Omelie

I  DOMENICA  DI  AVVENTO  (anno C)


Ger 33,14-16; Sal 24; 1 Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28,34-36
28  Novembre  2021

 

Oggi, prima Domenica di Avvento, iniziamo un nuovo Anno Liturgico durante il quale celebriamo il mistero di Cristo morto e risorto che è la nostra salvezza.

Quest’anno saremo guidati dalla lettura del Vangelo di Luca in cui Gesù   annuncia la venuta di Dio nell’umiltà, nella debolezza, nella misericordia infinita del Padre.

Entriamo nel Tempo dell’Avvento, tempo di speranza e di attesa, e prepariamo la via del Signore che viene “qui ed ora”, prima del suo ultimo e definitivo Avvento.

La lettura liturgica del Vangelo di Marco si è conclusa con l’annuncio della venuta gloriosa del Figlio dell’Uomo (Mc 13, 26-27) che leggiamo oggi nella versione lucana. Gesù dice: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli, infatti, saranno sconvolte”.

Il linguaggio è apocalittico, tipico di una corrente spirituale mirante a tener viva la speranza in tempi di prova, di persecuzione e di morte, quando sembra che addirittura la storia sfugga dalle mani di Dio. Proprio allora giunge la rivelazione, un alzare il velo (questo il senso letterale di apokálypsis) da parte di Dio, il quale è Kýrios, Signore, e porta a compimento il suo disegno di salvezza. Alla fine della storia i tre spazi in cui viviamo – terra, cielo e mare – subiranno uno sconvolgimento che potrà sembrare un ritorno al caos primordiale e sarà invece una nuova creazione in cui il cosmo verrà trasfigurato per diventare dimora del Regno.

Le immagini di questa fine potrebbero spaventarci se non le interpretiamo con intelligenza e sapienza. Il sole, la luna e le stelle  considerati e adorati, al tempo di Gesù, come divinità, alla venuta del “Figlio dell’Uomo”, saranno demitizzate per sempre perché il Signore nostro Dio è Uno e Re dell’universo. Con questo linguaggio Gesù annuncia la manifestazione di Dio alla fine dei tempi e dice che questa fine accadrà all’improvviso: non dunque un evento che si potrà prevedere ma che   sorprenderà perchè “vedranno il Figlio dell’Uomo venire sulla nube con grande potenza e gloria” (cfr. Dn 7,13).

Nessuno potrà sottrarsi a questa visione che rivelerà l’identità di Gesù di Nazareth, che “passò facendo il bene” (At 10,38), che fu condannato a una morte violenta e ignominiosa, lui che era innocente e giusto, che amò e perdonò fino alla fine (Lc 23,34). Ebbene quest’Uomo si rivelerà quale Kýrios, Signore e Salvatore dell’umanità, Giudice del male e del bene.

Giovanni dice: “Ecco, viene sulle nubi e ogni ginocchio lo vedrà, anche quelli che l’hanno trafitto” (Gv 19,37). Tutti riconosceranno il Risorto nelle trafitture delle mani, dei piedi e del costato, come appare nelle  manifestazioni ai discepoli dopo la resurrezione e come lo vediamo   ferito e trafitto in ogni il fratello povero, debole ed emarginato.

Questa è la parusia, la presenza manifesta del Crocifisso Risorto nella gloria di Dio: un evento che si impone, temibile ma misericordioso, perché appare Colui che ha già portato il peccato del mondo, che si è seduto alla tavola dei peccatori (Lc7,34), che è venuto per cercare e salvare chi era perduto (Lc 19,10).

E noi, come viviamo l’attesa di quel giorno?

“State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso […]. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’Uomo”.

Molti sono i modi di vegliare: c’è il vegliare della sentinella che attende il ritorno della luce, c’è il vegliare della mamma che si prende cura del sonno del figlio, c’è il vegliare di chi aspetta il ritorno di una persona cara. Il vegliare sarebbe vano se non fosse accompagnato dalla fiducia. Il vegliare a cui ci invita Gesù è l’atteggiamento di chi si fida di una promessa. E noi abbiamo smesso di vegliare perché non abbiamo più fiducia.

Questo tempo di Avvento ha inizio con la Parola di Dio che ci invita alla fiducia di quanto Dio può fare dentro di noi e intorno a noi. Come ho scritto quest’anno, nella Lettera Pastorale di Avvento-Natale dal titolo «Egli è qui …. e cammina con noi (syn-odòs)», “La liturgia ci fa vivere la contemporaneità di Cristo, la certezza che più di duemila anni fa la felicità è venuta. È non più promessa, non più indicata come termine del cammino umano. Egli è venuto nella carne così che fosse visto, così che fosse toccato, così che fosse abbracciato. La connotazione liturgico-sacramentale della sinodalità di Cristo con l’umanità riconduce alla fondamentale azione dello Spirito”, che guida il nostro cammino sulle orme attuali del Maestro.

Il mio augurio per questo Avvento è che riconosciamo con fiducia “l’umile Gesù” e Lo adoriamo con tutto il cuore, nella semplicità.

Buona Domenica.

                               ✠   Francesco Savino