Omelie

XXXII Domenica del Tempo Ordinario 6 novembre 2016


XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
6 novembre 2016

Entrato in Gerusalemme, Gesù si reca al Tempio, luogo in cui Israele sperimenta la sua alleanza con Dio. Qui i rappresentanti dei vari gruppi religiosi, “decisi a farlo perire” (cfr. Lc 19,47), cercano di metterlo in difficoltà interrogandolo su alcune questioni. Gesù oppone ai sadducei, la nobiltà sacerdotale, la controversia attinente la resurrezione dei morti.

L’evangelista Luca annota che “alcuni sadducei, i quali dicono che non c’è resurrezione”, sulla base di un’interpretazione letterale della Torah, pongono a Gesù una domanda che mira a ridicolizzare quanti credono nella resurrezione. Appellandosi alla “legge del levirato”(cfr.Dt 25,5-6), essi pensano che, quando un uomo muore senza discendenti, la vedova deve sposare il fratello del marito in modo da avere un figlio che non lasci estinguere il suo nome in Israele. Questa norma finalizzata alla vita, viene strumentalizzata da questi sadducei: montano ad arte il caso veramente grottesco di sette fratelli che muoiono dopo aver sposato in successione la stessa donna: nella resurrezione, di quale dei sette ella sarà moglie?

Gesù, educatore dal cuore empatico, non cede alla polemica pretestuosa ma accompagna i suoi interlocutori ad interpretare la Legge mosaica in profondità. Come acutamente annota Enzo Bianchi, “afferma innanzitutto che la sessualità, sulla quale pure riposa la benedizione creazionale di Dio (cfr. Gen.1,28), è transitoria in quanto appartiene alla condizione terrestre degli esseri umani ed è figura di una realtà che la trascende: la fedeltà, l’alleanza nuziale di Dio con il suo popolo, con tutti gli uomini (cfr. Os 2,18-22; Ef 5,31-32). Non la procreazione garantisce la vita eterna ma la potenza di Dio: questo significa che gli uomini saranno uguali agli angeli e figli della resurrezione, in una comunione finalmente piena con Dio nel suo Regno”.

Gesù interpreta le Sacre Scritture senza piegare Dio ai desideri umani, ma andando al cuore stesso di Dio, il Legislatore. Trova traccia della resurrezione nella Torah quando Dio, manifestandosi a Mosè nel roveto ardente, gli dice: “io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”(Es 3,6). Se Dio ha liberato i patriarchi e il popolo e ha custodito Israele da ogni forma di schiavitù, non lo ha fatto per un tempo determinato ma in modo definitivo. Per questo Gesù conclude: “Dio non è dei morti ma dei viventi, perché tutti vivono per Lui”. La morte viene sconfitta. L’alleanza che Dio stringe con il suo popolo è eterna e va oltre ogni ostacolo. E’ talmente grande e inverosimile l’amore di Dio per l’uomo che questo amore vince anche la morte

La questione attinente alla resurrezione e alla vita eterna non consiste nel porsi domande capziose sul “come della resurrezione”. Piuttosto è significativo che ciascuno si chieda: Per chi e per che cosa vivo la mia esistenza nel “qui ed ora”? Sono capace di amare e di essere amato nonostante le grandi contraddizioni del vivere?
Proprio a simili domande Gesù offre una risposta non teorica ma concreta: il suo amore asimmetrico ed irriducibile, senza “se” e senza “ma”, è condizione della Resurrezione. Il suo amore non poteva rimanere prigioniero della morte.

La Resurrezione è una questione di amore, è credere e vivere per amore e con amore.
Consapevoli che non andiamo verso il nulla, ma verso “il tempo senza fine”, preghiamo con le parole di D.M.Turoldo:
“Dio, per te non esiste la morte noi non andiamo a morte per sempre il tuo mistero trapassa la terra non lascia il vento dormire la polvere”.

Un augurio di speranza per tutti.

✠ Francesco Savino