Omelie

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 7 agosto 2016


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7 agosto 2016

L’essere umano è abitato da desideri di ogni tipo, dai più elevati a quelli più bassi. In questa Domenica, il Vangelo ci parla del grande desiderio dell’incontro ultimo e definitivo con Cristo, il Risorto, un desiderio che conferisce all’esistenza di ciascuno  un atteggiamento di vigilanza, di responsabilità, di attesa.

L’evangelista Luca dice che Gesù, mentre cammina con i discepoli verso Gerusalemme, verso la sua Pasqua, verso la morte e la resurrezione, educa i suoi soprattutto in ordine allo stile di vita da mantenere nell’attesa del suo ritorno. Dice: “nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’Uomo”.  Il discepolo è chiamato a vivere nell’attesa del ritorno definitivo del Signore, la parusia: bisogna farsi trovare pronti, vigilanti, svegli.

“Viene, dice Ermes Ronchi, non come una minaccia o un rendiconto che incombe. Viene ogni giorno ed ogni notte e cerca un cuore attento”. “Come un innamorato, desidera essere desiderato. Come l’amata io lo attenderò, ben sveglio: non voglio mancare l’appuntamento più bello della mia vita” (M.Marcolini).

Da quando la presenza fisica di Gesù scomparve dall’orizzonte della storia ed iniziò la sua presenza di Risorto, la  Chiesa ha  avuto la “coscienza” del suo ritorno, della sua venuta gloriosa, diversa dalla prima concretizzatasi nella debolezza della “natura umana”.

Per ammaestrare i discepoli Gesù racconta  la parabola del padrone e dei servi in cui si legge  lo “stile dell’attesa”. Possiamo distinguere  tre momenti.

Il  primo di essi è l’assenza del padrone che, allontanandosi, affida la casa ai suoi servi. Così, dopo la creazione, Dio affida l’Eden ad Adamo. E’ l’uomo il “custode del mondo”. Dio si ritira lasciando all’essere umano la libertà e l’esercizio della responsabilità.  Ermes Ronchi commenta: “se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più? Un Dio che si impone sarà anche obbedito ma non sarà amato da liberi figli”.

Il secondo momento: l’attesa del padrone da parte dei servi. Essi vegliano nella notte con i fianchi cinti, cioè pronti ad accoglierlo, hanno le lucerne accese per rischiarare l’oscurità. L’attesa non va interrotta durante la notte, quando la fatica e la disperazione fanno pressione alla porta del cuore. Il “piccolo gregge” dei discepoli, cui il “Padre è piaciuto dare il Regno”, non deve temere, non deve cedere alla tentazione di prendere con sé “borse da viaggio” e accumulare ricchezze, perché l’unico tesoro che riempie il  cuore è il desiderio dell’incontro con il Signore. I discepoli sono chiamati a vivere continuamente con questo desiderio, ad essere “in tensione”, cioè disponibili all’incontro.

Il terzo momento della parabola:  torna il padrone e, se i servi saranno trovati svegli, saranno considerati beati. E non solo: il padrone li farà mettere a tavola  e passerà a servirli. Che incontro stupendo! Dio si fa servo. E’ il capovolgimento delle logiche umane. Il Signore fa il servo. Dio si mette al servizio della felicità dell’uomo.

Nella parabola, Gesù ribadisce per ben due volte l’atteggiamento sorprendente ed imprevedibile del padrone: “E passerà a servirli”. Gesù  rivela un Dio sconvolgente, un Dio che “si cinge di un asciugamano”.

Alla domanda di Pietro “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” , il Maestro risponde con una seconda parabola in cui ritorna sulla vigilanza, sulla necessità, cioè,  di  farsi trovare svegli quando “il padrone tornerà”.

Farsi trovare pronti  per noi oggi significa non cedere alla mondanizzazione, agli idoli che seducono e imprigionano la vita. “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”: l’unico tesoro che riempie la nostra vita è il Dio di Gesù che da padrone si fa servo. Noi siamo ciò che desideriamo, noi siamo ciò che amiamo.

In questa Domenica domandiamoci qual è il desiderio più alto e più profondo del nostro cuore. Sant’Agostino diceva: “Ami la terra? Terra diventerai.  Ami Dio? Diventerai come Dio”.

L’augurio per me,  per  te, per tutti è che  facciamo ordine nei nostri desideri e stabiliamo a quale di essi spetta la priorità assoluta.

   Francesco Savino