Omelie

V DOMENICA DI PASQUA 14 MAGGIO 2017


L’omelia del Vescovo durante la Santa Messa celebrata in Cattedrale con l’animazione dei cori diocesani di Roma, diretto da Mons. Marco Frisina e di Cassano, diretto dal maestro Giacinto Ciappetta, organista maestro Alessandro Saraceni.)

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14 Maggio 2017

 In questa Domenica, V di Pasqua, il Vangelo di Giovanni ci presenta un testo densissimo di significato, contenuto nei cosiddetti “discorso di addio” di Gesù (cfr. Gv 13, 31 – 16, 32). Ogni parola ci fa conoscere la sua identità e la sua relazione profonda con i discepoli.

Dopo quell’ultima cena fraterna, Gesù sta per separarsi dagli “amici” (cfr. Gv 15, 13-15): ha preannunciato il tradimento di Giuda (cfr. Gv 13, 21) e il rinnegamento di Pietro (cfr. Gv 13, 38) e, perché i discepoli non cedano alla tristezza e alla paura per la separazione, con una tenerezza indicibile, dice loro: “non sia turbato il vostro cuore […] abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.

Sta per verificarsi una profonda crisi nella sua comunità che non conosce il futuro, allora Gesù richiama tutti alla fiducia con una promessa: “nella casa del Padre mio vi sono molte dimore, io vado a prepararvi un posto”. Egli sta per entrare nel Regno del Padre e promette ai suoi che la separazione sarà soltanto temporanea, infatti dice: “quando vi avrò preparato un posto ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”. Questa è la consolazione per quanti, fidandosi di Lui, vivono una relazione di intimità con Lui: niente e nessuno potrà rapirli dalla sua mano; essi saranno sempre nel suo cuore fino alla fine del tempo, quando tornerà nella gloria e li attirerà a sé (cfr. Gv 10, 28-29).

Gesù è consapevole della meta cui è orientato ma sa, da buon maestro, che è necessario indicare a tutti la strada, infatti aggiunge: “del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Il discepolo Tommaso non comprende il senso di quelle parole e, diretto come sempre, senza alcuna reticenza ed ipocrisia, gli domanda: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Il Maestro, con grande pazienza e mitezza, gli risponde: “io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

In queste parole troviamo la specificità e la particolarità del Cristianesimo: da quando Dio si è fatto uomo in Suo Figlio Gesù, Egli ha aperto la strada unica per conoscere Dio. Se guardiamo a Gesù, capiamo Dio. Per credere in Dio dobbiamo credere in Gesù, affidarci a Lui, confidare in Lui. “La Verità è una Persona, Gesù Cristo: con la Sua vita, Lui ci ha mostrato la via per andare al Padre; dunque la via è il modo di vivere di Gesù e, vivendo come Lui, noi possiamo partecipare alla sua vita che è vita vera in pienezza, “vita eterna“” (cfr. Enzo Bianchi). A Filippo che chiede: “mostraci il Padre e ci basta”, Gesù replica: “chi ha visto me ha visto il Padre […] io sono nel Padre e il Padre è in me”.

Nell’Antico Testamento chi vedeva Dio moriva (cfr. Es 33, 20); il volto di Dio era cercato continuamente come desiderio profondo dell’uomo (cfr. Es 33, 18; Sal 43, 3), poteva essere visto solo dopo la morte; ora l’“umanizzazione di Dio in Gesù” ha reso possibile questa visione: per questo, nel prologo del IV Vangelo, leggiamo: “Dio nessuno l’ha mai visto ma il Figlio unigenito ce lo ha raccontato” (cfr. Gv 1, 18).

Che meraviglia: Gesù è il racconto definitivo di Dio, il suo volto di carne!

Come i credenti di ieri, noi credenti di oggi facciamo fatica ad accogliere la rivelazione di Gesù e non vogliamo renderci conto che Gesù ci dice: “credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Abbiamo sempre la tentazione di voler vedere Dio in un’immagine, in una statua, in qualche cosa di “materiale” e non riconosciamo in Gesù il volto di Dio.

Domandiamoci: chi è Dio per me? Dove lo cerco? Che volto gli attribuisco? Che luce proietto sul suo volto? E’ una statua, un’icona, un manufatto, un idolo frutto dell’immaginazione e proiezione, oppure è Gesù, il figlio di Maria, resa Madre dallo Spirito, del quale ci danno testimonianza i Vangeli?

Facciamo nostro l’invito di San Bonaventura: “Apri dunque gli occhi, tendi l’orecchio spirituale, apri le tue labbra e disponi il tuo cuore, perché tu possa in tutte le sue creature vedere, ascoltare, lodare, amare, venerare, glorificare, onorare il tuo Dio” (Itinerarium Mentis in Deum, I, 15).

Buona Domenica per tutti.

   Francesco Savino