News

Cassano all’Ionio: Festa del Santissimo Crocifisso, omelia di mons. Nunzio Galantino


FESTA del Ss. CROCIFISSO

(06/03/2015)

Nm 21,4b-9; Fil 2,6-11; Gv 3, 13-17

La prima lettura presenta un dialogo tra il popolo d’Israele e Mosè, l’uomo al quale il Signore aveva affidato il compito di guidarlo in suo nome ed il compito di farlo uscire dalla schiavitù, proiettandolo in una esperienza di libertà.

«In quei giorni – abbiamo letto proprio all’inizio della prima lettura – il popolo non sopportò il viaggio».

Al popolo di Israele è capitato quello che capita a noi, nella nostra vita individuale e comunitaria: ci stanchiamo, ci scoraggiamo. A volte perché non ci fidiamo del Signore che ci invita, altre volte lo facciamo perché siamo distratti da proposte diverse da quelle che Lui, il Signore, ci fa. Ci stanchiamo e ci scoraggiamo perché forse coloro che il Signore ci ha affidati come guida stentano loro stessi ad avere un passo entusiasta e credibile.

Sta di fatto che «il popolo non sopportò il viaggio». Tanto che comincia anche a prendersela col Signore; e questo comportamento gli fa pagare anche un prezzo pesante: « … serpenti brucianti mordevano la gente e un gran numero di Israeliti morì».

Insomma una situazione difficile, come tante faticose situazioni che noi stessi viviamo.

La svolta sta in un atto di consapevolezza e di sincerità di Mosè: «Mosè pregò per il popolo» e, in obbedienza al comando del Signore, « … fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente  di bronzo, restava in vita».

Ho voluto ripercorrere questo brano del libro dei Numeri perché da sempre la Chiesa lo ha visto come brano che anticipa in maniera simbolica quello che noi celebriamo oggi che sta alla base della intensa e sentita devozione di Cassano al Santissimo Crocifisso.

Lungo i secoli, in più circostanze e in occasione di eventi particolarmente drammatici – molto simili a quelli che avevano fiaccato la fiducia del popolo di Israele – i Cassanesi, guidati dai loro Mosè – i pastori del tempo – hanno alzato lo sguardo implorante verso Gesù Crocifisso ed hanno riposto in Lui la loro speranza.

In un tempo come nostro – segnato da difficoltà di ogni genere e nel quale lo stesso malessere di alcuni uomini è frutto dell’egoismo smisurato di altri – c’è il rischio di pensare di attraversare questo tempo difficile e di ritrovare il vigore contando solo sulle nostre forze. E i risultati purtroppo si vedono: giovani sempre più smarriti e a corto di speranza; famiglie sempre più alle prese con l’ansia o addirittura la certezza di non farcela; una cultura sempre più appiattita su interessi di parte; una politica non sempre o quasi mai sintonizzata sui bisogni di chi non ce la fa.

Alzare lo sguardo verso il Crocifisso, in queste situazioni, non è una specie di rito magico né tanto meno uno scaricare la responsabilità sul Signore. No!

Alzare lo sguardo verso il Crocifisso vuol dire renderci più familiari i motivi che hanno portato Gesù sulla croce. Sono gli stessi motivi e lo stesso stile di vita che ancora oggi possono neutralizzare i morsi velenosi dei moderni serpenti, che continuano a seminare veleno e morte.

Il Crocifisso, per noi cristiani, non è strumento di tortura. Il Crocifisso per noi è un Dio – uomo, il nostro Dio, che in Gesù non si è risparmiato per sostenere la fatica del nostro viaggio. Il Crocifisso è l’amore che non lascia niente di intentato perché certe lacrime e certe sofferenze non siano inutili.

Se chi esercita un potere guardasse al Crocifisso con vera e autentica devozione, difficilmente riuscirebbe a ignorare il bisogno degli ultimi.

Se chi possiede beni guardasse negli occhi il Crocifisso, difficilmente resterebbe indifferente dinanzi agli stenti di tante famiglie.

Se la stessa Chiesa e coloro che in essa hanno delle responsabilità smettessero di considerare il Crocifisso come un complemento di arredo delle nostre chiese e lo venerassero come l’unica scuola da frequentare e l’unico libro da leggere continuamente, anche la nostra pastorale prenderebbe altre strade e stabilirebbe altre priorità. Quelle priorità che Papa Francesco non smette, col suo esempio e con la sua parola, di indicarci.

Signore,

Crocifisso e Risorto, aiutaci ad alzare lo sguardo verso di Te.

Aiutaci a non considerarti un semplice e innocuo ornamento.

Le tue braccia allargate e le tue mani inchiodate 

ci spingano ad  aprire il nostro cuore 

e a tenerlo fermamente inchiodato 

alle tue esigenze: le esigenze del Vangelo.

Maria Santissima, Madre Addolorata,

tienici con Te ai piedi della Croce

perché possiamo volgere il nostro sguardo

verso Cristo

e verso tanti uomini e donne, che come Lui, 

ancora oggi vivono inchiodati 

alla loro povertà, al loro disagio, 

alla loro mancanza di dignità.

Aiutaci, Madre Addolorata, a baciare con i fatti 

più che col parole e gesti superficiali, 

le ferite dei nuovi crocifissi. 

Amen.

don Nunzio

[SCARICA IL TESTO DELL’OMELIA]