Omelie

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno A)


Sof 2,3; 3, 12-13; Sal 145; 1 Cor 1, 26-31; Mt 5,1-12a

Morano Calabro, parrocchia Santa Maria Maddalena

29  Gennaio  2023

«Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero»

 

È Dio stesso, fratelli e sorelle, a parlare così a Israele, così come parla oggi a noi tutti. Ci dice che cosa – anzi chi – ai suoi occhi è tanto importante da essere salvaguardato nell’ora della tempesta che si abbatte sulla storia. È lo stesso Dio che vuole educare il nostro sguardo alla lettura della storia a partire dalla sua prospettiva. Indica un segno preciso e inequivocabile: ai suoi occhi è grande ciò che è umile e povero. Evidentemente abbiamo qui una sfida al senso comune. Ciò che vediamo normalmente non resterà, sarà dimenticato. Di solito balza ai nostri occhi chi fa di tutto per ottenere attenzione e abbiamo l’impressione che a lasciare una traccia sia chi ha potere e risorse.

Fin dall’inizio, invece, la Bibbia ci racconta un’altra storia. Fatichiamo a credere che sia la vera storia, quella che non studiamo a scuola, ma che scriviamo ogni giorno. La Parola di Dio educa i nostri cuori, i nostri occhi: il potere, diventato drammatica esibizione di impotenza, non è umile e povero. Fa molto rumore e infiniti danni.

A fronte di ciò, la Parola di Dio attesta che a tenere insieme il mondo è invece – da sempre – un resto umile e silenzioso, attraverso il quale Dio opera meraviglie.  Sono quelle la cui bellezza ci sorprende già per il fatto che vengono da chi non ce lo saremmo mai aspettato e dalla constatazione che Dio rimette in movimento la storia quando tutto sembra finito e le risorse sembrano mancare.

San Paolo accende su questo l’attenzione della giovanissima comunità cristiana di Corinto: «Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono».

Vorrei che riverberasse in noi, sempre, l’eco di questo «Dio lo ha scelto», su cui Paolo insiste. È un annuncio su Dio, lo stesso annuncio del profeta Sofonia. Il piccolo popolo di Israele e la persona di Gesù sono epifania di ciò che Dio ha scelto. Seguendo l’apostolo, Dio ha scelto di confondere i forti e di mettere in crisi i sapienti – noi diremmo gli esperti, i presuntuosi  – per ridurre a nulla un’organizzazione della vita che uccide, una configurazione del mondo che somiglia al caos più che alla creazione. Noi ci siamo in mezzo: non è così?

La piccola comunità che noi siamo sembra non avere le forze, le risorse, le persone per affrontare sfide che ci superano da tutte le parti. Altri sembrano i forti e dicono di possedere la scienza. In realtà, come a Corinto, anche fra noi cristiani ci sono molti carismi, diverse vocazioni, svariate competenze. Sembrano però insufficienti a modificare il corso delle cose e come Chiesa siamo spesso incapaci di valorizzarle in una grande strategia missionaria. Oltre all’incapacità ci sono invidie, antipatie, peccati.

Per questo è importante ridare a Dio la parola per cogliere la fiducia che egli ha in noi. La sua strategia è diversa da quelle di cui vorremmo essere capaci per risultare più forti. Questo non significa che non dobbiamo rimboccarci le maniche e fare meglio, ma che il primo movimento della fede è la sorpresa. Papa Francesco ci invita a uscire verso chi è periferico non per una preoccupazione anzitutto economica o sociale, ma per riattivare il movimento di sorpresa che è all’origine della fede. «Da tutti – scrive il papa – si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Ciò implica includere le periferie. Chi vive in esse ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti» (FT 215).

Le nostre comunità sono sempre più periferiche rispetto alla vita dei nostri figli e dei nostri Paesi. Andare verso i poveri ci sorprende ed evangelizza perché ci consente di non temere la povertà e l’impotenza. Al loro interno qualcosa di immenso può avvenire.

Certo, nelle periferie troviamo violenza e dove la miseria cresce aumentano paura e ingiustizie. Ma proprio là cogliamo più clamorosamente la forza della Parola di Dio, che non chiede altro che di essere accolta: «Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, cercate la giustizia, cercate l’umiltà». È questo che deve avvenire fra noi.

«Dio lo ha scelto». Ha scelto ciò che è insignificante per il mondo perché la sua impronta è la gioia: «Beati voi, poveri ed infelici!». Non c’è potere che possa avere il controllo di quella gioia che le beatitudini descrivono. Essa scaturisce dalla sorpresa che giustizia, mitezza, misericordia, purezza di cuore, povertà di spirito mettono improvvisamente e gratuitamente in circolo, travolgendo le logiche mercantili e le diseguaglianze economiche e culturali su cui si reggono. «Beati voi» perché l’amore è possibile, coraggioso e semplice. E soprattutto perché già esiste e ci circonda.

«Nessuno si salva da solo» ci ha scritto il papa nel messaggio per la Giornata della pace del 1° gennaio scorso. Questo testimoniano le comunità povere e umili che noi possiamo essere. Non temiamo i nostri limiti come una maledizione. Piuttosto assumiamoli come un modo di sperimentarci amati e salvati. Il “resto” che rappresentiamo, il popolo che con noi Dio depone, povero e umile, nella grande umanità, è un seme che cresce. «Rallegratevi ed esultate» ci dice il Signore. Non c’è nulla di più potente di questa gioia.

Buona Domenica.

     Francesco Savino

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