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Omelia Lunedì Santo: Chiediamo al Signore l’audacia di amarlo come Maria


Sintesi Omelia Lunedì 06 Aprile 2020 [SCARICA PDF]

Il Lunedì Santo, come comunità di credenti come Chiesa in cammino, viviamo la memoria di questo gesto straordinario, ineffabile indicibile di Maria. Questo gesto di una bellezza che mi ha sempre sedotto che ha sempre generato in me pensieri contemplativi. Sì soltanto con la contemplazione, immaginando, noi tutti, di stare nella casa di Betania tanto importante per Gesù, solo se siamo lì con l’immaginazione possiamo balbettare e possiamo percepire qualcosa di questo gesto unico.

Siamo a sei giorni prima della Pasqua annota, l’evangelista Giovanni, ormai le ore di vita di Gesù sono segnate. E che cosa fa Gesù prima della Pasqua? Va in quella casa dove lui ha fatto sempre l’esperienza dell’accoglienza e dell’ospitalità, dell’amicizia. Beati coloro che trovano case ospitali, case dove si fa l’esperienza della gratuità dell’amicizia!

E Gesù fa di Betania il suo punto di riferimento. Gesù aveva, tra l’altro, risuscitato dai morti Lazzaro, come annota l’evangelista Giovanni. E allora che cosa fanno Marta, Maria e Lazzaro? Preparano una cena. Per gli ebrei, come vi ho detto in altre occasioni, la mensa, il mangiare è una delle espressioni massime di comunione, di intimità. Non a caso Gesù mangiava con i peccatori a testimoniare che voleva riscattarli, recuperali, includerli, non voleva farli sentire esclusi. Fecero una cena, dice Giovanni, Marta che serviva a tavola, Lazzaro che sedeva a tavola (immaginiamo con quale stato d’animo visto che era passato da poco dalla morte alla vita), e Maria, la donna dell’ascolto, la donna che si mette alla scuola di Gesù.

Era scandaloso che la donna potesse mettersi alla scuola di un Maestro, e, Maria, comunque, aveva fatto questa scelta prioritaria, si metteva sempre alla scuola di Gesù-Maestro. Ma qui Maria supera ogni creatività, ogni fantasia, ogni immaginazione.

Qui viene fuori tutta la femminilità di Maria che mette a nudo questo suo cuore di donna che ama: prende trecento grammi di profumo di puro nardo, profumo costoso, e fa un gesto indicibile per la concezione giudaica del rapporto donna uomo, ne cosparge i piedi di Gesù e, come se non bastasse, li asciuga con i suoi capelli, e tutta la casa si riempie dell’aroma di quel profumo.

Come avrei voluto e come desidero, questa mattina, respirare quel profumo di quella casa!

Immaginiamoci anche noi, in questo tempo in cui il coronavirus blocca i polmoni, di respirare questo profumo di puro nardo assai prezioso. Che bella quella casa tutta profumata! C’era il profumo dell’amicizia, il profumo dell’accoglienza e dell’ospitalità e vi si aggiunge il profumo di questo gesto che qualcuno ha chiamato il gesto audace. Ma sì, ben venga nei confronti di Gesù la nostra audacia di amarlo.

Anzi chiediamo al Signore l’audacia di amarlo così.

Magari noi tutti, uomini e donne, fossimo capaci di amare Gesù con questa creatività, con questa audacia, con questo coraggio, con cui Maria, donna dell’ascolto, rompe ogni schema interpretativo, ogni pregiudizio. 

Io vorrei amare Gesù così, anche oggi, con la mia immaginazione, la mia fantasia.

Ha fatto bene Papa Francesco, l’altro giorno, a dire che dobbiamo scatenare la creatività della carità, dell’amore. Anche Giovanni Paolo II, nel documento “Nuovo Millennium Ineunte”, parlava dalla fantasia della carità. Ci vuole fantasia di amore, mai come in questo momento, nei confronti di Gesù.

Ma entra in scena in questa casa, Giuda. Ricordo sempre la bellissima omelia di Don Primo Mazzolari che chiamava Giuda nostro fratello. Sì, Giuda è nostro fratello. Non facciamo tanto i giudici, siamo spesso Giuda nella nostra vita. Quanti tradimenti! Quante volte viviamo la notte dei tradimenti nelle relazioni, nelle professioni, nella nostra fedeltà alle nostre scelte di vita. Quante volte tradiamo! Ma qui viene fuori la meschinità di Giuda. Sì perché Giuda teneva la cassa, faceva il tesoriere.

Mi ricordo quello che dicevano i medievali riguardo al denaro che è lo sterco del diavolo. Il denaro è sempre un idolo. Il denaro, scusate se lo dico, è erotico: ci attrae. Diciamocelo senza fare gli ipocriti. E qui, Giuda che ha la cassa, fa il tesoriere, proprio lui che si vendette l’amicizia la compagnia espressa ai discepoli da Gesù per trenta denari, fa un’affermazione dicendo che sarebbe stato meglio vendere quel costoso profumo per trecento denari e darne il ricavato ai poveri.

Quante volte, quando ci fa comodo, strumentalizziamo i poveri! Ci serviamo dei poveri, avrebbe detto Don Lorenzo Milani. 

Ma annota, l’evangelista Giovanni, che Giuda disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.

Ma fermiamoci qualche altro minuto sulla reazione di Gesù perché è qui l’insegnamento per noi.

Gesù risponde alla meschinità, alla strumentalizzazione economica di Giuda dicendo: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

E Gesù che sta per morire, per scomparire fisicamente – poi lui sarà presente nel mondo e nella storia nell’altra forma come Risorto – dice che i poveri li avete sempre con voi, mentre io non ci sarò più fisicamente, tra di voi. Qualche studioso attento dice che i poveri sono l’ottavo Sacramento, se non addirittura, il primo. I poveri li avete sempre con voi significa che i poveri sono il sacramento, il segno reale della presenza di Cristo. Ha ragione Papa Francesco quando dice che i poveri sono la carne viva di Cristo. I poveri sono coloro che ci portano Cristo nel tempo della sua assenza fisica. Ed è bellissimo un commento di Santa Madre Teresa di Calcutta che dice che quando ci troveremo, dopo la morte, dinanzi a Cristo Risorto, i poveri ci salveranno la vita. Cioè il criterio di giudizio perché Gesù ci inviti nel regno dei cieli preparato dal Padre, è la nostra condivisione con gli ultimi con i poveri con le persone fragili.

I poveri sono la porta per entrare nel regno di Dio. Sulla terra i poveri solo il segno carnale di Cristo che, nella prospettiva escatologica del Giudizio finale, ci salveranno la vita. E lasciatemi dire ancora una cosa: i poveri aumentano sempre di più! E a causa del coronavirus stanno aumentando sempre di più. Ce ne accorgiamo noi in questi giorni in cui, come Caritas, abbiamo attivato una serie di attenzioni e di prossimità alle persone più fragili, dai viveri all’accoglienza, all’ospitalità. Aumentano sempre di più. E immaginate, ci auguriamo però quanto prima che termini questo covid-19, l’impoverimento maggiore che ci sarà. E allora la sfida sarà la fraternità, la condivisione e la solidarietà. E nessuno deve tirarsi indietro. Chi può, deve mettersi il gioco. Chi ha, deve mettere a disposizione i cinque pani e i due pesci perché questa è la logica del Vangelo: la condivisione.

Perché sapete quale potrebbe essere il rischio più grave? È che si affermino, sempre di più, gli egoismi personali o di gruppo. C’è un’economia che ha ucciso che uccide che ucciderà sempre ed è quella di un capitalismo selvaggio che genera, sempre più, poveri e povertà. Basta con questa economia selvaggia, antievangelica. Ci vuole un’economia di comunione, solo questa ci può e potrà salvare tutti. Quell’immagine che siamo tutti nella stessa barca, non deve abbandonarci né oggi né domani. Siamo tutti nella stessa barca, siamo tutti connessi realmente gli uni agli altri. Nessuno deve essere lasciato solo, nessuno deve essere lasciato povero. Altro che invisibili! Ci siamo inventati questa categoria sociologica dei poveri invisibili. E i poveri sono invisibili? È la nostra cultura dell’indifferenza che non ci consente di vedere i poveri perché, i poveri, sono reali. È che siamo diventati talmente egoisti che abbiamo reso i poveri invisibili.

Ma i poveri si vedono, e sono tanti!

Se prima ho detto di pregare il Signore perché ci dia sempre l’audacia di Maria nei suoi confronti. Ora invito tutti a chiedere a Gesù l’inquietudine per i poveri perché scatti in noi la prossimità, la vicinanza, la condivisione.

E capisco la conclusione del Vangelo che i capi dei sacerdoti decisero di uccidere anche Lazzaro. Perché Lazzaro era il segno forte di Gesù che provocava la loro ipocrisia, il loro potere.

Lasciamoci interrogare da questa pagina bellissima che ci ha raccontato ciò che è accaduto, sei giorni prima della Pasqua, in quella casa bellissima stupenda la casa dell’ospitalità e dell’amicizia di Betania.

   Francesco Savino