Omelie

Giovedì Santo 2017 Santa Messa nella Cena del Signore


 Giovedì Santo 2017

Santa Messa nella Cena del Signore [SCARICA]

La lavanda dei piedi che Gesù fa ai suoi discepoli “prima della festa di Pasqua, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre”, mi ha sempre inchiodato.

È un vero capovolgimento della vita! Se lo riducessimo ad un rito, sarebbe una mistificazione, un depotenziamento della scelta di Gesù. Possiamo dire che la lavanda dei piedi è la sintesi esplicita di tutta la biografia di Gesù, il Maestro che lava i piedi dei suoi discepoli come facevano solo i servi e le donne.

Provo ad intrecciare tre interrogativi del mio cuore, mentre entro in quel cenacolo con Gesù con i discepoli, in quel primo Giovedì Santo.

Chi sei tu Gesù, e chi sono io, e che cosa vuoi dire alla tua Chiesa, oggi?

“Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita”. Tu sei il “servo-schiavo”: rinunci ad ogni pretesa del tuo “io” e lavi i piedi all’uomo di ogni epoca. Tutta la tua vita è stata una “lavanda dei piedi”, una vita di servizio, di prossimità, di vicinanza. Ti sei completamente “svuotato”, ti sei “kenotizzato”. Hai sempre messo l’altro al centro della tua vita appassionata, al di la di ogni appartenenza. L’altro, soprattutto il più marginale! Niente e nessuno ti hanno mai condizionato in questa scelta di amore radicale. Chi sei tu, Gesù? “Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Tu sei il Signore, il Maestro che dà l’esempio. In te c’è corrispondenza perfetta fra parola e azione.

Nel tuo rivelarti a noi ci aiuti a capire la nostra identità: chi sono io? Sono un amato da te, fino alla fine. Mi ami e ci ami senza limiti: sempre di più, sempre di più. Non ti stanchi mai di amare! Hai dato la vita per me, per noi! Il tuo è un amore personale e comunitario. Mi ami con i miei tradimenti, le mie infedeltà, sono un amico amato da te anche quando ti tradisco. Non mi ami perché sono “utile”, “funzionale”. Mi ami pur sapendo che non posso contraccambiare il tuo amore. Chi sono io? Sono uno a cui Gesù ha lavato i piedi! Si è inginocchiato e, inginocchiandosi, mi ha fatto vedere che potere non è “dominare” ma “servire”. La più grande forma di potere è il servizio all’altro. Dall’“io” al “tu”, nell’incontro, nella relazione di servizio, si gioca la partita della vita.

Lavando i piedi dei tuoi discepoli, Tu, Gesù, trasformi la domanda “chi sono io?” in “per chi sono io?”. Il rovesciamento della domanda ci rende “esploratori di terre sconosciute e creatori di rapporti fecondi”.

Non soggetti-narciso, destinati alla morte, ma capaci di dono perché generativi.

Che cosa dici questa sera alla tua “sposa”, “casta et meretrix”? Ci inviti ad essere la “chiesa del grembiule”, una chiesa che non può indossare la stola senza il grembiule per essere fedele al Tuo mandato.

Miei cari fratelli e sorelle, “prendiamo la strada del servizio, che è la strada della condiscendenza, della siunkatabasi, della condivisione, del coinvolgimento in presa diretta nella vita dei poveri. E’ una strada difficile, perché attraversa le tentazioni subdole della delega: stipendiare i “lavapiedi” perché ci evitino la scomodità di certi umili servizi. Però è l’unica strada che ci porta alle sorgenti della nostra regalità. E l’unica porta, che ci introduce nella casa della credibilità perduta, è la “porta del servizio”. Solo se serviamo, possiamo parlare e siamo creduti. Solo allora possiamo “riprendere le vesti sontuose del nostro prestigio sacerdotale”.

La “lavanda dei piedi” è la nostra coscienza critica per non cedere alla mondanizzazione. Non esistono compromessi o comode mediazioni. Sul “paramento quotidiano del grembiule” si fonda la credibilità dell’annuncio del Vangelo.

Questa sera, a nome della chiesa diocesana, laverò i piedi a dodici fratelli della comunità “Il Mandorlo” di Lauropoli, segno della Chiesa che non abbandona i giovani che, per ragioni diverse, nelle sostanze stupefacenti, hanno cercato invano la felicità. E’ una delle tante sfide della chiesa, ospedale da campo, che va oltre lo “scarto” per farne inclusione.

   Francesco Savino

Cassano all’Jonio, 13 aprile 2017