La cornice biblica e liturgica all'interno della quale
conferisco l'Ordine del Diaconato a Giuseppe è la stessa
all'interno della quale, sette giorni fa, ho ordinato Diacono
Maurizio. Anche oggi, XXXIII Domenica dell'anno liturgico, la
Chiesa ci invita ad alzare lo sguardo verso ciò che ci attende
dopo questa esistenza mortale. A dispetto delle immagini che
potrebbero apparirci come immagini da fumetto dell'orrore
(guerre, terremoti, astri che cadono ecc), nell'intenzione della
Chiesa c'è la stessa amorevole preoccupazione che ha spinto Gesù
a richiamare l'attenzione dei suoi discepoli sulla "fine dei
tempi", per aiutarli a non soccombere di fronte alla forte
tentazione di appiattirsi sull'esistente e di cedere al
fatalismo. Il contesto nel quale parla Gesù non è molto diverso
dal nostro. Chi può negare il fatalismo rinunciatario che - per
stanchezza o per calcolo - caratterizza spesso questo nostro
mondo e talvolta la stessa nostra Chiesa? Chi può negare la
fatica che anche oggi si fa, dentro e fuori della Chiesa, a
tenere desta la voglia di vivere con passione gli impegni del
Vangelo? Chi può negare la sconsolante constatazione
dell'esistenza, dentro e fuori della Chiesa, di atteggiamenti
derivanti da scelte di comodo e per niente evangeliche? Per
sfuggire alla presa mortale di questo contesto, dove le guerre e
i terremoti .......
A te, Giuseppe, che hai chiesto alla Chiesa di essere ordinato
Diacono, domando: accetti davvero che la tua vita sia posseduta
da Cristo e dalla sua Chiesa, divenendo così segno visibile di
speranza per gli altri? Devi sapere che le difficoltà presenti
nell’ambito della società in cui viviamo sono altrettanto
presenti nella Chiesa e nella nostra Diocesi. Avete ragione, voi
giovani, ad avere talvolta paura di affidare la guida della
vostra vita ad altri uomini, con difetti come quelli che
scorgete in voi. Però, alla luce della Parola di Dio, sai cosa
ti dico, Giuseppe? Vai oltre e prendi il largo! lo dico a te
come lo dico a ogni giovane che ascolta. Fidati della Parola di
Gesù-Maestro più che delle parole che puoi sentire da bocche
spesso rassegnate, anche di confratelli sacerdoti. No! Non farti
frenare, Giuseppe. La nostra Diocesi è più bella di quello che
appare; il nostro territorio è più ricco delle miserie che lo
condizionano. Le domande di guida spirituale e di testimonianze
coraggiose sono più numerose di quelle che noi Sacerdoti
riusciamo a intercettare. Perciò c'è bisogno di vocazioni! Ma
non di vocazioni qualsiasi. Non di cerimonieri disincarnati o di
faccendieri spregiudicati! No! C'è bisogno di gente disposta a
mettere la propria vita nelle mani del Signore, con passione e
senza calcoli! Fra poco indosserai la stola, ma disposta in
maniera diversa da come la indossano i Sacerdoti. Non è un modo
per distinguere il Diacono dal Sacerdote, come se la posizione
diversa della stola stesse a indicare la diversità di grado.
Quella stola messa in quel modo ricorda il pezzo di stoffa con
il quale il servo teneva raccolta la sua veste per essere più
libero e più celere nel servizio. Altro che stole ricamate
d'oro! Così è per la dalmatica. Essa ricorda, diremmo noi oggi,
la divisa di lavoro del servo. Quindi stola, indossata di
traverso, e dalmatica richiamano il servizio che sei chiamato a
rendere al Signore Gesù nei poveri. Pur conoscendo le tue
fragilità, come io conosco le mie, pronunzia con gioia il tuo
"Sì" al celibato per il Regno.
...
continua>>
|