Omelie

Omelia del Vescovo Savino XXIX  Domenica del Tempo Ordinario 21 Ottobre 2018


XXIX  DOMENICA  DEL TEMPO  ORDINARIO [SCARICA]

21  Ottobre  2018

Mentre Gesù va a Gerusalemme, per ben tre volte annuncia ai dodici la propria passione, morte e resurrezione (cfr. Mc 8, 31-32; 9, 30-32; 10, 32-34) ma, per ben tre volte, non viene compreso. Sperimenta forse una sorta di frustrazione di fronte a tanta durezza di cuore. La prima volta era stato Pietro a ribellarsi alle parole del suo Maestro ed era stato rimproverato e chiamato “satana” (Mc 8, 33); la seconda volta erano stati tutti i dodici che, alla prospettiva della passione e morte appena annunciata da Gesù, non avevano saputo fare di meglio che discutere tra di loro su chi fosse il più grande per sentirsi poi dire con chiarezza: “se uno vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9, 35).

Nel Vangelo di questa Domenica, sono Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che dimostrano una impressionante incapacità a comprendere: Gesù ha appena detto che è vicina l’ora della sua morte violenta e i due reagiscono avanzando pretese. “Maestro, noi vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo … concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. “Voi non sapete quello che chiedete” replica il Maestro in maniera perentoria. E, come sempre, riporta alla realtà i due discepoli “facendo balenare anche per loro la prospettiva della morte violenta, attraverso le immagini bibliche dell’immersione (cf. Lc 12,50) e del calice”.(E. Bianchi.) 

I due sembrano accettare questa prospettiva ma, in realtà, capiranno solo più tardi il prezzo di questa disponibilità dichiarata a Gesù. 

Quanto, però, alla richiesta di sedere alla sua destra e alla sinistra nella gloria, il Maestro afferma che non spetta a lui decidere, ma solo al Padre. Nell’ora della passione, i posti rivendicati da Giacomo e Giovanni sono occupati da due malfattori. 

“Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono ad indignarsi con Giacomo e Giovanni”: l’incomprensione dei discepoli dilaga, giunge lo sdegno geloso degli altri dieci che non vogliono assolutamente essere da meno. Se i due prendono i primi posti, che cosa resta per loro? 

Allora Gesù riunisce tutti i suoi e pronuncia parole importanti non soltanto per quel momento ma anche per il futuro, istituisce la comunità cristiana: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di essi e i loro capi li opprimono. Tra voi, però, non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. 

Perché tali parole? “Perché il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”: Gesù, il messia servo del Signore (cfr. Is 53, 10-12), non sceglie il potere come strada messianica per salvare l’umanità, ma sceglie il servizio, quello più basso e umile, quello dello schiavo. 

Nel IV Vangelo, subito dopo il gesto della lavanda dei piedi, Gesù afferma: “Avete capito ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13, 12-14).

Davanti al racconto della singolare richiesta di Giacomo e Giovanni e dell’indignazione degli altri discepoli, saremmo ipocriti se ci meravigliassimo o ci indignassimo perché anche noi, dobbiamo riconoscerlo, siamo animati costantemente dalla brama di primeggiare e dominare sugli altri, di essere apprezzati o riconosciuti più degli altri. Gesù, credibile per le sue scelte di vita, ci chiede di “servire” e di dare la vita perché in questo consiste la vera gloria. Chi vuole seguirLo, impari da Lui ad avere i suoi stessi sentimenti, gli stessi desideri, le stesse aspirazioni e a “servire” umilmente.

Un augurio di una bella e buona Domenica nella quale chiediamo al Signore di non cedere alla mondanità ed in particolare al desiderio di potere.

   Francesco Savino