Omelie

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario 9 ottobre 2016


XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

9 ottobre 2016

“Dalla guarigione alla salvezza”: è la chiave di lettura del Vangelo di questa Domenica, XXVIII del Tempo Liturgico Ordinario. Nel Nuovo Testamento troviamo tre affermazioni che ci aiutano a comprendere il suo significato. Una è nella lettera di San Giacomo: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gc 4,34); la seconda nel vangelo di Luca: (il Padre) “mi ha mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio” (Lc 4,18); la terza si trova negli Atti degli Apostoli: “è passato facendo il bene perché Dio era con lui” (At 10,38).

In cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Samaria e la Galilea e, in un villaggio, gli vanno incontro dieci persone affette da lebbra. Presso il popolo d’Israele, il lebbroso era l’emarginato per definizione, perché questa malattia non soltanto era evidentemente ripugnante ma era ritenuta anche la manifestazione del castigo di Dio per i peccati commessi (cfr. Nm 12,14); e per questo ogni lebbroso era costretto a vivere fuori dalle città, in luoghi assolutamente deserti, in una solitudine disperata (cfr. Lv 13,45-46). L’ammalato di lebbra non poteva avvicinarsi a nessuno perché rendeva impuro ciò che toccava e chi incontrava. Soltanto da lontano i lebbrosi potevano supplicare e implorare qualcuno. Il Vangelo di Luca dice che questi dieci lebbrosi “si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!”. Essi confidano nella compassione di Gesù, che, come già aveva fatto in un caso analogo (cfr. Lc 5,14), invita i lebbrosi, come diceva la Legge mosaica, a presentarsi ai sacerdoti, le autorità religiose cui spettava il compito di certificare la guarigione avvenuta negli ammalati e di riammetterli nella vita sociale (cfr. Lv 13,16-17; 14,1-32). Luca annota che “mentre essi andavano furono purificati”. I dieci i lebbrosi sono tutti guariti ma solo uno di loro, sentendosi purificato, prima di andare al tempio a mostrarsi ai sacerdoti, “tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”. Questo lebbroso dichiara apertamente che la presenza di Dio ha trovato ormai, nella persona di Gesù, la sua manifestazione “piena e definitiva”, ha trovato in Gesù il suo tempio (cfr. Gv 2,21). In Gesù dimora Dio, Gesù è la pienezza-bellezza di Dio.

Gesù constata con meraviglia che, su dieci lebbrosi guariti, uno solo è tornato a ringraziarlo, per giunta un samaritano, cioè un credente scismatico ed eretico (cfr. Lc 9,53) ed interpreta l’evento di guarigione come l’effetto della fede: “la tua fede ti ha salvato”. In altri termini va oltre la guarigione dalla malattia e collega la “fede di quest’uomo”, che sa riconoscere e accogliere la salvezza operata da Dio, con la capacità di lodare e di rendere grazie a Dio.

Se la fede è incontro-relazione con Gesù, il riconoscimento del dono ricevuto e la riconoscenza che ne consegue non sono altro che l’attestazione che “tutto è grazia”: l’amore del Signore precede, accompagna e segue tutta la vita di ciascuno di noi.

In questa Domenica siamo chiamati a passare dalla “guarigione” alla “salvezza”. Spesso ci fermiamo alla guarigione senza andare oltre, senza accogliere il dono di Dio che va riconosciuto, celebrato e condiviso.

L’Eucarestia, che significa  “rendimento di grazie”, è il “mistero di fede” centrale della nostra vita cristiana. Per questo i primi cristiani, come i martiri di Abitene, erano soliti dire “sine dominico non possumus”, cioè senza l’Eucarestia della Domenica, giorno del Risorto, non possiamo vivere.

Ricordo a me per primo, e poi a voi tutti, che dobbiamo essere capaci di vivere nel “rendimento di grazie” (1 Tm 4,4), diventare, cioè, donne e uomini eucaristici (cfr. Col 3,15). Se facciamo l’esperienza che “tutto è grazia”, che l’amore di Dio sostanzia quotidianamente tutto il nostro essere, allora il “rendimento di grazie” non può che essere “la trama e l’ordito” della nostra esistenza, morte compresa. Non a caso, santa Chiara, prima di incontrare “sora morte corporale”, disse: “Ti ringrazio, Signore, di avermi creata”.

Che sia una Domenica eucaristica, dalla vita alla celebrazione, dalla celebrazione alla vita.

✠   Francesco Savino