Omelie

1° Gennaio 2016, Vescovo Savino: “Non soltanto inizio di un altro anno, che sia anche porta dell’eternità che, in Cristo, continua ad aprirsi sul tempo”


Riflessioni su Capodanno 2016 

Il contesto  contemporaneo sembra essere imprigionato in una lotta con il creato: l’illusione diffusa e persistente di possesso e di potere, mentre, attraverso la tecnica, tende a materializzare ogni cosa, compresa la creatura umana, aggredisce ogni  mistero fino a negare  ogni senso ulteriore. Con un processo culturale di smontaggio del Trascendente, che ha compiuto la modernità,  si è passati da Dio all’io, dalla Trascendenza all’idolatria. Si può dire, infatti, che, per fare l’ateo, l’uomo ha aperto le porte a forme esacerbate di individualismo e di egoismo.

Perdendo il “Logos”, la reazione a catena del “polemos” cioè guerra, violenza, aggressività di tutti contro tutti,   guadagna terreno e si fa incontrollabile.  Senza l’audace e creativa testimonianza dell’umanesimo cristiano, il politeismo degli dèi razzisti e corporativi occupa la scena. Il tentativo di annichilire l’Incarnazione di Dio fa ostracismo al nuovo umanesimo che da ogni dove viene invocato.

Oggi, come all’inizio di ogni nuovo anno, la liturgia presenta la divina maternità di Maria, la solennità più importante tra le varie celebrazioni mariane.

Nel Nuovo Testamento il titolo “Madre di Dio” non è espressamente presente. Maria è chiamata nei Vangeli: “Madre di Gesú”, “Madre del Signore”, o semplicemente “la Madre” e “Sua Madre”. L’apostolo delle genti, nella Lettera ai Galati, scrive “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (4,4).

Dio ha toccato la storia umana, è entrato in essa, con il consenso di una giovinetta singolare. Era stata adornata di grazia per interpretare mirabilmente il suo ruolo. Questa fanciulla, che tiene testa con dignità al celeste interlocutore, è già un vangelo: significa il rispetto che l’Altissimo ha per la persona umana e lascia presagire quali meraviglie Egli intenda operare a suo favore.

Attico, Patriarca di Costantinopoli, nei primi anni del V secolo, a proposito della festa  della Divina Maternità di Maria, scrisse: “Tutte le memorie dei Santi sono mirabili; pur tuttavia, in relazione alla gloria, esse non sono uguali alla solennità attuale, non c’è nulla di comparabile alla Theotokos”.

Quella odierna dunque, oltre che essere una quanto mai significante festa mariana, mantiene parimenti un contenuto altamente cristologico perché, potremmo dire, prima della Madre, riguarda proprio il Figlio, Gesù vero Dio e vero Uomo.

Dunque nella liturgia odierna sono sintetizzati il mistero dell’Incarnazione del Verbo Eterno e la Divina Maternità di Maria: il grande privilegio della Vergine consiste proprio nell’essere Madre del Figlio che è Dio.

Madre di Dio è il maggiore requisito dogmatico che la tradizione ha attribuito alla fanciulla nazaretana; e proprio a causa della  totalità del mistero, diviene non solo oggetto di devozione, ma anche di riflessione teologica perché coinvolge Dio.

Madre di Dio è anche il titolo più ecumenico  in quanto approvato e accettato indiscriminatamente, almeno in linea di principio, da tutte le confessioni cristiane. Attraverso la mediazione di Maria si può mantenere viva la speranza  che i punti di convergenza  con i fratelli separati favoriscano  il dialogo.

Intorno a questa attribuzione si accese una delle più  accorate controversie che si definì nel Concilio di Efeso il 431, quando la divina maternità di Maria fu confermata solennemente come verità di fede della Chiesa. Maria è la Madre di Dio,Theotókos, poiché per opera dello Spirito Santo ha concepito nel suo grembo verginale e ha dato al mondo Gesù Cristo, il Figlio di Dio consostanziale al Padre.

Capodanno è il primo giorno dell’anno civile. Il tempo richiama ad un “trascorrere” al quale è assoggettato tutto l’universo e di cui l’uomo è cosciente. Sappiamo che non solo transitiamo nel tempo ma anche che “misuriamo il tempo” nel suo fluire. In questo scorrere umano c’è sempre  malinconia per il commiato dal passato e attesa trepidante del futuro. Il tempo scorre ininterrotto, ma la psicologia umana e l’amministrazione della res publica hanno bisogno di un calendario annuale unico che contribuisce all’unità sociale di un popolo.

Attorno alla categoria del tempo e ai suoi plurimi significati si è come condensata una coltre di fumo caliginoso, fatto di luoghi comuni e rozze ovvietà, che sono persuasioni assai diffuse. Ma a noi cristiani spetta scoprire  il valore teologico del tempo perché: “Un mondo senza tempo sarebbe un mondo distaccato da Dio… una realtà priva di attuazione. Un mondo nel tempo è invece un mondo che procede attraverso Dio; la realizzazione di un disegno infinito; non una cosa in sé, ma per Dio”.(cfr A. Heschel)

La concezione neotestamentaria del tempo è rappresentata ordinariamente dai  termini kairós e kronos. Con l’uso di kairós si designa un momento del tempo determinato, mentre kronos è tempo cronometrico, misurabile con lo scorrere delle lancette dell’orologio. kairós è un’occasione particolarmente propizia per un’impresa, il momento di cui si parla già molto tempo prima, senza che se ne conosca la data. La storia dell’uomo non è un susseguirsi di accadimenti  più o meno irrelati, oppure soltanto lo sviluppo di premesse umane, sociali, politiche concatenate in modo deterministico e necessitante ma è storia di libertà, storia della trascendenza di Dio che, attraverso l’incarnazione del Figlio segna l’ingresso dell’eternità nella vicenda umana.

Il primo gennaio 2016 allora non è soltanto l’inizio di un altro anno. Desideriamo che esso sia la porta dell’eternità che, in Cristo, continua ad aprirsi sul tempo per conferirgli la sua vera direzione e il suo autentico significato. In questa direzione, avverabile solo nell’incontro tra l’uomo  e Cristo, il tempo quantificato diviene tempo qualificato, ora di grazia, l’oggi di salvezza. Il “krònos”, tempo pesante del succedersi lineare degli istanti, attraverso la svolta dell’esistenza, la“metànoia”, si trasforma in “kairòs”, tempo determinato dal contenuto della Grazia.

Nel messaggio per la XLIX giornata mondiale della pace che ha come titolo “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, Papa Francesco scrive che, in questo tempo di povertà, la malattia mortale  è l’indifferenza: “La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato”… Nell’indifferenza religiosa denominata postmoderna,… svuotato di ogni significato universale, il discorso su Dio è declassato al livello di un debole mito, che viene creato e consumato secondo le regole della soggettività e del mercato. Dio non è più oggetto della fede… L’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a prendere come norma soltanto se stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura” (n.3- 4).

In tale contesto, “l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità” (n.4).

“Nello spirito del Giubileo della Misericordia, ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si manifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro”. (n.8)

Il vivo desiderio di Papa Francesco è che iniziamo il nuovo anno non affidandolo a qualche forza indeterminata e impersonale o alla buona sorte, ma alla Misericordia di Dio implorando copiosa la sua benedizione sulla nostra Chiesa di Cassano e sull’intera famiglia umana.

Il Signore ci chiama ad una nuova responsabilità: non possiamo più procrastinare l’impegno coscienzioso per il bene comune e per la vita buona per tutti.

La prima sfida da affrontare per promuovere la pace  e costruire la convivialità delle differenze, che apre all’integrazione e all’eterocentrismo, è  superare l’indifferenza e trasformarla   in attenzione ed interesse, per procedere nella conoscenza reciproca e rendere   possibile l’integrazione, che non è omologazione né sincretismo, ma convivenza sana e costruttiva  nel pieno riconoscimento e rispetto reciproco.

Se guardiamo alla graniticità della fede di Maria, che non è congiunta ad una certezza scaturente da massime prestabilite ma al Dio di Gesù Cristo, possiamo implorare che un “animus” mariano generi uno stile di genuinità e di rapporti interpersonali profondi.

Solo così la fede può farsi storia, prassi indirizzata a nuovi spazi di solidarietà, alla Carità e alla Speranza.

Chi vuol impedire l’eclissi dell’uomo, lo può unicamente con la vitalità della memoria di Dio. La forza innovativa della memoria di Dio anche oggi ci fa parlare di umanità e solidarietà, di liberazione e ci fa lottare contro l’ingiustizia che grida vendetta al cospetto di Dio.

Maria accede nei circuiti della contemporaneità postmoderna con una peculiare capacità: provocare domande in ordine all’essere dell’uomo e alla sua richiesta di senso. Nel suo stile di vita si tratteggia una cultura che si interpreta nella diversità qualitativa della fede, nell’esperienza del discepolato e nell’etica della visitazione. In questa logica  si capisce l’inizio di una esistenza nuova, riscattata, capace di consegnare la propria vita alla verità originaria che è Cristo, come Maria ha fatto.

Perché la verità della rivelazione non si impone, ma si offre, nella sua inestinguibile vigoria critica, nella testimonianza dei credenti attratti da quella ontologia della gratuità che deriva dall’essere-per gli altri di Cristo.

E, allora, buon anno ai miei cari sacerdoti e a tutti coloro che si spendono per la causa del Vangelo; buon anno ai  cari giovani; buon anno ai bambini felici e a quelli che non lo sono; buon anno agli anziani; buon anno alle famiglie serene e a quelle sofferenti; buon anno a chi è solo; a chi è in ospedale; a chi è in carcere; a chi vigila sui malati, a chi vigila sui detenuti; a chi spera nella salute; a chi spera nella libertà! Buon anno a chi si sente emarginato. Buon anno ai poveri!.

Deponiamo questi auguri nel grembo di Maria che invochiamo, Madre e Regina della Pace. Ella ha conosciuto non poche difficoltà legate alla quotidiana fatica dell’esistenza ma mai ha smarrito la pace del cuore. Voglia Ella indicare alle famiglie del mondo intero la via sicura dell’amore e della pace.

Il 2016 sia un anno in cui l’umanità metta finalmente da parte le divisioni; un anno in cui, nella solidarietà e nello sviluppo, ogni cuore cerchi la pace!  a cominciare dal mio, dal  tuo! Con impegno e responsabilità.

 + don Francesco Savino