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Omelia XVII Domenica del Tempo Ordinario 26 Luglio 2020


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XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno A)

1 Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

26  Luglio 2020

 Per richiamare l’attenzione su tre tentazioni, Gesù ha usato tre parabole: la parabola della zizzania per richiamare i suoi discepoli e le folle dalla tentazione di sentirsi eletti, la parabola della senape dalla tentazione della grandezza, la parabola del lievito dallo scoraggiamento. Ora, come antidoto a queste tre tentazioni, Gesù invita alla fedeltà alla prima delle Beatitudini e lo fa di nuovo con delle parabole. Siamo nell’ultima parte del discorso sul regno dei cieli e Gesù racconta le parabole del tesoro nascosto, della perla preziosa e della rete gettata nel mare. 

Nelle prime due, l’attenzione sembra essere concentrata su un contadino e un ricco mercante, ma protagonisti del racconto sono il tesoro e la perla che provocano le azioni dei due. Il contadino trova in un campo, che non è suo, un tesoro: “lo nasconde subito; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”; il ricco mercante va in cerca di perle preziose e, quando “ne trova una di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. Il contadino non è ricco, il mercante invece lo è, ma entrambi, ed è questo che è decisivo, vendono tutto quello che possiedono per acquistare ciò che è prezioso.

Come a queste due uomini, accade a tanti che, appena sentono parlare del Regno di Dio, lasciano tutto per entrarne in possesso. È accaduto ai discepoli di Gesù che, una volta chiamati, “abbandonato tutto, lo seguirono” (Lc 5,11; Mt 4, 20.22). Il giovane ricco, invece, non ha   coraggio e se ne va triste, imprigionato com’è dai suoi molti beni.

Mettersi alla sequela di Gesù, cosa che implica un radicale e veloce distacco, nasce dall’aver trovato un dono inaspettato, il Regno dei cieli, che si è fatto presente in Gesù stesso. Chi decide di seguire Gesù, non  dice “ho lasciato” ma “ho trovato un tesoro”. Il discepolo di Gesù è colui che trova Lui, che è l’unico vero tesoro e l’unica vera perla preziosa.

Nella parabola conclusiva del cap. 13 del Vangelo di Matteo, Gesù paragona il Regno dei cieli a “una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”. Come il grano cresce con la zizzania, nella rete gettata nel mare si trovano pesci buoni e pesci cattivi e, quando la rete viene tirata a riva, i pesci buoni vengono raccolti nei canestri, i cattivi sono gettati via. Ed è significativa l’interpretazione che Gesù fa di questa parabola: “così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”.

Egli richiama ancora una volta sulla separazione che accadrà nel giorno del giudizio e che spetterà soltanto a Dio e non a noi che, invece, continuiamo ad erigerci a giudici inclementi, quando Dio Padre è paziente e misericordioso e desidera che ognuno si converta. 

 Sant’ Agostino diceva: “nell’ultimo giorno molti che si ritenevano dentro si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro”. 

 Gesù conclude il suo discorso in parabole con le parole: “per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo regno cose nuove e cose antiche”. Siamo, dunque, invitati ad interpretare con responsabilità il grande tesoro delle Sacre Scritture alla luce della novità del Regno dei cieli annunciato e realizzato  da Cristo, nel quale “sono nascosti tutti i tesori della sapienza di Dio” (Col 2,3).    

Buona Domenica. 

   Francesco Savino