2 Re 5, 14-17; Sal 97; 2 Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19
9 Ottobre 2022
L’evangelista Luca, ancora una volta, ci dice che Gesù è in cammino verso Gerusalemme, e precisa che attraversa la frontiera tra la Samaria e la Galilea per scendere nella valle del Giordano.
Ancora un incontro: dieci lebbrosi, scarti della società, emarginati e condannati alla segregazione come impuri e maledetti da Dio e dagli uomini.
“Si fermarono a distanza e gli dissero ad alta voce: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!»”.
Secondo la legge i lebbrosi sono uomini che hanno il peccato scritto sulla pelle. Non è facile per noi capire la condizione del lebbroso in quel tempo perché abbiamo una concezione diversa della malattia.
“Nella Scrittura c’era una legge precisa per affermare l’immunità dalla lebbra nella vita quotidiana (cfr. Lv 13-14): il sacerdote, esaminata la piaga sulla pelle del malato, lo dichiarava impuro. Di conseguenza, il lebbroso doveva portare vesti strappate, tenere il capo scoperto, coprirsi con un velo la barba. Quando si muoveva doveva gridare: “Impuro! Impuro!”, e restarsene solo, abitando fuori del villaggio (cfr. Lv 13,45-46). Il lebbroso, dunque, era un vivo-morto, come uno a cui il padre aveva sputato in faccia (cfr. Nm 12,14)” (Enzo Bianchi).
“Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andarono furono purificati”: i sacerdoti erano coloro che erano incaricati dalla legge di diagnosticare la lebbra e attestare la guarigione da essa.
A differenza di altri episodi di guarigione, qui i malati non vengono toccati da Gesù, ma ricevono semplicemente l’ordine di andare a presentarsi ai sacerdoti.
La fede di questi uomini, la loro adesione a Gesù, causa la guarigione.
Tra quei dieci uomini lebbrosi guariti dalla malattia fisica, uno era samaritano, a differenza degli altri nove che erano giudei, dunque membri del popolo di Dio, santi per vocazione (cfr. Lv 11,44-45; 19,2, ecc.). I samaritani erano ritenuti scismatici ed eretici, il loro culto era considerato illegittimo, erano disprezzati come gruppo, ma proprio uno di essi, annoverato tra “quelli di fuori”, tra “i lontani”, non appena si vede guarito torna indietro e comprende che, essendo stato purificato dalla sua fede in Gesù, deve testimoniarlo, deve mostrargli gratitudine. Egli riconosce il peso, la gloria della presenza di Dio in Gesù, la grida a piena voce e si getta davanti a Gesù con la faccia a terra, come davanti al Signore. In tal modo mostra che la fede che lo aveva guarito è anche quella che lo salva. Questo lebbroso, samaritano, non prosegue più la strada per andare dai sacerdoti: torna da Gesù, glorificando Dio, perché ha compreso che non al tempio ma in Lui c’è la presenza di Dio e che da Lui può ricevere la salvezza, oltre che la guarigione. Gesù infatti gli dice:” La tua fede ti ha salvato”, non solo guarito! (cfr. Enzo Bianchi).
E Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»: Gesù è deluso, non perché gli altri nove non sono tornati a ringraziarlo, ma perché il loro cammino di fede si è fermato alla guarigione, senza accogliere la salvezza, cioè la grazia del Signore.
Dio in Gesù non ci offre solo la guarigione, ma la salvezza.
La guarigione fisica non coincide con la guarigione totale, integrale, con la salvezza. È veramente interessante ancora una volta constatare che accede alla salvezza uno straniero, un samaritano, uno fuori dal popolo di Dio, dal recinto ortodosso. Con questo racconto ancora una volta Gesù ci provoca demolendo molte certezze di noi cristiani perché riteniamo che soltanto nelle nostre chiese, nelle nostre comunità c’è la salvezza e non fuori dalle stesse.
Lasciamoci, in questa Domenica, convertire la mente e il cuore dall’incontro con Gesù, consapevoli di essere, sempre e comunque, dei malati guariti per grazia, dei peccatori perdonati e salvati per pura misericordia.
“Il più miserabile degli uomini viventi, anche se non crede più di amare, conserva ancora la possibilità d‘amare”(George Bernanos).
Buona Domenica.
✠ Francesco Savino