Omelie

III Domenica di Pasqua


At 2,14a.22-33; Sal 15; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35

 

Domenica  23  Aprile  2023

 

In questa III Domenica di Pasqua celebriamo una delle pagine più belle della Bibbia: il cammino lungo la strada di Emmaus.

Il Risorto che appare ai due discepoli è il racconto chiave per ricordare la catechesi di Luca sulla Resurrezione.

La domanda che si impone al lettore o all’ascoltatore è: dove si può incontrare il Signore Risorto e come riconoscerlo?

Il racconto è costruito sullo schema di un cammino di andata e ritorno, che si trasforma in un viaggio interiore e spirituale: dalla speranza perduta (“noi speravamo”, Lc 24, 21) alla speranza ritrovata; dalla tristezza (cfr. Lc 24, 17) alla gioia (cfr. Lc 24, 32); dalla croce come scandalo, che impedisce di credere, alla croce come ragione per credere. A Gerusalemme si è consumata la passione di Gesù, è stato sepolto ed è già il terzo giorno.

Al centro di tutto il capitolo 24 l’evangelista Luca pone l’affermazione che le donne hanno ricevuto da due uomini in vesti sfolgoranti: “Perché cercate il vivente tra i morti?” (Lc 24, 5).

L’evangelista Luca ci presenta due discepoli dei quali uno si chiama Cleopa (uguale Figlio del Tuono) e l’altro è anonimo, probabilmente a rappresentare ciascuno di noi, mentre scendono da Gerusalemme a Emmaus e stanno conversando, cercando di capire il senso di tutto ciò che è accaduto al Rabbì Gesù di Nazareth.

I due discepoli sono tristi perché speravano che Gesù si affermasse e dimostrasse a tutti chi fosse davvero, invece tutto si è concluso in un fallimento umano. La delusione e la tristezza bruciano ogni speranza. Ad un certo punto si avvicina “Gesù in persona” e cammina con loro. Luca annota che lo vedono ma “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Gesù, che cammina con loro come un pellegrino, li ascolta mentre parlano e incomincia ad interrogarli con semplici domande. Il pellegrino finge di non sapere ciò che è successo a Gerusalemme, ma dalla conversazione emerge che i due discepoli sono stati precedentemente con lui senza comprendere veramente alcuna cosa.

Annota il biblista Ernesto della Corte che “La morte di Gesù ha fatto morire nei due discepoli la speranza di una restaurazione nazionalistica, come spesso a quell’epoca molti gruppi attendevano … la loro delusione è di ordine politico e non hanno compreso la missione di Gesù. Riferiscono, però, la visione angelica avuta dalle donne che affermano che Egli è vivo, ma che al sepolcro i discepoli non hanno trovato nulla”.

A questo punto del cammino Gesù dice loro: “Stolti e lenti di cuori a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a Lui”.

Gesù il Risorto non solo li rimprovera ma spiega e interpreta loro le sacre scritture, che, nella fede pasquale, gettano una luce sugli eventi oscuri e dolorosi accaduti a Gerusalemme.

“Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti Egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro”. Quando, poi, il pellegrino fu a tavola con loro “prese il pane, pronunciò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”. È il gesto che evoca l’eucarestia e solo allora i loro occhi vengono aperti (è un passivo teologico) e finalmente lo riconoscono.

Sempre il biblista Ernesto della Corte sapientemente ci fa cogliere tutto il senso di ciò che è accaduto in questo incontro tra il pellegrino che è Gesù e due discepoli: “La mensa della Parola ha aperto il senso della mensa eucaristica: il Risorto prima ha aperto la Scrittura e poi i loro occhi, quelli della mente e del cuore; proprio in quel momento il misterioso pellegrino si rende invisibile, perché ormai la sua presenza sarà soltanto sacramentale. Ora accolgono la grazia ricevuta e il loro cuore arde nel petto. E così che possono ritornare (conversione) a Gerusalemme e raccontare agli altri l’esperienza avuta in dono”.

Possiamo dire con gioia che Emmaus è davvero la nostra vita cristiana!

Ogni Domenica, infatti, pasqua della settimana, il Risorto è con noi, apre il nostro cuore, ci spiega la scrittura, spezza il pane con noi e per noi e facciamo esperienza concreta della sua presenza tra noi.

Quando viviamo la Liturgia noi discepoli e discepole dobbiamo imparare a riconoscere la presenza del Risorto nella nostra vita e nella vita delle comunità, senza rincorrere o pretendere apparizioni o visioni strabilianti. L’esperienza di Emmaus ci fa dire con realismo che non siamo mai soli, mai abbandonati alle forze del male e al nostro destino perché il Risorto, sia nella ordinarietà che nella festività della nostra vita, fa sinodo con noi.

“Allora la storia è data perché questa vittoria ci venga comunicata nei sacramenti e perché questa vittoria fiorisca dai sacramenti, dalla grazia dei sacramenti, fiorisca nella nostra vita. Dalla grazia dei sacramenti, non dal nostro tentativo, ma da quella grazia fiorisca nella nostra vita!” (Don Giacomo Tantardini)

Buona Domenica.

   Francesco Savino


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