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Epifania, il messaggio del Vescovo, Francesco Savino


EPIFANIA 2016 [SCARICA]

Carissimi,

siamo riuniti  per fare festa a Cristo, che oggi si rivela a tutte le genti nella sua unicità salvifica. “Alzati, – abbiamo sentito nella prima lettura – rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is  60,1).

Già a Natale abbiamo cantato: “Oggi una grande luce è discesa sulla terra”. Con la festa dell’ “epiphanía ” che vuol dire “rivelazione”, il Natale si offre a tutti. Se il Natale descrive l’Incarnazione di Gesù  Bambino, l’Epifania rimanda all’aspetto planetario dello stesso mistero. Dunque, quanto è avvenuto in un piccolo villaggio di pastori in una notte al “freddo e al gelo”, oggi viene misticamente  annunciato a tutti i popoli della terra.

Fra i personaggi del Natale ci sono delle figure molto simpatiche: i Magi, che, secondo il linguaggio dell’Antico Testamento, sono degli uomini sapienti in ricerca, protesi verso il futuro, e  che raffigurano tutti i popoli del mondo, anche i più lontani.

L’Epifania dunque è la festa  dell’universalismo della salvezza: Dio   ha convocato tutti i popoli per aderire al cambiamento messianico indicato da Gesù. Vivere è ricercare Dio. Vivere  è scoprire Dio ed incontrarlo!

Se in Occidente la Solennità di oggi ricorda,  con l’arrivo dei Magi, la Rivelazione di Gesù come Signore dei popoli, per la chiesa d’Oriente, l’Epifania indica anche il Natale.

L’esperienza singolare dei Magi aiuta a comprendere a quale scoperta felice si può pervenire se si è assidui nella ricerca esistenziale: non fu facile per i sapienti dell’Oriente il  cammino verso la Grotta di Betlemme. “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2) asseriscono i Magi alla vista del Bambino.  Nel loro atto di adorazione, ogni cercatore di senso avverte di essere abitato e raggiunto dallo sguardo del Dio che ha trovato tempo per l’uomo. È qui rappresentato mirabilmente l’incontro tra l’umano andare e il divino venire, l’alleanza tra l’esodo e l’avvento. La fede è l’accoglienza della verità di Cristo, rivelata nella sua Parola, insegnata dalla Chiesa, che il cristiano  accoglie come luce che illumina i suoi passi.

I Magi,  pur avvolti da atmosfera nebulosa e quasi  onirica, sono degni di ammirazione non perché introducono la cultura del dono che potrebbe  affascinare l’uomo contemporaneo, figlio della civiltà dei consumi, ma perché   celebrano l’ apologia della ricerca. Si potrebbe pensare, come riteneva Nietzsche, che sfuggono la realtà per rincorrere l’utopia e, perciò potrebbero risultare degni soltanto di derisione.  Ma, Papa Francesco, rivolgendosi a migliaia di giovani a Cuba, ha detto: “non abbiate paura di sognare cose grandi, non lasciatevi rubare la speranza”.   “La speranza si insinua in tutte le manifestazioni dell’uomo” a partire dai sogni ad occhi aperti, che esprimono l’indole dell’uomo cercatore indefesso della Verità. “Se cerca, è viandante verso una meta, è proiettato verso un guadagno, mendica qualcosa che ancora non possiede, ma che per altro non potrebbe nemmeno cercare se non ne avesse qualche presentimento o cognizione” (cfr. Ernst Bloch, Il principio speranza).

A Martin Lutero  sul letto di morte viene attribuita l’espressione: “Siamo dei poveri mendicanti, questa è la verità”. Sono parole pronunciate da un uomo religioso  poco prima di oltrepassare la soglia del mistero.

Guidati da una stella, i Magi  si  misero in cammino come  pellegrini verso l’Assoluto o, per dirla con Maritain, come “mendicanti del cielo” per andare alla ricerca di Colui che per primo ci cerca, il Signore e Salvatore.

Nelle rappresentazioni della Natività vediamo sempre un elemento   astronomico, la “stella di Betlemme”, che ha un riferimento biblico  solo nel vangelo di Matteo ( 2,1-11). Giovanni Crisostomo ci viene in aiuto: “La stella dei Magi non fu una stella ordinaria, ancor più non fu una vera stella, ma una forza invisibile che prese le apparenze di una stella […] Considerate dunque donde venne ai Magi l’idea del viaggio e ciò che li spinse ad intraprenderlo. A me pare che non fu solo opera della stella, ma anche opera di Dio che mosse le loro anime” (VI, 2.4).

Nella dittatura del relativismo in cui siamo immersi, i Magi raffigurano tutti gli uomini e le donne  pronti a vivere un’esistenza sospesa tra morte e vita con il desiderio della Verità e la ricerca di senso che fanno dell’uomo “una domanda” inquietante senza sosta, in tensione dialogica tra il  cuore  “capax Dei” e il Suo venirci incontro nella Persona di Gesù Cristo.

L’esperienza dei Magi  costituisce un  antidoto ai mali dell’uomo contemporaneo che, avendo rinunciato alla bussola della Verità, appare costretto a navigare “a vista”, con risvolti davvero drammatici sul piano esistenziale. Da essa impariamo quanto sia opportuna  la cultura del confine, che apre all’alterità e fa uscire dall’incapsulamento, che affranca dalla solitudine idealistica di una conoscenza incapace di cogliere nei vari saperi  l’interiorità e  la tensione che alimentano la domanda del perché e collaborano alla comprensione del mistero della vita.  Sembra proprio che i Magi avessero compreso, non solo nella traccia della stella, ma anche nel segno del Bambino, il messaggio sottaciuto, ma reale e magniloquente, di pace, di salvezza e anche di conversione.

Se autenticamente celebrata, l’Epifania segna l’inizio di un movimento opposto a quello di Babele: ci apre all’interculturalità   nella consapevolezza della  identità personale, bisognosa delle diversità valoriali. E ci chiama a rialzarci, a rivestirci di luce nuova, ad abbandonare le tenebre dell’indifferenza, che  oscurano il cuore e la mente.  Chi comprende il valore dell’Epifania, si sentirà portato a trasferirla in tutti i legami e in tutte le relazioni in cui  è coinvolto, promuovendo la “convivialità delle differenze” segno, nelle relazioni umane, dell’eccedenza che la Trinità ha immesso nella storia.

Che i Magi intendessero l’esigenza di aderire al progetto di Gesù, che consiste nel coniugare la pluralità attorno all’unità, lo conferma il fatto che fecero, sì, rientro al loro paese, ma cambiando strada. Particolare questo non solo geografico,  ma  anche di significato teologico: incontrare Gesù vuol dire girare pagina!

Lasciamoci provocare dai Magi per consentire a Cristo di piantare la sua tenda in ognuno di noi e tra  di noi!

+ don Francesco Savino