Omelie

III DOMENICA DI QUARESIMA (anno C)


Es 3,1-8a.13-15; Sal 102; 1 Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

20  Marzo  2022

Dal deserto della tentazione e dal monte della trasfigurazione delle scorse domeniche, il Vangelo di oggi ci conduce verso Gerusalemme su una  strada ricca  di insegnamenti.

Il primo riguarda come riconoscere i segni dei tempi (Lc 12,54-57) anche nei fatti di cronaca. Alcuni riferiscono a Gesù di un gruppo di Galilei fatti uccidere da Pilato mentre presentavano la loro offerta al Tempio. Ad essi Gesù stesso ricorda anche “quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise” per respingere la convinzione dei suoi interlocutori che addebitano a chi è vittima di una violenza umana come i galilei uccisi, oppure di un evento disastroso, la colpa del male subito a causa del loro peccato. Gesù confuta la credenza che Dio castiga i peccatori infliggendo loro una punizione e annuncia un Dio che è Padre di tutti: i colpiti e i non colpiti, le vittime e i carnefici, sono figli che Dio non punisce distruggendoli, ma che ama sempre con il suo amore incontenibile. Dunque per tutti l’indicazione di Gesù è: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Egli non fornisce una spiegazione teologica al male ma invita alla conversione.

Secondo l’Antico Testamento convertirsi significa “tornare”, tornare al Signore, per rinnovare l’alleanza con Dio. Il cammino richiesto riguarda il pensare e l’agire, comporta pentimento/penitenza nel tempo presente, prima del giudizio. Gesù sa che siamo tutti peccatori e commettiamo il male; perciò ci chiede  di accogliere la misericordia di Dio.

Con la parabola dell’albero del fico sterile l’insegnamento riguarda la pazienza di Dio.

Un uomo che ha piantato nella sua vigna un fico va a cogliere i suoi frutti ma non ne trova e, poiché quell’albero non porta frutti da tre anni, comanda al vignaiolo di tagliarlo: “Taglialo, dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. La decisione del padrone della vigna è conformata al nostro concetto di giustizia retributiva e meritocratica: non si paga chi non produce nulla, mentre si pagano gli altri proporzionalmente al rendimento.

Ma il vignaiolo ama ciò che ha piantato e, per questo, osa intercedere presso il padrone: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finchè gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire, se no lo taglierai”. L’amore del contadino è veramente straordinario: ha pazienza, sa aspettare, gli dedica tempo e lavoro.

Alla giustizia retributiva che è del mondo e che ci tiene prigionieri è contrapposta da Gesù la giustizia di Dio, che è sempre misericordia, pazienza, attesa, presa in carico, cura assidua.

Gesù è il vignaiolo venuto nella vigna di Israele, vangata, liberata dai sassi,  venuto a chiamare i peccatori a conversione.

“Sta qui la serietà della conversione. Lo spazio che ci è concesso non ha altra ragione di essere se non nel cuore stesso di Dio. E non c’è altra forza che provochi una reale conversione se non la pazienza, la misericordia di Dio” (Monastero di Dumenza).

Buona Domenica.

   Francesco Savino