Omelie

IV DOMENICA DI PASQUA-Ministero dell’Accolitato di Roberto di Lorenzo e Sanjay Dhanwar


IV  DOMENICA  DI  PASQUA

At 13, 14. 43-52; Sal 99; Ap 7, 9. 14-17; Gv 10, 27-30

Ministero dell’Accolitato di Roberto di Lorenzo e Sanjay Dhanwar

Domenica  8  Maggio  2022

La IV Domenica di Pasqua è dedicata al Pastore buono e bello.

Alla domanda dei giudei: “Tu chi sei?” (Gv 8, 25), che è anche il nostro interrogativo, nel capitolo 10 troviamo la risposta dell’evangelista Giovanni che è anche la nostra risposta.

Gesù, il Risorto, è per noi “porta – pastore – tempio”, quest’ultimo aspetto è suggerito dal fatto che la pericope evangelica si colloca nella festa della dedicazione o purificazione del tempio avvenuta nel ʹ164 a.C. da parte di Giuda Maccabeo a seguito della profanazione di Antico Epifane. La domanda e la risposta per la comunità dei discepoli sono decisive perché chiamate a rendere ragione a se stessi e al mondo del senso di Gesù per la propria esistenza.

Ascolto, conoscenza e sequela sono gli atteggiamenti spirituali delle “pecore” nei confronti del “pastore” e sono gli atteggiamenti costitutivi della fede.

Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.

Il pastore bello, Gesù, dà la sua vita per le proprie pecore, mettendo a rischio la sua esistenza per la custodia del gregge: la vita delle pecore è la vita del pastore.

Il bel pastore non è un mercenario che fugge nell’ora del pericolo e volta le spalle alla responsabilità di proteggere il futuro del gregge con la propria vita. Il bel pastore non è un falso pastore, menzogniera guida che baratta la vita del gregge per il suo personale vantaggio. È altro da quella sciagurata guida raccontata da Ezechiele che ruba il latte e la lana, divora la carne, «non difende le pecore deboli, non va in cerca delle disperse» (Ez 34, 4).

La vita che il pastore bello dona è una vita che va al di là della vita biologica, terrena. È una vita che va oltre, la vita eterna.

“Se Gesù custodisce e non perde nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato è perché Egli rimane nella relazione con il Padre e in questa relazione di amore entra e abita ogni credente. Noi invece, facciamo ciò che Gesù non fa: noi sappiamo perdere i doni ricevuti, sappiamo perdere l’amore, sappiamo perdere l’altro, sappiamo non custodirlo. Perdiamo l’altro perché usciamo dalla relazione con il Signore e ci chiudiamo nell’egoismo. E così mentre perdiamo l’altro, smarriamo anche noi stessi e il senso del nostro vivere che si situa nella relazione con il Padre e con i fratelli” (Luciano Manicardi).

L’espressione dell’evangelista Giovanni secondo cui nessuno può strappare, rapire, il credente dalla mano del Padre trova conferma in ciò che dice l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? … né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenza, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 35.38-39).

“Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Il carattere di “pastore” di Gesù consiste nella relazione con il Padre e con le sue pecore, cioè con Dio e con i credenti. Il titolo di pastore è relazionale e non funzionale: “Io e il Padre siamo uno” (ver.30) e “Io conosco le mie pecore” (ver.27).

Pertanto quando noi pensiamo alla “pastorale” o facciamo “pastorale” dovremmo mettere sempre al centro la dimensione relazionale piuttosto che quella funzionale ed organizzativa.

“Al cuore dell’essere pastore nella chiesa vi è la relazione personale con il Signore, dunque la dimensione spirituale nutrita dalla fede e dalla preghiera, e la relazione con le persone fatta di conoscenza, amore, ascolto, dedizione, dono della vita. Il pastore è attento al cuore di Dio e al cuore dell’uomo” (Luciano Manicardi).

In questo modo la pastorale diventa generativa, cioè capace di generare uomini e donne all’incontro con Gesù, alla fede.

Capovolgendo la domanda “Tu chi sei?”, con la domanda “Noi chi siamo?”, possiamo concludere che “noi siamo dei cercati, dei guardati bene, dei conosciuti per nome, degli orientati e dei custoditi dal Padre in Gesù pastore” (Giancarlo Bruni)… , “e tutti abbiamo bisogno di essere trovati” (Le avventure di un uomo vivo” G.K.Chesterton).

E in questa ricerca fatta di domande di senso s’incrocia la scoperta della bellezza della vocazione, delle vocazioni.

Celebriamo, oggi, la 59ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni e il Papa ci ha consegnato un messaggio dal titolo: “Chiamati a edificare la famiglia umana”.

Papa Francesco ci consegna cinque indicazioni fondamentali: la chiamata ad essere tutti protagonisti della missione, ad essere custodi gli uni degli altri e del creato, ad accogliere lo sguardo di Dio, a rispondere allo sguardo di Dio e ad edificare un mondo fraterno.

Queste indicazioni mi sembrano veramente puntuali e propositive per voi, cari Roberto e Sanjay che, ricevendo stasera il Ministero dell’Accolitato, segnate un momento significativo del vostro cammino vocazionale orientato al sacerdozio ordinato in cui sarete costituiti “segni” del Signore Gesù, capo della chiesa. La chiesa vi affida questo ministero per “ministrare” con la vostra vicinanza all’eucarestia l’amore generoso ed incondizionato di Dio per tutti. Amate sempre di più Gesù e l’eucarestia non nutrendo mai pensieri di carrierismo ecclesiastico. “La gente pensa che fare il prete sia un mestiere, che basta mettersi una tonaca e la magia è fatta… Si diventa preti per essere servi inutili, servi gratuiti. L’amore salva solo se è gratuito. È questo lo scopo di ogni prete: amare senza volere niente in cambio, amare a fondo perduto, amare e basta. E chi ti ama non ti dice che non sbaglierai mai, che non avrai mai paura, ma ti dice che tu puoi vivere tutto, affrontare tutto e te lo dice perché è con te. Fare il prete non è un mestiere, è un modo inutile di amare, inutile come ogni amore, inutile come l’aria”. Mi è stata segnalato questo pensiero tratto da una fiction in auge, e, data la pregnanza, mi è sembrato bello valorizzarlo per questa occasione e per quello che il mio cuore sente di comunicarvi.

Come Gesù si è innalzato svuotandosi, anche voi “abbassatevi”, sempre condividendo la vita concreta delle persone che incontrate, soprattutto delle persone più scartate.

Guai se la res sacra dei sacramenti viene strumentalizzata per assoggettare l’uomo ai nostri progetti meramente umani.

Esorto la comunità di San Nicola di Morano in cui è inserito Roberto e la comunità di San Teodoro di Laino Castello in cui è inserito Sanjay a pregare costantemente per loro e a sostenerli e ad incoraggiarli nel loro cammino vocazionale.

La chiesa vi affida questo ministero, tappa spirituale che ritma il vostro percorso formativo e sviluppa il vostro discernimento vocazionale, per aiutarvi ad accostarvi a Gesù, presente nell’eucarestia, e a imparare da Lui ad amare come Lui ci ha amati, sapendo che chi crede nel Suo amore non va giudicato. Diventerete così ministri di gioia, di quella gioia profonda che solo Gesù può offrire agli uomini e alle donne di ogni tempo.

La Madonna della Catena, che oggi si festeggia a Cassano allo Ionio, sostenga il vostro cammino e la sua compagnia vi liberi e ci liberi da tutte quelle catene che spesso bloccano il nostro cammino autentico di fede, soprattutto la catena della mondanità spirituale, tentazione sempre ricorrente che ci porta ad assumere le logiche del mondo e non quelle del Vangelo.

Impariamo a pregare con il salmista:

1 Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

(Salmo 22)

Buona Domenica.

✠   Francesco Savino