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VIII Domenica del Tempo Ordinario 26 Febbraio 2017


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 Domenica 26 Febbraio 2017

Proseguiamo la lettura del Discorso della Montagna: oggi si intrecciano due riflessioni significative, per la nostra fede personale e comunitaria, sulla ricchezza e sulla Divina Provvidenza.

Sostiamo, con atteggiamento contemplativo.

“Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”. Con grande sapienza, Gesù sa e afferma che l’accumulo sfrenato dei beni, la capitalizzazione della ricchezza, diventa un idolo al quale gli uomini alienano se stessi sacrificando la vita anche di altri. La parola “mammona” nella lingua ebraica ha la stessa radice etimologica della parola “credere”, “avere fiducia”; dunque, Gesù mette in guardia i suoi ascoltatori dal non fidarsi della ricchezza, dal non considerala una “religione”. Dobbiamo ammetterlo: quando le risorse economiche, da mezzo-strumento, si trasformano in scopo della vita, assorbono la totalità del cuore, della mente e della volontà. Gesù aveva appena detto: “Non accumulate tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano […] perché dov’è il tuo tesoro là sarà anche il tuo cuore “ (Mt 6, 19-21).

Enzo Bianchi suggerisce di porsi la domanda essenziale “dove sta il mio cuore? Qual è per me la vera ricchezza? I beni sono strumento di relazione e di condivisione, di comunione con gli altri, oppure strumento di egolatria?”. Egli ci invita alla consapevolezza che la fiducia nei beni ci induce a “soffocare in noi la disponibilità per il regno di Dio, come avviene per l’uomo ricco e triste, il quale preferisce mettere la propria identità nei molti beni che possiede piuttosto che nella relazione con il Signore” (cfr. Mt 19, 22).

“Perciò io vi dico …”: Gesù attira la nostra attenzione sulla Divina Provvidenza. Abbiamo ascoltato nella prima lettura che il profeta Isaia parla della provvidenza con l’immagine dell’amore materno pieno di tenerezza: “si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is.49, 15). Che meraviglia! Dio non si dimentica mai di me, di te, di noi! Conosce il nome e il cognome di ciascuno, la biografia, il privato e il pubblico dei nostri comportamenti. Chi ama non dimentica. La parola chiara di Isaia trova il suo richiamo nel vangelo di Matteo: “Non preoccupatevi per la vostra vita […] guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro Celeste li nutre […] osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria vestiva come uno di loro” (Mt 6-26.28-29).

Papa Francesco così commenta: “pensando a tante persone che vivono in condizioni precarie, o addirittura nella miseria che offende la loro dignità, queste parole di Gesù potrebbero sembrare astratte se non illusorie. Ma in realtà sono più che mai attuali! […] Finchè ognuno cerca di accumulare per sé, non ci sarà mai giustizia. Se invece, confidando nella provvidenza di Dio cerchiamo insieme il suo Regno, allora a nessuno mancherà il necessario per vivere dignitosamente”.

I beni, dunque, vanno condivisi e ridistribuiti evitando di assumere quell’atteggiamento ansioso di chi pensa che tutto dipenda da se stesso e dal proprio agire.

A noi discepoli di oggi, Gesù rilancia la proposta di un altro modo di essere uomini: “non preoccupatevi delle cose, c’è dell’altro che vale di più”. E’ quanto ripetiamo nella preghiera del Padre Nostro: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (cfr. Ermes Ronchi).

Il Dio di Gesù Cristo, al quale siamo chiamati ad abbandonarci con fiducia, è il Padre che “sa ciò di cui abbiamo bisogno”. Senza cedere alla imprevidenza o al provvidenzialismo irresponsabile, Gesù invita chi vuole seguirlo ad impegnarsi con responsabilità per custodire se stesso: “la vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?”

“Non preoccupatevi dunque del domani perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”. Charles de Foucauld così commentava: “Non preoccupiamoci del futuro, ma in ogni istante della nostra vita facciamo ciò che la volontà di Dio ci chiede nell’attimo presente[…] così non viviamo più in funzione di noi stessi ma in funzione di Dio, non contando più su di noi né su alcuna creatura, ma abbandonandoci interamente a Dio e aspettando tutto da Lui solo”.

Buona Domenica.

   Francesco Savino