Omelie

“Dio non è una definizione ma un’esperienza” Santissima Trinita’ Domenica 11 Giugno 2017


 SANTISSIMA  TRINITA’

11 Giugno 2017

“Io che sono lento a credere, che mi ci vorrà forse tutta la vita non per capire, ma solo per assaporare un poco della fede, come potrò cogliere qualcosa della Trinità? Una strada c’è, e non è quella delle formule e dei concetti. Pensare di capire la Trinità attraverso le formule è come tentare di capire una parola analizzando l’inchiostro con cui è scritta. Dio non è una definizione ma un’esperienza. La Trinità non è un concetto da capire, ma una manifestazione da accogliere. In uno dei capolavori di Kieslowski sui Dieci Comandamenti, Decalogo I, il bambino protagonista sta giocando al computer. Improvvisamente si ferma e chiede alla zia: «Com’è Dio?». La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e tenendolo stretto a sé sussurra: «Come ti senti, ora?». Pavel non vuole sciogliersi dall’abbraccio, alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Pavel, Dio è così». Dio come un abbraccio. Se non c’è amore, non vale nessun magistero. Se non c’è amore, nessuna cattedra sa dire Dio. Dio come un abbraccio: è il senso della Trinità. Dio non è in se stesso solitudine, ma comunione. L’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore. Se il nostro Dio non fosse Trinità, vale a dire incontro, relazione, comunione e dono reciproco, sarebbe un Dio da delusione, assente e distratto”.

Questa straordinaria esperienza di Kieslowski richiamata da padre Ermes Ronchi mi sembra un bel modo per avvicinarci alla verità che Dio è Tri-unità. Il Dio biblico, dalle origini (Genesi) all’epilogo (Apocalisse), è un Dio estasi, cioè un Dio che esce da sé in cerca dell’altro, persona o popolo, per instaurare una relazione di amore.

Nella Domenica dopo Pentecoste, celebriamo il mistero della Tri-Unità di Dio, del Dio Uno e tre volte Santo. Dio è una comunione tra un’amante, il Padre, un amato, il Figlio, e l’amore, lo Spirito Santo.

Il Vangelo di oggi è un passo del lungo dialogo giovanneo tra due maestri: il fariseo Nicodemo e Gesù, “il maestro che viene da Dio” (Gv 3, 2). Essi discutono su una questione abbastanza impegnativa, direi di senso, cioè la possibilità di un’autentica rinascita dell’uomo. Può l’uomo rinascere? Gesù dichiara di sì ma solo dall’“alto” (Gv 3, 3), grazie alla potenza di Dio. Poiché l’interlocutore non comprende, Gesù dice che è lo Spirito di Dio che può operare una nuova nascita (cfr. Gv 3, 5-8). Aggiunge, poi, che lo Spirito sarà effuso da Dio sull’umanità solo a condizione che il Figlio dell’uomo sia “innalzato” come Mosè aveva innalzato un serpente di bronzo nel deserto (cfr. Nm 21, 4-9). Gli israeliti, guardando quell’immagine, si sarebbero salvati dalla morte causata dai serpenti velenosi. Come il serpente innalzato era stato un segno di salvezza, così il Figlio dell’uomo, una volta innalzato dalla terra, salverà chiunque crederà in Lui e gli darà la vita eterna (cfr. Gv 3, 14-15).

Ma cosa significa “essere innalzato”? L’innalzamento di cui parla Giovanni è la glorificazione di Gesù che coincide con la sua crocifissione.

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna”: Dio non si manifesta con il desiderio di giudicare il mondo ma ama il mondo, donando Il Suo Figlio Unigenito. Tutta la vita di Gesù è spesa nella libertà per amore e soltanto per amore. Gesù non soltanto narra che “Dio è amore” (1 Gv 4, 8.16), ma è Lui stesso amore fatto  carne.

La scoperta più bella che possiamo fare è che Dio, in Suo Figlio, non ci giudica: siamo noi stessi che ci giudichiamo accogliendo o rifiutando il suo amore. Nella prima delle sue lettere, Giovanni dice che non siamo noi che abbiamo amato Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha inviato suo Figlio come vittima di espiazione dei nostri peccati. L’amore viene, dunque, da Dio e raggiunge ogni persona, non viceversa: “noi amiamo, perché Dio per primo ha amato noi” (1 Gv 4, 19).

Contemplare la Trinità significa credere all’amore di Dio per noi.

E se l’essere umano è a “immagine e somiglianza” di Dio, allora è chiamato ad essere “Trinità”, cioè relazione di amore. La stessa società può essere vissuta come luogo nel quale la Trinità è il paradigma di ogni rapporto.

La festa della Trinità sia per noi occasione di verifica del modo di vivere e ci aiuti a comprendere che nel passaggio dall’“io” al “noi” possiamo ritrovare  il fascino della nostra umanità.

Buona Tri-Unità.

  Francesco Savino