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STORIA E TERRITORIO >Cenni Storici |
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CENNI STORICI
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(Tratti
da “Storia della Diocesi di Cassano
all’Ionio” di P. Francesco Russo, Vol.I pp. 97-104)
Le Decretali dei Pontefici Innocenze I
e Gelasio I mostrano chiaramente che
nel Bruzio esisteva un’organizzazione
ecclesiastica fin dal secolo V e che
questa era alla diretta dipendenza del
Papa. Questo risulta ancor meglio
dall’Epistolario di S. Gregorio Magno,
il quale interviene direttamente
nelle questioni locali e provvede alla
visita e, a volte, anche alla
provvista di Chiese vacanti. Al suo
tempo il Bruzio era sotto il dominio
dei Bizantini da diversi anni;
nondimeno nulla dimostra che se ne
fosse iniziata l’ellenizzazione sia
nella lingua che nella liturgia.
Dopo la morte di S. Gregorio (603), le
cose incominciarono a prendere una
nuova piega.
Le sottoscrizioni ai Concili del tempo
mostrano chiaramente che il Bruzio,
ormai divenuto Calabria, si era
avviato alla riellenizzazione e che
questa era già quasi completa alla
fine del secolo VII. Difatti, mentre
al Sinodo di Papa Martino del 649
figurano promiscuamente vescovi del
Bruzio greci e latini, a quello di
Papa Agatone del 679 la prevalenza dei
greci è notevole. Che anzi, quelli fra
questi, che nell’anno successivo si
recarono a Costantinopoli, erano tutti
greci e firmarono solo in greco.
La partecipazione dell’episcopato
calabrese sia al Concilio Romano del
679 sia a quello Ecumenico di
Costantinopoli dell’anno seguente,
dimostra ancora che fino a quel tempo
non era stata introdotta nessuna
novità nella posizione della gerarchia
calabrese: i vescovi - sia greci sia
latini - sono ancora alla diretta
dipendenza del Papa e si muovono su un
piede di assoluta parità, senza
l’ombra di un qualsiasi diritto di
precedenza o di supremazia da parte di
qualcuno di essi.
Le cose però presero una piega
differente nel secolo VIII. L’eresia
iconoclasta, sostenuta tenacemente
dagli imperatori bizantini Leone III
l’Isaurico e Costantino Copronimo, se
trovò delle facili acquiescenze in
Oriente, incontrò invece una tenace
resistenza in Occidente, specie nei
Papi Gregorio II (715-731) e Gregorio
III (731-741), l’ultimo dei quali
scomunicò gli iconoclasti nel Sinodo
Romano del 731.
Leone Isaurico allora, per
rappresaglia, confiscò il patrimonio
immobiliare della Chiesa Romana in
Calabria e Sicilia, aggregandolo al
demanio imperiale. Il suo successore
andò anche oltre, sottraendo le Chiese
della Calabria e della Sicilia alla
soggezione di Roma e aggregandole a
quella del Patriarcato di
Costantinopoli.
Tale aggregazione comportava con sé
l’adozione delle istituzioni, della
lingua e del rito di Bisanzio.
Difatti, nella seconda metà del secolo
VIII tutte le Chiese della Calabria
risultano ellenizzate, ad eccezione di
quelle della Valle del Crati, che
mantengono la lingua e il rito latino,
perché sotto il dominio dei
Longobardi.
Un altro passo fu compiuto alla fine
dello stesso secolo.
Il Basileus o il Patriarca di
Costantinopoli, constatando la
difficoltà della nomina e della
consacrazione dei Vescovi, che erano
tanto lontani dalla Capitale, istituì
la Provincia ecclesiastica della
Calabria, elevando Reggio alla dignità
di Metropoli con giurisdizione su
tutte le Diocesi allora esistenti
nella regione.
Le cose restarono cosi per un secolo.
Avutasi una nuova riorganizazzione
amministrativa e religiosa verso la
fine del secolo IX, le Metropoli
divennero due (Reggio e Santa
Severina) e le Diocesi si
moltiplicarono sensibilmente, con
l’aggiunta di una diecina di Chiese di
nuova erezione.
In questo duplice assetto non figurano
Chiese autonome in Calabria e non ne
figureranno durante tutta la
dominazione bizantina: l’autonomia
invece (diretta soggezione alla S.
Sede) si avrà con l’avvento dei
Normanni e sarà applicata su larga
scala.
E’ perciò un dato di fatto che anche
la Chiesa di Cassano fu costituita,
fin dalla fondazione, quale
suffraganea di Reggio, alla stessa
maniera di Rossano, di Nicastro, di
Bisignano e di Amantea.
L’Autore della “Chronaca Trium
Tabernarum” nota, a tale proposito,
che Cassano, malgrado fosse "caput
omnium ecclesiarum Lucaniae" (e non so
dove abbia attinto una notizia tanto
peregrina), nondimeno era tenuta alla
soggezione del Metropolita di Reggio.
Cassano però occupava la parte estrema
della Calabria, la quale per lungo
tempo è stata zona di contestazione
tra Greci e Longobardi. Il cambiamento
di regime politico comportava con sé
la soggezione religiosa.
Difatti nel secolo VIII i Vescovi
della Valle del Crati potevano
partecipare ai Sinodi Romani, perché
erano sudditi dei Longobardi; non lo
potvano gli altri, perché sudditi del
Patriarca di Costantinopoli.
Quando poi, nel 976, fu costituita la
Provincia ecclesiastica di Salerno, il
Papa vi incluse anche le Diocesi della
Valle del Crati, cioè Cosenza, Malvito
e Bisignano. La posizione resta
invariata nelle varie conferme
successive, dalla Bolla di Giovanni XV
del 25 marzo 944 fino a quella di
Leone IX, del 22 luglio 1051, in cui
le tre Diocesi suddette vi compaiono
invariabilmente.
Ma nel 1051 i Normanni erano già nella
Valle del Grati e avevano iniziato le
operazioni militari contro i
Bizantini, che si ritiravano verso la
Calabria meridionale, fortificandosi
in Reggio, che cadde nel 1061, e in
Squillace, che cadde dopo qualche
mese, permettendo al presidio
bizantino di prendere il largo e di
veleggiare definitivamente verso
Costantinopoli.
I Normanni, conquistata la Calabria,
ne iniziarono la rilatinizzazione,
sottraendo le sue Chiese alla
dipendenza del Patriarca di Bisanzio e
sostituendo gradatamente i vescovi
greci con vescovi latini, man mano che
se ne porgeva l’occasione.
La Valle del Crati, conquistata per
prima dai Normanni, fu anche la prima
ad essere rilatinizzata e sottratta
alla dipendenza di Bisanzio. E qui la
cosa si potè effettuare celermente e
senza contrasti, perché in essa il
grecismo era meno radicato che nel
resto della Calabria, data la sua
posizione di zona di confine, per
diverso tempo soggetta ai Longobardi.
Cosi vediamo comparire la prima novità
nella Bolla di Stefano IX, del 24
marzo del 1058, con cui si confermano
all’Arcivescovo di Salerno i diritti
metropolitici su tutti i vescovati
della Valle del Crati, che non sono
più i tre tradizionali (Cosenza,
Malvito e Bisignano), ma vi si
aggiungono quelli di Martirano e di
Cassano.
In tal modo la Chiesa di Cassano,
dichiarata suffraganea della Metropoli
greca di Reggio dal Patriarca di
Costantinopoli, dopo meno di due
secoli fu aggregata alla Metropoli
latina di Salerno, malgrado il suo
carattere di chiesa bizantina. Ma
questo provvedimento aveva un
carattere di temporaneità, perché in
quell’anno i Normanni erano saldamente
padroni della Valle del Crati, mentre
non avevano ancora conquistato Reggio.
Difatti le cose cambiarono, anche in
campo religioso, quando la conquista
della Calabria divenne totale.
Con l’avvento dei Normanni la
situazione religiosa della Calabria
subisce una profonda trasformazione.
Reggio, che nella Notitia HI del Si/necdemus
figura con ben 13 suffraganee, intorno
al 1080 non ne aveva che 5: Tauriano e
Vibona erano sparite e, al loro posto,
era subentrata la nuova Diocesi di
Mileto, immediatamente soggetta alla
S. Sede; Amantea era stata soppressa e
il suo territorio aggregato a Tropea;
Nicotera non figura affatto. Ma la
trasformazione più vistosa si era
verificata proprio nella Valle del
Crati, dove Rossano si era dichiarata
Arcivescovato fin dalla metà del
secolo X; Cosenza si era autoeretta in
Metropoli, con Martirano per
suffraganea; Bisignano e Malvito, cui
fu aggiunta San Marco, eretta in
Diocesi da Roberto il Guiscardo,
furono dichiarate immediatamente
soggette alla S. Sede.
In tal modo, tutte le Diocesi della
Valle del Crati erano state sottratte
alla giurisdizione del Metropolita
reggino, ad eccezione della sola
Cassano, che era stata dichiarata
suffraganea di Salerno nel 1058.
Questo però per poco tempo. Reggio
infatti, divenuta soggetta ai Normanni
e passata al rito latino, non
desisteva dal reclamare la soggezione
di Cassano, ad essa aggregata fin
dalle origini; Salerno da parte sua
faceva la stessa cosa, appoggiandosi
sulle Concessioni papali. Si comprende
perciò l’imbarazzo della Santa Sede,
premuta dalle due parti proprio mentre
il Vescovo di Cassano, di nome Sasso,
figurava nientemeno che Vicario del
Papa Urbano II in Calabria.
Se la questione non fu risolta dallo
stesso Urbano II, lo fu di certo dal
suo successore Pasquale II
(1099-1118), il quale "episcopum et
ecclesiam Cassanensem ab omni
iurisditione, superioritate, dominio,
potestate et visitatione archiepiscopi
Rhegini pró tempore existentis, sui
olim metropolitani, eximit et sub
beati Petri protectione suscipit",
cioè gli concedeva il distacco dalla
soggezione al Metropolita reggino e lo
dichiarava immediatamente soggetto
alla S. Sede. Cosa che fu pure
confermata da Callisto II
Contemporaneamente vengono aboliti i
diritti metropolitici di Salerno sulle
diocesi della Valle del Crati, ad
eccezione di Malvito, che fu
confermato all’Arcivescovo Alfano "propensiori
affectu" e per di più "salvo de cetero,
si quod habet, Sedis Apostolice
privilegio". Difatti poco dopo anche
Malvito otteneva l’autonomia.
La stessa cosa risulta dal Provinciale
del tempo di Innocenzo II (1130-1143),
in cui le Diocesi calabresi
immediatamente soggette sono nove,
cioè Cassano, Bisignano, Rossano,
Cosenza, Mileto, Nicastro, Tre
Taverne, Squillace e Malvito.
Reggio però non si rassegnò alla
perdita di Cassano come sua
suffraganea e le sue insistenze
finirono col piegare il Papa a
riportare le cose allo stato
primitivo.
Sappiamo infatti che il Papa Eugenio
III (1145-1154) confermò i diritti
metropolitici di Reggio; ma la
relativa Bolla non esiste più. Perciò
non possiamo sapere se, nel novero
delle suffraganee, figurava anche
Cassano; cosa che sembra molto
probabile, dato che il Papa Alessandro
III confermò i diritti metropolitici
di Reggio, come avevano fatto i suoi
predecesso¬ri. E difatti nella Bolla
di questo Papa, del 19 novembre 1165,
le suffraganee di Reggio vengono
enumerate in quest’ordine: Trapelano (Tropea),
Neocastren (Nicastro), Stilano (Squillace),
Cassanen, Boven, Ceratine (Gerace),
Opensi (Oppido) e Crotonensi.
Questa soggezione viene confermata
anche dal Provinciale Vetns di Albino,
che è di poco posteriore alla Bolla di
Alessandro III.
Senonché, alla distanza di appena
qualche anno, un importantissimo
documento della Camera Apostolica, il
Liber Censuum Romanae Ecclesiae,
compilato da Cencio Camerario - Cencio
Savelli, poi Papa Onorio III -verso il
1192, considera come appartenenti al
Papa, cioè immediatamente soggetti
alla S. Sede, le Diocesi calabresi di
Cassano, Bisignano, Nicastro, Tre
Taverne, Squillace, Mileto e San
Marco, oltre le sedi arcivescovili.
Non conosciamo le vicende, alle quali
andò soggetta la questione durante il
secolo XIII; ma sappiamo che, alla
distanza di poco più di un secolo
dalla redazione del Liber Censuum,
Cassano risulta ancora "censuale SS.
Romane Ecclesiae", come da Bolla di
Bonifacio Vili del 1303.
Senonché, un trentennio dopo e
precisamente il 24 ottobre del 1334,
il Papa Giovanni XXII, confermando
l’elezione di Landolfo Vulcano a
Vescovo di Cassano, dice che questi
era stato eletto "per viam Scrutimi et
a Petro Archiepiscopo Regine, loci
Metropolitano, confirmatus".
Ritornavano cosi alla ribalta i
diritti metropolitici di Reggio, ai
quali i Vescovi di Cassano sono stati
tenacemente contrari.
Difatti i successori di Landolfo
Vulcano non li hanno voluti
riconoscere; per cui, da parte
dell’Arcivescovo di Reggio ci fu un
ricorso al Papa Urba¬no V, il quale -
con Bolla del 15 febbraio 1368 -
comandò a Giovanni Papasidero, Vescovo
di Cassano, di prestare la consueta
soggezione al Metropolita di Reggio.
Cosa che il detto Vescovo si sarebbe
obbligato ad osservare con giuramento,
alla presenza di Dionigi, Arcivescovo
di Mes¬sina, di Bernardo, Vescovo di
Marsico, e di due Canonici reggini,
procura¬tori dell’Arcivescovo.
Ma ecco che, alla distanza di meno di
un secolo, il Papa Nicolo V, con Bolla
del 5 dicembre del 1454, decide che il
Vescovo di Cassano sia esente dalla
giurisdizione dell’Arcivescovo di
Reggio, basandosi sulle concessioni
fatte dai Papi Pasquale II e Callisto
II Scrivendo infatti all’Abate di S.
Maria di Acquaformosa, cosi si
esprime:
" Sane pró parte venerabilis fratris
nostri Joachim, episcopi Cassanen
nobis nuper exhibita petirio
continebat, quod olim felicis
recordationis Paschalis secundus et
Callixtus secundus Romani Pontifices,
praedecessores nostri, Episcopatum et
Ecclesiam Cassanen ab omni
iurisdictione superioritate dominio
potestate et visitatione Archiepiscopi
Reginen prò tempore existentis, sui
olim Metropolitani, per ipsorum
praedecessorum litteras, perpetuo
exemerunt et totaliter liberaverunt ac
sub Beati Petri et Sedis Apostolicae
protectione susceperunt, prout in
prefatis letteris etc. ". Per cui il
Papa incarica il suddetto Abate di
accertarsi del contenuto delle
con¬cessioni pontificie e, se
l’esposto corrisponde a verità,
confermare nuova¬mente la concessione
apostolica.
Ma dovettero intervenire le proteste
del Metropolita di Reggio; perché,
alla distanza di meno di cinque anni,
a Roma fu istituito un tribunale, per
definire la controversia. E questo
emise sentenza sfavorevole al Vesco¬vo
di Cassano, che è stata riassunta dal
Papa Pio II nella Bolla "Disponen¬te
Domino", del 21 gennaio del 1459, in
cui stabilisce che "prò Antonio,
Archiepiscopo Rhegino, stat jus
Metropoliticum etiam in Joachim,
episcopum Cassanen".
Questa decisione trova conferma nel
Provinciale del 1482, in cui si legge:
Archiepiscopus Reginus ìiabet hos
suffraganeos: Locren, Cutronen,
Cassanen, Giraccn, Nencastren, Catacen,
Tropien, Boven, Aquilacen. Cosa che si
ripete ancora nel Provinciale di Leone
X.
Senonché, nella prima metà del secolo
XVI, la Chiesa di Cassano fu data in
commenda o amministrazione a diversi
Cardinali di Curia. Sem¬brava perciò
poco dignitoso che dei Cardinali, che
a Roma erano molto potenti, come si
legge nel Breve di Pio V del 1565,
fossero soggetti alla giurisdizione
metropolitica dell’Arcivescovo di
Reggio. Di qui il privile¬gio
dell’esenzione personale, concesso al
Cardinale Cristoforo Jacovacci (Giacovazio)
da Clemente VII nel 1529 e rinnovato
al suo successore, Durante de Duranti,
il 9 luglio del 1543, da Paolo III.
Tutto ciò dimostra che, per tutto il
Medioevo, fino al Concilio di Trento,
la Chiesa di Cassano è andata soggetta
ad alterne vicende, passando dalla
soggezione all’autonomia e da questa a
quella con vertiginosa celerità. Né si
può dire che la questione possa
considerarsi come definitivamente
risolta, come vedremo a suo luogo!
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