Omelie

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 3 luglio 2016


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3 luglio 2016

La Parola di Dio parla della missione che nasce dalla chiamata del Signore Gesù, dello stile di chi è inviato e delle caratteristiche della missione. Dalla bellezza delle tre letture di questa XIV Domenica del T.O. ricaviamo tre orientamenti per noi, inviati nel mondo di oggi ad annunciare che in Gesù Cristo il Regno di Dio si è fatto vicino.

Il primo  è la consolazione.

Al popolo di Israele che ha attraversato il periodo difficile e problematico dell’esilio e della schiavitù, il profeta Isaia dice che ormai è  il tempo della consolazione. La gioia deve fare posto alla tristezza e alla paura: “Rallegratevi… Esultate…Sfavillate di gioia” (66,10). Qual è la ragione di questa gioia così abbondante? Il Signore manderà “una cascata di tenerezza materna”, dice Papa Francesco per sottolineare l’espressione del profeta: “Sarete portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati” (66,12).  Dio, oggi, si comporta con noi come una mamma  con il proprio bambino quando lo adagia sulle ginocchia e lo accarezza. “Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò” (66,13). Ogni cristiano, se fa davvero esperienza della tenerezza di un Dio-Madre, è chiamato a portare un annuncio  di consolazione ad ogni persona che incontra sui sentieri più o meno difficoltosi della propria esistenza. Per il discepolo di Gesù è fondamentale, innanzi tutto, fare esperienza della consolazione di Dio e trasmetterla con gioia. Oggi più che mai il mondo ha bisogno che noi testimoniamo  la tenerezza di Dio che è Misericordia.  La Misericordia non soltanto consola ma scalda anche i cuori prigionieri del gelo, dell’amarezza e della tristezza, spalancando orizzonti di speranza e di gioia vera.

Il secondo orientamento è la croce.

San Paolo, scrive ai Galati: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo” (6,14).  L’apostolo  delle genti parla delle piaghe di Gesù crocifisso, “stigmate” divenute segno distintivo della sua esistenza completamente “catturata” da Cristo, il Risorto. Quanta sofferenza, quanta debolezza, quante sconfitte ha sperimentato  Paolo nella sua vita,  ma  lui  ha anche fatto esperienza di quella gioia e di quella consolazione che sono il frutto dell’incontro totalizzante con Gesù! Nell’esperienza dell’Apostolo Paolo l’”ora della prova” è stata accompagnata realmente dalla “luce della resurrezione”. Non c’è missione nella Chiesa senza  il Mistero della Pasqua di Gesù. Soltanto lasciandoci abitare dalla morte e resurrezione di Gesù, noi discepoli-amici-inviati, potremo superare una duplice tentazione: la mondanizzazione o il trionfalismo e lo scoraggiamento o il pessimismo. La fecondità della missione non consiste nel successo o nell’insuccesso ma nell’essere  tutt’uno con Cristo crocifisso e risorto. Ed è proprio l’incontro con  il Cristo crocifisso e risorto che fa di ogni persona una “nuova creatura” (Gal 6,15).

Il terzo  orientamento è la preghiera.

Gesù lo dice: “Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe” (Lc 10,2). Gli operai della messe non sono scelti attraverso un casting pubblicitario ma  da Dio. E’ sempre Dio che sceglie e che invia: per questo è fondamentale pregare.  La missione, come l’intera Chiesa, non è nostra ma di Dio.  Non consiste nel fare propaganda o proselitismo, ma è  Grazia che ci viene elargita.

Verifichiamo, allora, se i nostri  Progetti Pastorali sono propaganda ideologica o testimonianza personale e comunitaria di  “Gesù che attrae” e, attraendoci, ci rende capaci di trasmettere  la bellezza dell’incontro con Lui.

Nel Vangelo, Gesù ci dice che siamo mandati “come agnelli in mezzo a lupi”: non dobbiamo  temere nulla perché Lui è con noi e ci aiuta a vivere  la missione nel mondo con lo stile della radicalità, della povertà e della precarietà.

In questa Domenica auguro a tutti un supplemento di bontà perché, come scrive P.Ricoeur, “la bontà non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso della vita”.

La nostra missione sia un “di più” di bontà.

   Francesco Savino