I discepoli, che l’Evangelista Marco definisce “apostoli”, inviati, ritornano da Gesù, che li aveva abilitati alla missione. Tornano da Lui per stare con Lui. Gli riferiscono tutto quello che avevano fatto e insegnato, azioni e parole, che avevano imparato stando con Lui, vivendo con Lui. Il servizio missionario degli Apostoli consisteva nell’annuncio del Regno di Dio veniente, nella conversione necessaria come risposta all’annuncio e in uno stile, una prassi di umanità autentica che si concretizzava soprattutto nell’accogliere le persone e nel dare loro speranza, liberandole da ogni forma di oppressione. È veramente bello questo dialogo tra Gesù e i suoi amici, gli Apostoli, un dialogo fatto di condivisione di gioie e di fatiche, di fallimenti e di risultati. Gli Apostoli manifestano la loro stanchezza e Gesù, che era venuto a conoscenza della decapitazione di Giovanni, il suo rabbì, decide di prendere un po’ le distanze da ciò che lo impegnava o lo affaticava e dice ai suoi: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. È un invito quello di Gesù pieno di attenzioni, di tenerezze e di sollecitudini per i suoi, ma al tempo stesso Gesù sente il bisogno necessario di fare discernimento sulla sua missione, soprattutto ora che Giovanni il Battista, con la sua morte violenta, diventa precursore anche del suo futuro. L’Evangelista Marco annota, puntualmente, che quelli che andavano da Gesù erano talmente tanti che non avevano il tempo, Lui e i suoi discepoli, neanche di mangiare. È significativa questa decisione di Gesù anche per noi: ci sono dei momenti nella vita nei quali occorre “prendere le distanze da ciò che si fa, occorre uscire dall’agitazione delle moltitudini, dal rumore delle folle, da quel turbinio di occupazioni che rischiano di travolgerci. Lavorare, impegnarsi seriamente con tutta la propria persona è necessario ed è umano, ma lo è altrettanto la dimensione della solitudine, del silenzio, della quiete. Se noi sentissimo nel nostro cuore questa chiamata: “Fuggi, fa’ silenzio, cerca quiete” (Detti dei padri del deserto, Serie alfabetica, Arsenio 2), saremmo certamente più disponibili a trovare un “luogo deserto”, uno spazio solitario in cui pensare, meditare, ascoltando il silenzio, il nostro cuore, la voce di Dio che cerca di parlarci nel nostro intimo più profondo. Senza ottemperare a questa esigenza, si cade nella superficialità, ci si disperde, si finisce per vivere senza sapere dove si va”(E. Bianchi).
Il tentativo di Gesù e dei suoi di sfuggire alla folla e di trovare un po’ di solitudine e riposo, fallisce. Infatti scrive l’Evangelista Marco: “Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero”. Gesù allora, vedendo una grande folla che l’aveva raggiunto, non è preso dalla soddisfazione del successo, dal fatto che molta gente lo cercava e lo trova, ma è mosso in maniera viscerale dalla compassione per quanti tra di essa percepisce come “pecore senza pastore”, cioè allo sbaraglio, senza che si prenda cura di loro. Gesù, allora, resosi conto della situazione, ancora una volta si fa pastore buono della gente, se ne prende cura, insegnando loro molte cose. Questo Suo stile di compassione e di cura, è significativo e al tempo stesso illuminante per noi oggi: il primato nella nostra prassi di vita è la misericordia che si fa prossimo agli altri, prendendosene cura. Soprattutto noi, pastori di Diocesi e di comunità, dobbiamo interrogarci seriamente e responsabilmente facendo prevalere sempre in noi la cura, la vicinanza, l’empatia nei confronti delle persone, senza risparmiarci, gettando sempre il cuore oltre la siepe, per amore e soltanto per amore verso gli altri. Annota Enzo Bianchi: “Prima di dare il pane Gesù dà la Parola, per saziare gli uomini e le donne che lo seguono. Ma presto darà anche il pane, perché la sua tenerezza non riguarda solo la loro sete di Parola ma anche la loro fame di pane”.
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino