Omelie

V DOMENICA DI PASQUA


At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-33. 34-35

Ministero dell’Accolitato di Michele Diodati,

Giuseppe Guarnaccia Antonio Paiella, Vincenzo Stivala, Nicola Taranto

Domenica  15  Maggio  2022

Il brano evangelico di questa V Domenica di Pasqua inizia con il riferimento all’uscita di scena di Giuda, il traditore. Al versetto immediatamente precedente, l’evangelista Giovanni annota: “Ed era notte” (13,30). È la notte del rifiuto e del tradimento! Con sorpresa constatiamo che proprio nel momento in cui Giuda esce per “consumare” il suo tradimento Gesù dice: “Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte Sua e lo glorificherà subito”. Domandiamoci: come può Gesù parlare di glorificazione difronte alla perdita tragica di un discepolo? Non bisognerebbe forse parlare di sconfitta e di fallimento? Al riguardo, l’evangelista Giovanni ci fa notare che “Gesù fu profondamente turbato” (13, 21), rimane sconvolto, come lo era stato per la perdita dell’amico Lazzaro. E pure Gesù, anche in questa situazione di sofferenza e tristezza, continua a porgere la mano, continua a manifestare la sua amicizia a Giuda offrendogli il boccone dell’accoglienza e della comunione (Cfr. 13, 26), continua ad amare fino alla fine. È proprio in questo consiste la glorificazione di Gesù, in questo amore così fuori dal comune, capace di integrare il tradimento e di assumerlo dentro di sè in un orizzonte più ampio.

La gloria di Gesù è proprio questo suo amore che riesce ad illuminare ogni notte della vita. E anche il Padre, Dio, è glorificato in Gesù perché nelle sue parole e nei suoi gesti, nel suo stile di vita, si rivela il Suo vero volto. Questa reciproca glorificazione, del figlio nel Padre e del Padre nel figlio, ci fa comprendere la profondità della comunione divina. Gesù non ha mai cercato il suo successo personale o la sua gloria ma solo quella che viene da Dio e questo dice la totale e radicale obbedienza di Gesù al Padre, dal quale tutto riceve e al quale tutto si dona.

Se l’”ora” della croce è la massima glorificazione di Gesù, c’è un altro “luogo” in cui la gloria di Dio risplende come luce: la comunità dei discepoli dove regna l’amore. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”: la gloria di Dio si rende presente là dove ci sono alcune persone che, accogliendo l’amore di Dio, si lasciano plasmare da esso. Una comunità che “appartiene a Dio” si riconosce dall’unico e grande segno dell’amore. L’amore quando si incarna in una persona, in una anche piccola comunità, ha la forza di “fare nuove tutte le cose” (Ap 21, 5), come si afferma nella seconda lettura di questa domenica. La novità del comandamento dell’amore che Gesù lascia in eredità ai suoi discepoli consiste proprio in quel “come io”. La novità del comandamento dell’amore sta proprio nella “misura” dell’amore. Siamo, cioè, chiamati a vivere e ad amare “come Gesù”. Il come dell’amore è anche il perché: “amatevi … come e perché io ho amato voi”. Noi possiamo “amarci gli uni gli altri” perché Gesù, amandoci per primo, ci ha inseriti nel flusso vitale rigenerante del suo amore; ma perché Gesù parla di “comandamento”? L’amore ha bisogno di essere comandato? Non sembra una forzatura che rischia di svilire i codici e i tratti più belli di questa grande realtà umana che è l’amore? Ricordiamoci che Gesù dice “vi do …”, cioè il comandamento dell’amore è un dono e poi se l’amore non entra nell’orizzonte umano sotto l’aspetto del comandamento rischia di perdere la sua qualità divina ed esso diventerebbe soltanto simpatia, attrazione, spontaneità.

Il comandamento non si oppone alla libertà dell’amore e non è la sua negazione ma è il vero scrigno che lo custodisce.

Scriveva Angelo Silesio: “la rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce”. “L’amore di Dio è la rosa senza perché, Lui ama perché ama, è la sua natura” (Ermes Ronchi). Lasciamoci abitare dalla bellezza dell’amore di Cristo.

Anche voi cari Antonio, Giuseppe, Michele, Nicola e Vincenzo che questa sera ricevete il ministero dell’accolitato, tappa significativa orientata al Diaconato Permanente, lasciatevi sedurre totalmente da questo amore eccedente di Cristo e fatevi imitatori e testimoni credibili.

Il ministero di accolito vi mette in un rapporto speciale con l’altare dell’Eucaristia e vi porta, mi piace dire, anche fisicamente, nel cuore del memoriale, che Gesù ci ha lasciato, della sua Pasqua. L’accolito serve all’altare, svolge il suo servizio per la celebrazione dell’Eucaristia, provvede alla sua distribuzione non solo durante la celebrazione ma anche al di fuori di essa, portandola nelle case degli ammalati e a quanti sono impediti di prendere parte alla celebrazione della comunità. A partire da questo servizio l’accolito è l’uomo delle relazioni improntate alla comunione fraterna dentro e fuori la Chiesa con una attenzione premurosa di prossimità verso le persone più fragili. Il documento del pontefice Paolo VI sui ministeri ricorda che “fin dai tempi più antichi furono istituiti dalla Chiesa alcuni ministeri al fine di prestare debitamente a Dio il culto sacro e di offrire, secondo le necessità, un servizio al popolo di Dio. Con essi erano affidati ai fedeli, perché li esercitassero, degli uffici di carattere liturgico e caritativo a seconda delle varie circostanze. Il conferimento di tali uffici spesso avveniva mediante un particolare rito, con il quale il fedele, ottenuta la benedizione di Dio, era costituito in una speciale classe o grado per adempiere una determinata funzione ecclesiastica”.

Amate sempre di più Gesù e testimoniatelo nelle vostre comunità di appartenenza e non solo: tu Vincenzo nella Parrocchia Auxilium Christianorum a Castrovillari, voi Michele e Antonio nella Parrocchia di San Girolamo sempre a Castrovillari, tu Nicola nella Parrocchia del Beato Pino Puglisi sempre a Castrovillari e anche tu Giuseppe nella Parrocchia di San Teodoro a Laino Castello. Cercate di comprendere sempre di più, mediante la preghiera e la meditazione quotidiana della Parola di Dio, il significato profondo dell’Eucaristia, imparando giorno dopo giorno, Messa dopo Messa, ad offrirvi insieme a Gesù e in Lui come sacrificio spirituale gradito a Dio. Se dovesse mancare questa radice, ogni ministero, anche il mio, anche quello dei Sacerdoti, rischierebbe di essere solo esteriorità.

Amate la Chiesa, la nostra Diocesi, che vi ringrazia per questa vostra disponibilità ma non dimenticate che attraverso di essa ricevete questa sera il dono del ministero dell’accolitato.

La Vergine Maria, che qui in Cattedrale, viene venerata come Santa Maria del Lauro, ci accompagni tutti nel pellegrinaggio della nostra fede e sostenga con la sua preziosa compagnia il vostro ministero di accoliti.

✠   Francesco Savino