I  DOMENICA  DI  QUARESIMA  (anno A)

I  DOMENICA  DI  QUARESIMA  (anno A)
25-02-2023

Gn 2, 7-9; 3, 1-7; Sal 50; Rm 5, 12-19; Mt 4, 1-11

 

26  Febbraio  2023

 

Il tempo liturgico della Quaresima è un tempo veramente significativo perché ci invita a mettere ordine nella nostra esistenza, conoscendo sempre meglio noi stessi per un cammino reale e vero di conversione.

Quest’anno le letture delle Domeniche di Quaresima sono quelle chiamate del “ciclo A”, un ciclo di grande valore spirituale e rivelativo. Ascolteremo, infatti, le letture bibliche che, nella Chiesa antica, corrispondevano alle ultime battute del cammino catecumenale di coloro che avrebbero ricevuto il Battesimo alla fine della Quaresima, nella notte di Pasqua.

La prima tappa di questo cammino ci conduce sul terreno oscuro e scivoloso della “tentazione”, un essere messi alla prova, a cui Adamo soccombette e a cui Gesù oppone la forza di rivolgersi alla Parola del Padre, di Dio, “sta scritto”, offrendo così ad ogni discepolo la possibilità di affrontare le tentazioni, di superarle e di andare oltre, fidandosi del “dono della grazia” di cui ci parla nella seconda lettura l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani.

“La tentazione parte dal cuore dell’uomo e, paradossalmente, nel racconto del Libro della Genesi, prende l’avvio da una parola di Dio che pone un limite (“potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiarne” Gen 2,16-17); nasce come frustrazione e manifesta così una terribile tendenza dell’uomo: se è privato di una cosa si sente privato di tutto; Eva, nel testo che oggi si ascolta, afferma che quel frutto non si deve neanche toccare, cosa che Dio non aveva affatto detto. Il divieto diviene un limite insopportabile. Capiamo bene che il peccato, nel cuore dell’uomo, agisce come rifiuto del limite e come stolta dichiarazione di volontà di onnipotenza; in seconda istanza, la pagina di Genesi ci dice che il peccato, e prima la tentazione, nel cuore umano giocano sulla paura della morte” (padre Fabrizio Cristarella Orestano).

Adamo, l’uomo, si lascia vincere dalla tentazione perché si illude che la via del potere, del possesso, dell’abuso sull’altro, lo facciano crescere nella vita. In realtà non è così perché l’uomo si trova incatenato nella sua stessa rete che, invece di dargli la vita, lo porta alla morte. È proprio questa l’esperienza che “Adam” fa nel giardino dell’in-principio.

Lo dichiara con chiarezza la Lettera agli Ebrei quando dice che Cristo ha “ridotto all’impotenza colui che della morte ha il potere, il diavolo, liberando così gli uomini che, per paura della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (cfr. Eb 2, 14-15).

La Liturgia, in questa Iª Domenica di Quaresima ci presenta Gesù che non rimuove la tentazione ma decide di attraversarla, prendendola su di sé.

Gesù sa che la tentazione nasce e si sviluppa nel cuore dell’uomo e va ad affrontare questa verità che riguarda tutti gli uomini nel deserto che è il luogo tipico della tentazione perché è un luogo di verità “in cui, rimanendo solo con se stesso, l’uomo impara a conoscere questa dinamica di tentazione che è dentro di lui e non fuori; l’aggressione del male non viene da fuori ma da dentro. Gesù lo insegnerà con chiarezza quando dirà: “è dal cuore degli uomini che escono le intenzioni cattive” (cfr Mc 7, 21); nel deserto si resta soli con questo cuore e si capisce che il nemico è lì, nel proprio cuore. Lì bisogna lottare. Lo compresero molto bene i Padri del deserto a partire da Antonio il Grande che, nel deserto, impareranno una grande sapienza che parte proprio dalla conoscenza delle dinamiche del cuore umano” (padre Fabrizio Cristarella Orestano).

Confrontiamoci responsabilmente con le tre tentazioni.

La prima riguarda il pane.

“Se sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane” (Mt 4, 3): il diavolo riconosce a Gesù la sua figliolanza divina e la mette alla prova chiedendogli qualcosa di eccezionale, non messianica. Ma Gesù risponde appellandosi alla Sacra Scrittura, alla Parola di Dio, del Padre: “Sta scritto: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»”. Gesù supera la tentazione e va oltre in obbedienza totale alla Scrittura.

La seconda tentazione è quella del “punto più alto del Tempio”, del pinnacolo. “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: «Ai suoi angeli darà ordini al tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra»” (Mt 4, 6).

Il tentatore, il diavolo, cita ancora una volta la Sacra Scrittura, strumentalizzandola e omettendo qualcosa del testo della Sacra Scrittura per intrappolare Gesù e farlo cedere.

Anche in questa seconda tentazione Gesù fa appello alla Parola del Padre, “Sta scritto anche: «non metterai alla prova il Signore Dio tuo»”, e pur sapendo di poter contare sugli angeli, Gesù non vuole piegare la volontà del Padre a questa proposta del diavolo.

“Nella terza tentazione Gesù è condotto su un alto monte e il diavolo gli mostrò i regni di questo mondo e la loro gloria. Questo monte, quello della Trasfigurazione, e nella scena finale del Risorto sono in collegamento, con il Tabor che unisce l’inizio del ministero alla consegna finale ai discepoli di portare la sua parola” (Ernesto della Corte).

Gesù per la terza volta, citando il Deuteronomio, rifiuta: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: «Il Signore, Dio tuo, adorerai: a Lui solo renderai culto»”.

Le tre tentazioni subite da Gesù sono tre proposte che attengono ad un modello di Messia opposto a quello che incarna Gesù: “..il demonio gli chiede di scegliere un messianismo economico (trasformare le pietre in pane); poi quello spettacolare, quasi una magia (calarsi dal punto più alto del tempio, il pinnacolo); infine quello politico (la sovranità su tutti i regni della terra)” (Ernesto della Corte).

Le tentazioni, che consistono nell’essere messi alla prova circa la fedeltà al progetto di Dio, hanno toccato Gesù ma toccano ogni giorno la nostra vita, soprattutto sul modo di concepire sulla terra l’esistenza umana: la vita come un affaticarsi per impossessarsi, impadronirsi, e quindi sottrarre all’altro, oppure la vita come apertura e accoglienza dei doni da ricevere e accettare.

“Non siamo dunque chiamati a rinunciare al pane, ma ad accoglierlo come dono. Non siamo chiamati a piegare Dio (ecco il “magismo” dei nostri giorni), ma a realizzare la Sua volontà che ci libera. Non siamo chiamati a esercitare il potere, ma a servire i fratelli come Cristo e nella stessa sua misura. È così che passa il Regno di Dio e noi passiamo nella vita definitiva” (Ernesto della Corte).

Il racconto delle tentazioni ci viene donato per ricordarci che tutto il cammino quaresimale è un invito a “mangiare la Parola di Dio”, che ci consente di vigilare sui nostri egoismi, sulle pretese smodate del nostro ego, e di vincerle, convertendo il nostro cuore, rendendoci più veri e autentici secondo il progetto di amore di Dio.

Mirabili in sant’Agostino le considerazioni sulla vittoria di Cristo. “Leggevamo ora nel vangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l’umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria. Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato; perché non consideri che egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato” (dal “Commento sui salmi” di sant’Agostino vescovo, salmo 60, 2-3; CCL 39, 766).

La Parola, dunque, è donata a noi uomini e donne perché comunica per farci crescere e acquisire valori, ma soprattutto per aiutarci a guardare il valore.

In questo tempo così complesso nel quale spesso le tante parole diventano chiacchiericcio e menzogna, urge la Parola, con la P maiuscola, quella di Dio, che dà senso e gusto al nostro dialogo umano, senza cedere alla banalità.

Buona I Domenica di Quaresima.

   Francesco Savino

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