Omelie

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)


 Is 66, 10-14; Sal 65; Gal 6, 14-18; Lc 10, 1-12. 17-20

3  Luglio  2022

È veramente consolante e speranzoso, soprattutto per noi oggi che viviamo una guerra folle e sacrilega, l’annuncio che il profeta Isaia fa giungere al popolo di Israele ritornato dall’esilio babilonese. Annuncio di pace, di salvezza e di giustizia che in una Sion immaginata come madre trova la sua manifestazione. Questo annuncio faccia di tutti noi strumenti di pace vera e autentica, una pace senza “se” e senza “ma”, non dimenticando che la pace è il nome proprio della pasqua di Gesù.

Il Vangelo di questa Domenica ci presenta Gesù che invia in missione settantadue discepoli, in aggiunta ai dodici apostoli. Il numero settantadue probabilmente indica tutte le nazioni, infatti nel libro della Genesi si parla di settantadue nazioni diverse (cfr. 10-1,32).

Questo invio da parte di Gesù prefigura la missione della chiesa di annunciare il Vangelo a tutte le genti. Gesù dice: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messa” (ver.2).

C’è bisogno di missionari! C’è una urgenza, e quando sono insufficienti occorre innanzitutto pregare il signore della messe affinchè mandi operai per questa mietitura, metafora della raccolta escatologica di tutti gli esseri umani nel regno. La richiesta di Gesù di pregare è sempre valida, ieri come oggi e come domani. La nostra preghiera non può limitarsi meramente ai nostri bisogni, alle nostre necessità, ma la preghiera è veramente cristiana se ha anche una dimensione universale.

Anche questi settantadue sono inviati “come agnelli in mezzo ai lupi”, come precursori di Gesù nelle diverse città e devono assumere uno stile essenziale per il discepolo: mitezza, non violenza, umiltà, disponibilità anche ad essere attaccati dai lupi.

Gesù li invia a due a due affinchè la loro testimonianza, fondata sulla parola di due testimoni (cfr. Dt 19, 15), risulti credibile, affidabile, ma anche perché in due si può vivere la fraternità, la solidarietà, l’aiuto reciproco, non dimenticando mai che la presenza di un altro fratello è un invito a non cedere alle tentazioni individualistiche ed egocentriche. Nella missione è essenziale la dimensione comunitaria perché impedisce l’autoreferenzialità, la mancanza di correzione reciproca, il delirio dell’“io” che non imputa mai a se stesso errori o peccati.

Ecco le altre consegne che Gesù fa ai settantadue: la prima abbiamo visto che è la preghiera, poi “andate”, “non portate borsa né sacca”, “pace a questa casa”, “restate in quella casa”, “non passate da una casa all’altra”, “guarite i malati e dite loro: «è vicino a voi il regno di Dio» e, se non vi accolgono, uscite sulle piazze e congedatevi”.

Papa Francesco opportunamente annota: “Questi imperativi mostrano che la missione si basa sulla preghiera; che è itinerante: non è ferma, è itinerante; che richiede distacco e povertà; che porta pace e guarigione, segni della vicinanza del Regno di Dio; che non è proselitismo ma annuncio e testimonianza; e che richiede anche la franchezza e la libertà evangelica di andarsene evidenziando la responsabilità di aver respinto il messaggio della salvezza, ma senza condanne e maledizioni” (Angelus, 7 Luglio 2019).

Quando la missione viene vissuta con l’indicazione di Gesù è sempre una missione che genera gioia. Infatti l’evangelista Luca annota: “I settantadue tornarono pieni di gioia”.

“Grande è la gioia perché, secondo la promessa contenuta nell’invio in missione, i demoni arretrano di fronte alla loro predicazione carica di autorità (exousía) e all’invocazione del Nome di Gesù. Ed è proprio Gesù stesso, il Signore, che, ascoltando il loro racconto, confida la visione da lui avuta: quale veggente e profeta ha contemplato la caduta di Satana dal cielo verso il basso, proprio come cade un fulmine. Non si tratta ancora della fine definitiva di Satana, ma ormai la presenza di Cristo e la sua lotta risultano vincenti sul male e sulle potenze diaboliche. Ma quella gioia dei discepoli – ricorda loro Gesù – è poca cosa rispetto alla gioia che deve abitarli in profondità, gioia per la consapevolezza di essere amati da Dio ora e al di là della morte, perché anche nel cielo della vita eterna continuerà la vita del discepolo” (Enzo Bianchi).

Lasciamoci, tutti, come chiesa interpellare da questa pagina del Vangelo convertendoci ad uno stile missionario che testimonia la credibilità del nostro essere evangelizzatori qui ed oggi.

 Buona Domenica.

                 Francesco Savino

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