XXII Domenica del tempo ordinario anno B

Dt 4,1-2.6-8 Sal 14; Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23

01-09-2024

 

Riprendiamo in questa Domenica la narrazione del Vangelo secondo Marco, che nel testo di oggi ci mette in guardia dalla ipocrisia dei nostri comportamenti.

Nell’uomo di oggi, ma direi di sempre, c’è una grande illusione: la minaccia alla sua essenza proviene “da fuori”. Per esempio pensiamo alle stupide paure per l’altro, per il diverso, per lo straniero, paure queste che ci portano a chiuderci in noi stessi, nel nostro universo, nel nostro gruppo, nelle nostre identità nazionali, illudendoci che in questo modo ci sia salvezza e pace.

Gesù, invece, è radicalmente e responsabilmente convinto che ogni minaccia venga “da dentro”, dall’intimo dell’uomo, dal suo cuore, luogo di origine di tutti i mali, di tutte le impurità e di tutti i pericoli.

L’evangelista Marco annota queste parole sulle labbra di Gesù: “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”.

La minaccia, su cui bisogna vigilare sempre, è “da dentro”.

Mentre i farisei si preoccupano delle mani e si pongono il problema del puro e dell’impuro partendo da ciò che entra nell’uomo, Gesù si preoccupa del cuore e invita i suoi ascoltatori e interlocutori a non preoccuparsi delle mani ma del cuore (lev in ebraico), il luogo che identifica l’uomo, che lo fa essere ciò che è. Dal cuore bisogna guardarsi, non dall’esterno.

Sostiene padre Fabrizio Cristarella Orestano: “Dall’esterno proviene per il credente la Parola di Dio che indirizza le sue profondità. È quello che è fuori che prende possesso dell’uomo e lo conduce sulle vie di Dio; se l’uomo dovesse fidarsi dell’interno, mette in guardia Gesù, sarebbe condotto su vie di morte. C’è una Parola di salvezza che viene da Dio e che è seminata nel cuore, ha scritto Giacomo nel passo della sua lettera che oggi si ascolta; il cuore dell’uomo non è autosufficiente, non può darsi parole di salvezza; se si confida in se stessi, nel proprio cuore, nelle proprie capacità, si è perduti”.

La controversia sul puro e sull’impuro, secondo il Vangelo di Marco, ci costringe a porre con responsabilità la domanda circa il “fuori” ed il “dentro” a tutti i livelli.

Gesù rifiuta nettamente la religiosità che rende davvero impossibile la vita spirituale, trasformando l’adesione a Dio in una cappa di piombo, in tante prescrizioni da osservare, che costringono le persone a fuggire da Cristo e dalla Chiesa, quando il cristianesimo si riduce appunto in una serie di norme.

Ne I fratelli Karamazov, Dostoevskij fa dire al Grande Inquisitore a Gesù, prigioniero nelle sue carceri, queste parole di accusa: «Tu non scendesti dalla croce, quando per schernirti e per provocarti ti gridavano: “Scendi dalla croce, e crederemo che sei proprio tu!”. Non scendesti perché, anche questa volta, non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo, perché avevi sete di una fede nata dalla libertà e non dal miracolo. Avevi sete di amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti al padrone potente che lo ha terrorizzato una volta per sempre». Per l’Inquisitore sono parole di accusa perché per lui Gesù è stato un illuso a credere alla capacità di libertà dell’uomo. Gesù, invece, è proprio convinto che noi siamo capaci di libertà profonda, è venuto per portarci davvero a questi orizzonti infiniti di libertà (cfr. padre Fabrizio Cristarella Orestano).

Urge ed è necessario cercare lo spirito della legge e non la lettera della legge, anche se cercare lo spirito della legge è una fatica, mentre è più facile, direi anche tranquillizzante, fermarsi alla lettera, alle mere prescrizioni esteriori.

E Marco, con grande ironia, a proposito dei farisei dice che essi usano dare il “battesimo” alle stoviglie e ad altri oggetti, cioè si preoccupano di questo battesimo e non invece del battesimo di conversione che Giovanni Battista aveva chiesto. Avrebbero invece bisogno di guardarsi veramente dentro, di immergersi nel profondo di se stessi, per una conversione ad una vita autentica, bella, perché questo loro modo di fare, questa loro ossessione legalista, li rende ciechi dinanzi all’opera che Dio sta compiendo in Gesù, ciechi dinanzi ad una presenza di Dio che sta rivoluzionando tutto.

È al cuore che bisogna andare! Se non si va dentro di noi Dio non potrà realizzare il suo sogno di vicinanza, di liberazione della nostra vita.

“Mettersi alla ricerca dell’essenza significa impegnarsi a dire di fronte a ogni cosa e soprattutto di fronte ad ogni persona: «È bello che tu esista»” (Adrien Candiard).

Se ci fermassimo solo all’esteriorità, correremmo il rischio di non percepire questa bellezza e di non salvare la nostra vita che è desiderio pieno di amore e di felicità, nella libertà.

Buona Domenica.

 

   Francesco Savino

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