diaconato Omelie

Ordinazione Diaconale di Mario Sassone


XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno A) [Scarica Omelia]

Sap 6,12-16; Sal 62; 1 Ts 4,13-18; Mt 25,1-13

 

Ordinazione Diaconale di Mario Sassone

 

8  Novembre  2020

Siamo a conclusione dell’Anno Liturgico. In questa e nelle prossime due domeniche, leggiamo il cap. XXV di Matteo, la seconda parte dell’ampio  discorso escatologico di Gesù che occupa i capitoli XXIV e XXV. In tutto questo discorso sulla fine dei tempi ricorrono espressioni come “fate attenzione”, “vegliate, perché non sapete quando è il momento”, “vegliate, dunque, perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo o al mattino”, “Quello che dico a voi lo dico a tutti: vegliate”.

Matteo, a proposito di questo ammonimento riguardante la vigilanza, presenta tre parabole su che cosa significa vigilare e infine, il racconto sul giudizio finale. Il ritardo della Parusia, la venuta ultima e gloriosa di Cristo, che sembrava imminente alle prime comunità cristiane, richiama anche noi su come vivere la vita nel “qui ed ora”.

Gesù parla ai suoi discepoli della fine dei tempi mentre è seduto al monte degli Ulivi, in prossimità della sua passione.

Egli introduce la parabola che leggiamo oggi con le parole: “ Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini” che escono per andare incontro allo sposo: cinque sono stolte, cinque sagge. Nel prepararsi all’incontro soltanto le cinque sagge prendono con sé l’olio per le loro lampade.

Questa contrapposizione, precisata dall’evangelista Matteo, ci rimanda alla conclusione del discorso della montagna, quando Gesù afferma che chi ascolta le sue parole e le mette in pratica, sarà simile ad un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile ad un uomo stolto che ha costruito la casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa cadde e la sua rovina fu grande”. (Mt 7,24-27)

Saggio, quindi, è chi ascolta la Parola e la mette in pratica, stolto chi ascolta e non fa. L’ascolto è comune allo stolto e al saggio, ma ciò che fa la differenza è il mettere in pratica la Parola ascoltata.

“Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono”: siamo allo snodo decisivo della parabola. La venuta finale di Gesù ritarda,  e ciò costituiva una grande difficoltà per le prime generazioni cristiane. “E noi attendiamo ancora il Veniente oppure – come affermava Ignazio Silone – abbiamo per la sua venuta lo stesso entusiasmo di quelli che aspettano l’autobus alla fermata?”

Le dieci vergini si assopirono tutte e si addormentarono. “Paradosso: si sta parlando di vegliare, e tutte dormono! Dunque, che tipo di vigilanza è quella a cui Gesù vuole esortarci? Dove sta la differenza tra le stolte e le sagge, se tutte si addormentano?” (Enzo Bianchi).

La voce che squarcia la notte arriva di sorpresa e colpisce anche noi che ascoltiamo oggi: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”.

La voce dello sposo risveglia le vergini: le cinque stolte non hanno olio e, quindi, sono costrette a chiederne un po’ alle altre cinque. Si sentono, però, rispondere: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. È una risposta dettata dall’egoismo? Assolutamente no, ma è un modo molto chiaro per dire che nel giudizio finale ognuno deve dare conto della sua vita, delle sue scelte.

L’incontro ultimo con il Signore va preparato per tutta la vita.

Finalmente, mentre le vergini stolte andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini sagge entrano con lui nella sala delle nozze. Allora “la porta fu chiusa”. Un particolare che dice una verità scomoda: dentro o fuori, non vi è una terza possibilità. Giunsero anche le cinque vergini stolte, di ritorno dall’acquisto dell’olio e incominciarono a dire: “Signore, Signore, aprici”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

È una risposta netta che ci ricorda come, al momento dell’incontro finale con il Signore, verrà alla luce la verità della nostra esistenza. Per questo Gesù conclude con l’invito a vegliare perché non conosciamo né il giorno né l’ora.

“La vigilanza è la matrice di ogni virtù umana e cristiana, è il sale di tutto l’agire, è la luce del pensare, ascoltare e parlare”. (Enzo Bianchi).

La Parola di Dio di oggi illumina anche l’ordinazione diaconale di Mario Sassone, accolito della parrocchia “San Vincenzo Ferrer” di Trebisacce.

Mario dichiara davanti a tutti la sua disponibilità ad essere diacono permanente con poche parole:  “eccomi”, “si, lo voglio” ripetuto per quattro volte,  “si, con l’aiuto di Dio lo voglio”,  “si, lo prometto”.

Egli si impegna ad essere ministro dei Sacri Misteri perché tutte le cose, in terra come in cielo, diventino una cosa sola sotto la guida di Nostro Signore, Gesù Cristo.

In Lui, caro Mario, sarai dunque al servizio di questo piano di redenzione e di salvezza.

La grazia sacramentale che ti verrà conferita, attraverso le imposizioni delle mani del Vescovo, ti abiliterà a prestare il servizio della Parola, dell’altare e della Carità, con una speciale efficacia (cfr. Ad gentes, 16).

Il tuo ministero, come lo definì San Paolo VI, è “la forza motrice per la diaconia della chiesa” e per questo sei chiamato ad essere segno vivente del servizio di Cristo alla Chiesa. Il diaconato, dopo il Concilio Vaticano II, fu restaurato perché “fosse animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, che venne non per essere servito ma per servire”.    (Paolo VI -Ad pascendum, 15.8.1972)

In questo compito, tu, come gli altri diaconi permanenti, non sei solo: ti accompagnano i tuoi familiari che, a nome della Diocesi, ringrazio perché ti sono vicini con il loro assenso; ti accompagna la comunità della parrocchia “San Vincenzo Ferrer” con i co-parroci don Michele Munno e don Michele Sewodo; ti accompagnano i diaconi ordinati prima di te; ti accompagna  don Leonardo Aita, Direttore dell’Ufficio per il Diaconato Permanente e i Ministeri Istituiti, che sento di ringraziare particolarmente insieme al suo predecessore, don Alessio De Stefano; ti accompagna anche tutto l’ordine presbiterale con il quale sei chiamato a collaborare; ti accompagno anch’io, tuo Vescovo: conto su di te per dilatare l’efficacia della Carità diocesana a vantaggio di  credenti e  non credenti, sani e malati, giovani e anziani.

Ricorda, caro Mario, che dare tutti i tuoi doni non servirà a nulla, se non darai tutto te stesso.

Dove troverai la luce e la forza per essere coerente con il tuo diaconato? Nella Parola di Dio, ascoltata e meditata; nella devozione tenera e profonda alla Madonna, serva del Signore; nell’Adorazione Eucaristica e, soprattutto, nella Santa Messa, nella comunione vera con il Vescovo, il presbiterio e tutto il Popolo di Dio.

Il Signore si è fidato di  te! Il tuo stile  sia sempre vigilante e responsabile.

Vigliamo tutti, in ogni momento, per farci trovare pronti all’incontro ultimo con il Signore.

 

                                                                         ✠   Francesco Savino