Omelie

XXV Domenica del Tempo Ordinario 24 Settembre 2017


XXV  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

 24 Settembre 2017

 

“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie” (Is 55, 8). Quest’affermazione di Dio riportata dal profeta Isaia trova riscontro nella parabola del Vangelo di oggi, XXV Domenica del Tempo Ordinario: alcuni operai che hanno lavorato soltanto per un’ora nella vigna del proprietario ricevono una paga identica a coloro che hanno lavorato tutto il giorno. Nella risentimento di questi ultimi possiamo cogliere la differenza sproporzionata che c’è tra il pensare e agire di Dio e il pensare e agire degli uomini.

Il Dio biblico, il Dio di Gesù, il Dio di noi cristiani è il Dio della misericordia e della grazia!

In una catechesi sulla Santa Pasqua dei primi secoli del Cristianesimo, attribuita allo Pseudo-Giovanni Crisostomo, possiamo cogliere chiaramente l’eccedenza della misericordia e della grazia di Dio che stravolge le norme giuridiche: “chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il giusto salario; chi è venuto dopo la terza renda grazie e sia in festa; chi è giunto dopo la sesta non esiti: non subirà alcun danno; chi ha tardato fino alla nona venga senza esitare; chi è giunto soltanto all’undicesima non tema per il suo ritardo. Il Signore è generoso, accoglie l’ultimo come il primo, accorda il riposo a chi è giunto all’undicesima ora come a chi ha lavorato dalla prima. Fa misericordia a chi è giunto all’undicesima ora come a chi ha lavorato fin dalla prima”.

La parabola evangelica ci invita, dunque, a riflettere sul nostro rapporto con Dio: è relazione o prestazione? Se il servizio a Dio è soltanto una prestazione significa che il nostro parametro è sempre il servizio che altri rendono: con questi ci mettiamo in competizione. Se invece abbiamo una relazione con Dio, allora il servizio, anche quando è pesante, è “giogo soave e leggero” (cfr. Mt 11, 30). E siamo anche lieti di ringraziare il Signore per la Sua bontà verso tutti.

La consapevolezza che Dio non ragiona in termini di computi e di cifre ci aiuta a non cadere nell’errore di identificare i nostri pensieri con i Suoi.

Spesso la presunzione religiosa ci induce a proiettare su Dio i nostri pensieri e azioni identificando addirittura la nostra volontà con quella di Dio. Vigilare per non cadere in questa perversione significa essere umili nei pensieri e nel cuore.

Gli operai della prima ora, che non sono umili, vengono smascherati: essi sono presuntuosi ed invidiosi. Il termine “invidia” deriva etimologicamente da in-videre, “vedere contro”. L’invidia è, dunque, “l’occhio cattivo” (Mt 20, 15). L’invidioso guarda gli altri chiedendosi sempre “perché lui sì e io no?”, “perché a me che merito di più è stato concesso quanto a lui?”. L’invidia è uno dei sentimenti più pericolosi perché accieca e non consente uno sguardo libero, impedisce di accettare i propri limiti, sfasa le relazioni umane fino a vanificarle. L’invidioso rischia di vivere tutta la vita da infelice, da disperato. Nella vita comunitaria l’invidia genera quell’atteggiamento distruttivo che è la mormorazione (cfr. Mt 20, 11). Essa aggrega persone scontente che, facendosi forza vicendevolmente con il loro malessere, lo trasformano in accuse e lamentele destabilizzando la comunità e bloccandone la crescita.

La parabola di Gesù è un forte appello all’Israele dei giusti, i chiamati per primi, perché gioiscano della liberalità gratuita di Dio che si è manifestata in Lui, il Signore, nei confronti, di tutti, dai primi agli ultimi, i peccatori, i pubblicani, gli umili, i pagani ed ha elevato tutti a eguale dignità di figli di Dio. “L’appello” scrive padre Giancarlo Bruni “è rivolto alla comunità matteana perché l’ala giudeo-cristiana, i primi, accolga l’ala etno-cristiana, gli ultimi, su un piede di eguale parità senza vantare privilegi di primogenitura”. L’appello è rivolto alle Chiese di oggi perché accolgano i membri delle altre religioni e quanti obbediscono alla loro coscienza come degli amati e dei salvati da Dio.

L’Eucarestia che celebriamo ci liberi dall’ invidia e dalla mormorazione e ci conformi al Cristo Signore.

Buona Domenica!

    Francesco Savino