Omelie

XXIII  Domenica del Tempo Ordinario 9 Settembre 2018


XXIII  DOMENICA  DEL TEMPO  ORDINARIO [SCARICA]

9  Settembre  2018

 Molte volte Gesù si reca in territorio pagano ma non vi predica perché, in quanto figlio di Israele, questa missione non gli appartiene; si fa vicino, invece, a chi ha bisogno, compiendo gesti terapeutici.

Il testo del Vangelo di Marco di questa XXIII Domenica del T.O. presenta l’incontro con un malato avvenuto proprio in terra pagana: “… uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli”. 

Portano a Gesù un sordomuto, un uomo che non può parlare, imprigionato nel silenzio, eppure privilegiato: non ha nessun merito ma ha degli amici che lo portano davanti a Gesù il quale lo prende in disparte, lontano dalla folla. “Io e te da soli”, sembra dire. “Ora sono totalmente per te, ora conti solo tu”. 

Il sordomuto è un pagano, sordo anche alla rivelazione del Dio di Israele, incapace di rispondergli, ma anche per lui, come per ogni essere umano nato sulla terra, vi è una promessa di salvezza da parte di Dio. Nessuno è abbandonato alle forze del male, al suo “destino di morte”: “Coraggio! Non temete!” “Il vostro Dio viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi” (Is 35, 4-5).

Questa promessa trova il suo compimento, nell’azione liberante di Gesù, il quale, come suo solito, opera in incognito, nel segreto, rifuggendo il clamore: “portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua”. 

Poi, dopo aver compiuti questi gesti, Gesù “guarda verso il cielo”. Un particolare che non è una semplice annotazione narrativa ma la confessione esplicita che ogni potenza viene da Dio: senza la comunione con il Padre, Gesù non potrebbe fare nulla.

Guardando verso il cielo, Gesù “emette un sospiro”, ha, cioè, una reazione umana che esprime da un lato lo sdegno per il male che incatena la persona umana impedendole di vivere in pienezza e dall’altro l’implorazione perché avvenga la liberazione di quell’uomo.

“Questo gemito di fronte al dolore e alla malattia riassume in sé quello della creazione che “geme e soffre nelle doglie del parto” (Rm 8,22), in attesa del Regno in cui la salvezza sarà pienamente realizzata; esso rimanda inoltre al gemito inesprimibile dello Spirito (cf. Rm 8,26-27), che intercede costantemente presso il Padre, affrettando il giorno della Venuta del Signore Gesù nella gloria” (E: Bianchi).

L’incontro così quotidiano con un uomo malato è segno della salvezza messianica che Dio prepara per tutto e per tutti e che è inaugurata dall’azione di Gesù.

La parola autorevole “Effatà! Apriti!” risana l’uomo sordomuto: “subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”.

Come in altri casi, per questa guarigione Gesù richiede silenzio.

“Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»”. Ora i pagani non sono più esclusi dalla comunione con Dio, possono ascoltare la rivelazione di Dio proclamata da Gesù e d’ora in poi, potranno raccontare a tutti le meraviglie che Dio opera in Israele.

Il Dio di Gesù è inclusivo, non esclude nessuno dal suo amore salvifico. Gesù, l’esegeta autentico di Dio, testimonia che il Regno di Dio è venuto e i suoi gesti terapeutici sono una manifestazione del “già” del Regno di Dio.

Il sordomuto “guarito” rappresenta tutti noi quando ci neghiamo all’incontro con Cristo, il cui unico desiderio è, invece, incrociare la nostra esistenza per conferirle bellezza e restituirle lo sguardo di eternità.

Buona Domenica!

   Francesco Savino