Omelie

III Domenica del Tempo Ordinario 21 Gennaio 2018


III  DOMENICA  DEL TEMPO ORDINARIO [SCARICA]

21  Gennaio  2018

“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo”: in queste parole troviamo la sintesi di tutta la predicazione di Gesù.

Che cosa significa che “il regno di Dio si è avvicinato”?

Il regno di Dio non è un territorio da governare, non è una forma di potere, non è un esercizio politico ma è Gesù stesso che, con la Sua presenza, la Sua vita e la Sua parola, svela a ciascuno la possibilità di far regnare su di sé soltanto Dio e non altri. Il “regno di Dio” è la salvezza di Dio che ci  libera da ogni forma di oppressione, di angoscia, di vuoto e di non senso.

Ad una condizione: “credete nel Vangelo”. L’invito a credere è un “imperativo categorico” che scuote il cuore addormentato, la coscienza sopraffatta dalle illusioni, è rivolto ai contemporanei di Gesù come a noi oggi che siamo cristiani.

Chi crede in Dio cambia il modo di pensare, di provare sentimenti, finanche di amare, perché volge lo sguardo a Gesù, si lascia illuminare da Lui e viene trasformato in strumento di tenerezza e di bellezza della Sua misericordia che redime e riscatta dall’infelicità.

Quando avviene la conversione globale della persona, allora riconosciamo la chiamata di Gesù che passa in mezzo a noi, l’accogliamo e ci avviamo dietro di Lui. Così accadde a Simone e Andrea, fratello di Simone,  ai quali, mentre gettavano le reti in mare, Gesù disse: “Venite dietro a me e vi farò diventare pescatori di uomini”.

La proposta del Vangelo accade nella libertà dell’incontro e della relazione: Simone e Andrea “subito lasciarono le reti e lo seguirono” e da pescatori di pesci furono abilitati ad essere “pescatori di uomini”, capaci di coinvolgere altri nell’adesione e nella sequela di Gesù. Oltre Simone e Andrea, anche Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni suo fratello, ricevono la “chiamata” mentre riparano reti attendendo al loro lavoro. Ed essi, senza indugiare, “lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a Lui”.

Nel Vangelo di Marco il processo della vocazione-chiamata è sintetizzato nell’essenziale: Gesù passa, vede e chiama; qualcuno ascolta e prende sul serio l’invito “seguimi!” e si lascia coinvolgere fiducioso.

La risposta alla proposta di Gesù coincide con una “rinascita”, un ri-cominciare. Incipit vita nova! Come ogni nascita, l’adesione richiede una rottura, una separazione nella quale si afferma la “signoria di Dio”, il primato della libertà.

La vocazione cristiana è un’avventura piena di grandezza ma anche di miseria!

Basti considerare l’esperienza di questi primi quattro chiamati. Pietro, sul quale Gesù aveva riposto piena fiducia, pur vivendoGli vicino, spesso non comprende le Sue parole (cfr. Mc 8, 32; Mt 16, 22) al punto che Gesù è costretto a chiamarlo “Satana” (Mc 8, 32; Mt 16, 23); a volte è molto lontano da Gesù fino al punto di contraddirLo e abbandonarLo vinto dal sonno (cfr. Mc 14, 37-41); infine Lo rinnega affermando di non conoscerLo. Anche Andrea, Giacomo e Giovanni in molte circostanze non capiscono Gesù, fraintendono le Sue parole, cercano qualcosa come il potere che non c’entra affatto con il Suo stile di vita. Tutti questi, che pur avevano lasciato ogni legame per seguire Gesù, nell’ora della passione, “abbandonato Gesù, fuggirono tutti” (cfr. Mc 14, 50).

La sequela dei discepoli di Gesù è intessuta di entusiasmo e abbandono, adesione e miseria.

Fu così per i primi discepoli, è così ancora per noi credenti che cerchiamo di vivere la sequela.

L’esperienza cristiana è paradossale!

L’augurio di questa Domenica è di conversione per tutti alla vita bella e buona di Gesù.

   Francesco Savino