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Omelia IV Domenica di Quaresima 11 Marzo 2018


IV  DOMENICA  DI  QUARESIMA [SCARICA]

11  Marzo  2018

Continua il cammino quaresimale dal deserto della tentazione al monte della trasfigurazione, dal tempio di Gerusalemme a un incontro notturno tra Nicodemo e Gesù, un dialogo a due relativo all’urgenza di rinascere da “acqua” e da “spirito”, dall’“alto”, dal “cielo” (Gv 3, 5.7.12).

Nicodemo è un fariseo di Gerusalemme, un notabile, un componente del sinedrio, uno di coloro che, “vedendo i segni che Gesù faceva, credevano in lui” (cfr. Gv 2, 23); il suo cammino è parziale perchè ha paura, forse per non compromettere il suo potere nel sinedrio o forse perché teme che la verità incontrata gli sconvolga del tutto la vita. Nicodemo è ancora nella “notte”, e giungerà completamente alla fede solo dopo la morte di Gesù, quando con grande coraggio andrà al sepolcro di Gesù con una quantità smisurata di olio profumato per imbalsamarne il corpo (cfr. Gv 19, 38-42).

Rivolgendosi a Nicodemo, Gesù gli fa una rivelazione: occorre che lui, il Figlio dell’Uomo, sia “innalzato”, come Mosè aveva innalzato un serpente di bronzo nel deserto, durante l’esodo di Israele dall’Egitto (cfr. Nm 21, 4-9). I figli di Israele, guardando al serpente, erano preservati dalla morte; come il serpente era un segno di salvezza, così il Figlio dell’Uomo una volta innalzato.

Cosa significa “essere innalzato”?

E’ chiaro il riferimento a Gesù appeso al legno della croce (cfr. Gv 8, 28).

Siamo di fronte all’annuncio della passione, morte e resurrezione di Gesù. In una sintesi mirabile vengono riassunte la croce e la gloria: la croce segna la fine della vita terrena di Gesù e manifesta la Sua identità di Figlio dell’Uomo disceso dal cielo e innalzato da Dio al cielo.

Dinanzi a questo mistero di “abbassamento-innalzamento”, l’evangelista Giovanni, il contemplativo, ci offre il senso: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.

L’evangelista puntualizza, soprattutto per quegli uomini religiosi tentati sempre di leggere l’operare di Dio come un giudizio di condanna, che “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui”. Dio non vuole che il peccatore muoia, ma che viva e sia salvato. Non è Dio che condanna ma è l’uomo che pronuncia su di sè il giudizio non credendo all’amore di Dio in suo figlio, l’Unigenito.

Giovanni, infatti, dice: “il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie”: dipende da noi, in libertà, aderire a questo amore o rifiutarlo.

Mentre ci avviciniamo alla Pasqua, volgiamo lo sguardo a Colui che hanno trafitto (Gv 19, 37).

Contemplando “la Verità appesa alla croce senza bellezza né splendore”, secondo le parole di un monaco medioevale, apriamo il cuore all’amore di Dio per noi in Gesù Cristo, come lo aprì, sia pure a fatica, Nicodemo.

Facciamo tutti esperienza di quanto è grande l’amore di Dio per noi nel Suo Figlio Gesù e facciamolo oggi.

Buona Domenica!

   Francesco Savino