gesù e rettore del Collegio.
Il 31 luglio 1973 viene eletto
provinciale dei gesuiti
dell’Argentina. Sei anni dopo
riprende il lavoro nel campo
universitario e, tra il 1980 e
il 1986, è di nuovo rettore del
collegio di San Giuseppe, oltre
che parroco ancora a San Miguel.
Nel marzo 1986 va in Germania
per ultimare la tesi dottorale;
quindi i superiori lo inviano
nel collegio del Salvatore a
Buenos Aires e poi nella chiesa
della Compagnia nella città di
Cordoba, come direttore
spirituale e confessore.
È il cardinale Quarracino a
volerlo come suo stretto
collaboratore a Buenos Aires.
Così il 20 maggio 1992 Giovanni
Paolo II lo nomina vescovo
titolare di Auca e ausiliare di
Buenos Aires. Il 27 giugno
riceve nella cattedrale
l’ordinazione episcopale proprio
dal cardinale. Come motto
sceglie Miserando atque eligendo
e nello stemma inserisce il
cristogramma ihs, simbolo della
Compagnia di Gesù. È subito
nominato vicario episcopale
della zona Flores e il 21
dicembre 1993 diviene vicario
generale. Nessuna sorpresa
dunque quando, il 3 giugno 1997,
è promosso arcivescovo
coadiutore di Buenos Aires.
Passati neppure nove mesi, alla
morte del cardinale Quarracino
gli succede, il 28 febbraio
1998, come arcivescovo, primate
di Argentina, ordinario per i
fedeli di rito orientale
residenti nel Paese, gran
cancelliere dell’Università
Cattolica.
Nel Concistoro del 21 febbraio
2001, Giovanni Paolo II lo crea
cardinale, del titolo di san
Roberto Bellarmino. Nell’ottobre
2001 è nominato relatore
generale aggiunto alla decima
assemblea generale ordinaria del
Sinodo dei vescovi, dedicata al
ministero episcopale. Intanto in
America latina la sua figura
diventa sempre più popolare. Nel
2002 declina la nomina a
presidente della Conferenza
episcopale argentina, ma tre
anni dopo viene eletto e poi
riconfermato per un altro
triennio nel 2008. Intanto,
nell’aprile 2005, partecipa al
conclave in cui è eletto
Benedetto XVI.
Come arcivescovo di Buenos Aires
— tre milioni di abitanti —
pensa a un progetto missionario
incentrato sulla comunione e
sull’evangelizzazione. Quattro
gli obiettivi principali:
comunità aperte e fraterne;
protagonismo di un laicato
consapevole; evangelizzazione
rivolta a ogni abitante della
città; assistenza ai poveri e ai
malati. Invita preti e laici a
lavorare insieme. Nel settembre
2009 lancia a livello nazionale
la campagna di solidarietà per
il bicentenario
dell’indipendenza del Paese:
duecento opere di carità da
realizzare entro il 2016. E, in
chiave continentale, nutre forti
speranze sull’onda del messaggio
della Conferenza di Aparecida
nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii
nuntiandi dell’America Latina».
L'Osservatore Romano, Anno LXIII,
numero 12 |