Il 2 febbraio ricorre la Festa liturgica della Presentazione del Signore e nello stesso giorno celebriamo la Giornata Mondiale della Vita Consacrata, istituita da Giovanni Paolo II, nel 1997. Quest’ anno tale giornata illuminata dalla luce giubilare della speranza, si presenta come un’ulteriore opportunità per riflettere sull’attuale momento che sta attraversando con le sue luci e le sue ombre, i suoi problemi e le sue provocazioni.
Viene subito spontanea una domanda: quale speranza per la vita consacrata oggi?
Premetto che parlare della vita consacrata è come guardare un paese innevato: c’è, non si vede bene, si intravede qualcosa…Cercando metaforicamente di voler spazzare un po’ di neve, si evidenziano, purtroppo, problematiche riguardanti cambiamenti culturali e sociali, vasti e radicali, che hanno innescato una forte trasformazione sociale i cui riflessi si sono ripercossi negativamente anche sulla vita consacrata rendendola rispetto al passato, più estranea al mondo di oggi.
L’individualismo radicale, la cultura del narcisismo, il relativismo etico, il vuoto di senso, il pragmatismo, la difficoltà di progettare la propria vita assumendo scelte definitive, il disagio, specie per le generazioni più giovani, di definire la propria identità sono alcuni dei mutamenti che hanno condotto alla veloce trasformazione della società.
All’interno di tali mutamenti culturali si evidenziano poi, una serie di cambiamenti nell’ambito più strettamente religioso, come il crescente analfabetismo religioso dei giovani, una vera e propria eclissi del senso morale, una scarsa trasmissione della memoria storica, l’indifferenza diffusa per le domande radicali, il senso del provvisorio, la scissione interiore tra razionalità, dimensione affettivo-emotiva e vita spirituale.
Tutto ciò rende la vita consacrata non solo più difficilmente comprensibile a chi la guarda dall’esterno, ma anche più ardua da praticare per chi l’assume come scelta totalizzante della propria esistenza perché la cultura del provvisorio e dell’effimero, non simpatizza per scelte che abbiano il carattere della totalità e della radicalità. Ovviamente non è incoraggiante e richiede una notevole solidità interiore, per chi sceglie la vita di consacrazione, avvertire attorno alla propria scelta non più il consenso, la stima di altri tempi, ma la crescente incomprensione o anche solo l’indifferenza.
A tutto ciò si aggiunge la crisi delle opere che, spesso prestigiose e dotate di grandi strutture, sono ormai sentite più come un peso che come un valido mezzo di apostolato. E se nel passato rappresentavano dei luoghi di attrazione vocazionale, oggi vengono apprezzate esclusivamente per i servizi che offrono e non perchè sono trasparenza di un carisma.
Inoltre i problemi legati alla gestione delle opere si ripercuotono negativamente anche sulla comunità che conduce l’opera, perchè su di essa riversa le sue energie e risorse umane, spirituali e carismatiche, quasi svuotandosi, portando i religiosi a porsi domande profonde, che riguardano non solo il come essere, ma il chi essere e il perchè esiste la vita consacrata. Tali domande creano incertezze e disorientamenti interiori e forse spiegano anche, assieme ad altre cause, il perchè della diminuzione delle vocazioni.
Per restare in metafora, nasce dunque l’esigenza di spazzare un po’ di neve da tale scenario…, di ridirsi come consacrati, di ricomprendersi, di ritrovare l’essenziale per poter continuare a sperare in un futuro che motivi l’esserci nella Chiesa e nel mondo.
Al momento non sembra molto chiaro se la crisi che la vita consacrata sta attraversando, si presenta come crescita, foriera di stagioni primaverili, gestazione di qualcosa di nuovo che sta per nascere, oppure come qualcuno afferma, è una crisi il cui rinnovamento iniziato con il concilio Vaticano II, continua a essere una lunga alba che non riesce a far spuntare il giorno. Si intuiscono molte cose, se ne evidenziano altre, ma la coltre di neve è ancora densa e impedisce di vedere un chiaro profilo del futuro.
Incoraggianti, invece, si pongono le spinte di Papa Francesco, i venti sinodali e giubilari perché sembrano soffiare positivamente sulla innevata vita consacrata lasciando intravedere forti semi di speranza. E’ emersa infatti, negli incontri dell’Unione Superiori Generali e del Sinodo, quella che potrebbe essere la parola chiave, riassuntiva dell’impegno chiesto alla vita consacrata, oggi: guardare al rinnovamento nel duplice significato di ritorno alle fonti e di corretto adattamento alle mutate condizioni del tempo attraverso una adeguata risposta ai segni che lo Spirito pone in luce.
Al di là del dibattito pro e contro, si può affermare che è comunque viva la speranza per voler tentare strade nuove per un diverso e fruttuoso avvio della vita consacrata… “perchè la Chiesa ha bisogno dell’apporto spirituale e apostolico di una vita consacrata rinnovata e rinvigorita..” (V.C. 13)
Papa Francesco afferma “la speranza non delude, è sempre lì, silenziosa, umile, ma forte” e grazie alla sua spinta, lo Spirito sembra illuminare la ricerca orientandola verso alcune essenziali esigenze di rinnovamento che si potrebbero quantificare in tre importanti capisaldi: Primato di Dio, Missione e servizio, Comunità.
E’ assolutamente necessaria una reale opzione per la fede, per il primato di Dio e per una vita spirituale solida e profonda da parte dei consacrati, opzione da cui dipendono la fecondità apostolica, la generosità nell’amore per i poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni. Infatti è proprio la qualità spirituale della vita consacrata che può scuotere le persone del nostro tempo, anch’esse assetate di valori assoluti, trasformandosi così in affascinante testimonianza.
Non basta pensare al rinnovamento della vita consacrata in termini di interventi sulle strutture in cui essa si esprime, i tempi e le forme della preghiera, lo stile della vita fraterna, la quantità e il tipo di opere da portare avanti, la gestione dei beni economici, le varie attività di animazione. Ciò che va cambiato è prima di tutto lo spirito, la radice, la mentalità di fondo dove Dio ha il primato nella vita di chi sceglie di seguirlo con una particolare consacrazione.
La vita consacrata, inoltre, è chiamata essenzialmente alla missione e al servizio, ad essere viva nella Chiesa, a sporcarsi le mani in questo mondo complesso, meno uniforme, difficile da capire con preferenza nella scelta delle periferie, dei poveri di coloro che sono considerati lo scarto della società. Alle origini di ogni nuova comunità religiosa, al momento della sua fondazione, ci sono pochi membri poveri, deboli, sconosciuti. Con gli anni, questa piccolezza spesso si è trasformata in grandezza e in ostentazione. Si è scelta l’opzione per i poveri, ma non si è stati più poveri. Oggi le circostanze riportano i religiosi alla piccolezza delle origini, infatti si è pochi, deboli e poveri, non si ha un futuro assicurato, come non l’hanno neppure i poveri. Non si possono offrire alle giovani vocazioni, sicurezza e complete garanzie, si può, invece promettere loro una grande avventura evangelica, aperta al futuro e al soffio dello Spirito.
Infine, ma non ultimo l’appello a una comunità che deve tendere alla fraternità evangelica e in cui si condivide prioritariamente la ricerca del primato di Dio, la missione, il servizio e la vita comune con i fratelli o le sorelle.
Pur nella ricerca di percorsi comuni, e soprattutto comunitari, sarà necessario che si rispettino le diverse risorse, le esigenze, i desideri, senza creare spaccature. Si deve accettare che vi siano velocità differenti.., e questo significa anche guardare con benevolenza che vi sia chi sperimenta, chi tenta cammini nuovi, anche sbagliando, chi elabora progetti più impegnativi.
Con tali premesse, la vita religiosa entra nella prospettiva di un cammino di sinodalità gettando alle spalle privilegi e aristocrazie economiche, culturali e spirituali, per inserirsi nel santo popolo di Dio che ha ricevuto lo Spirito. Non si tratta di rinunciare alla propria identità carismatica, ma di condividerla con altri, senza chiesuole e senza elitarismi. Diventa allora missione condivisa con il popolo di Dio, nel dialogo su ciò che riguarda tutti, dove tutti sono in cammino per la realizzazione del Regno di Dio.
Per citare un esempio di novità, faccio riferimento ad una realtà non trascurabile, ma da approfondire e capire meglio, riguardante le nuove esperienze di comunità consacrate che guardano avanti, più che al passato, non identificandosi in formule antiche e codificate dalla Chiesa. Non sono Ordini, né Congregazioni religiose, né Istituti secolari o Società di vita comune. Al centro c’è il desiderio di tornare all’esperienza degli Atti degli Apostoli e quindi alla comunità di vita, mettendo da parte le distinzioni e le strutture giuridiche che precedentemente costituivano uno dei pilastri della vita consacrata. La principale caratteristica è che sono miste, dove uomini e donne vivono e pregano insieme, mettono in comune le loro risorse, sono insomma, comunità che, bene o male, hanno cercato di individuare e tracciare un nuovo cammino.
A questo punto sembra utile domandarsi quanto si è pronti ad accogliere lo Spirito in azione che chiude alcune porte e ne apre delle altre? Sarebbe cosa buona, discernere se le strutture attuali della vita religiosa rispondano ai segni dei tempi. Forse lo Spirito invita a chiudere le porte di una vita religiosa numerosa, potente, forte, di élite, autosufficiente e autoreferenziale, e aprirne altre con uno stile di vita più evangelico e povero, più conforme ai segni dei tempi, stile favorito dall’impegno di papa Francesco per la riforma della Chiesa.
Il Papa sogna una Chiesa dalle porte aperte, accogliente, un ospedale da campo, una Chiesa in uscita, per portare a tutti la fede e per avviarsi verso le periferie esistenziali e geografiche dove la gente vive e soffre. Una Chiesa che odori di pecora, che sia misericordiosa, e non autoreferenziale, ma sinodale. Una Chiesa in cui i poveri siano un luogo teologico privilegiato.
Sullo stesso binario deve viaggiare la vita consacrata se desidera veramente rinnovarsi e alimentare la speranza in un nuovo futuro.
Il Papa afferma che la speranza non delude e forse, osservando i segni dei tempi e aprendosi al soffio dello Spirito, tra il profumo dell’incenso del Primato di Dio e l’odore di pecora del mondo…, la coltre di neve sulla vita consacrata, potrebbe iniziare a sciogliersi, dando vita a quella nuova schiera di profeti scelti dal Signore “per stare con lui” per poi “mandarli nell’ospedale da campo”, ad aiutare questo mondo ferito, “a guardare con rinnovata fiducia alle grandi sfide che li attendono e a incamminarsi su una strada di gioia e fraternità, verso un futuro in cui si possa ancora sperare, insieme”.
Cassano allo Ionio, 2 Febbraio 2025
Festa della Presentazione del Signore
XXIX Giornata Mondiale della Vita Consacrata
✠ Francesco
Vescovo di Cassano all’Jonio
Vicepresidente Conferenza Episcopale Italiana