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APPUNTI DI STORIA DELL'ARTE

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La Chiesa Cattedrale di Cassano, dedicata alla Natività della Vergine, sorge ai piedi di una rupe, sulla cui sommità sono ancora visibili i resti di un castello che dalle strutture superstiti delle torri sembra risalire ai tempi della dominazione normanna e innalza la sua elegante facciata costruita in un sobrio barocco sotto il Vescovo Coppola nel 1795, bipartita in due ordini, ornati da decori in pietra e stucco. Sul coronamento si vede inserita una pregevole statua della Madonna col Bambino, che con l'altra di S. Pietro, posta oggi sull'ingresso laterale, risale ai tempi del Vescovo Marino Tomacelli (1491-1519), sotto il cui governo si ebbe la riconsacrazione della chiesa avvenuta il 3 maggio 1491 dopo lunghi anni di lavori iniziati sin dal vescovado di Gioacchino Suare (1440-1463), il quale riuscì ad ottenere dal papa Callisto III una bolla, datata il 17 novembre 1454, che garantiva l'indulgenza plenaria a coloro che avessero contribuito alla costruzione del Tempio. Il Suare fu poi il primo Vescovo ad essere sepolto nella chiesa in via di rinnovamento, dove ancora si può osservare la sua lapide tombale nella cappella di S. Giovanni.
Sulla piazzetta antistante insistono una graziosa fontana un tempo abbellita da leoni in pietra, forse facenti parti del monumento funerario di qualche illustre personaggio, o reggenti il protiro dell'antica cattedrale, attribuibili a ignoto artista della fine del XV secolo, se non, forse a Francesco da Sicignano, attivo in altri centri della Diocesi come Maratea e Laino Castello nei primi anni del '500, (attualmente sulla fontana, dopo il furto dei leoni originari sono state poste delle sculture di taglio moderno).
Il palazzo vescovile, più volte rifatto e ampliato, e la massiccia e imponente torre campanaria elevata in gran parte a cura del Vescovo Bonifacio Gaetani (1599-1613) del quale si vede lo stemma con l'iscrizione.
I tre portali immettono all'interno, ripartito in altrettante navate divise da pilastri e risultante dall'ultimo rifacimento avvenuto dopo un disastroso incendio che nel 1706 fece crollare gran parte del tempio - tranne l'area del presbiterio - che era stato già ampiamente ristrutturato, come si è detto, nel 1491 e ridecorato nel 1561.1 lavori, terminati nel 1722 sotto il presulato di Mons. Nicola Rocco (1707-1726), diedero al sacro luogo l'aspetto che ha ancora oggi, anche se la decorazione ad affresco venne portata a termine solo nel 1934-36 dal pittore Mario Prayer chiamato all'uopo dal Vescovo Bruno Occhiuto (1921-1937).
Nella navata centrale, ampia e solenne, dominata dalla ricca cantoria che sorregge un sontuoso organo in stile barocco, si mostra a sinistra l'altare della Madonna del Lauro, che racchiude in un fastigio marmoreo con gli stemmi della casa ducale dei Serra, un'antica immagine della Vergine dipinta su pietra e molto venerata dal popolo di Cassano, databile al XIV sec.
Appoggiata in una nicchia dell'altare si vede una preziosa statuetta in marmo della Madonna, simile nell'impostazione alla Madonna della Libertà del Duomo di Tropea assegnata dal Frangipane alla fine del XVI secolo e a Scuola Siciliana. La balaustrata, in elegante lavoro e traforo, ha invece gli stemmi di Mons. Gennaro Fortunato (1729-1751) alla cui munificenza si deve anche il bellissimo altare maggiore realizzato in preziosi marmi policromi, con sportello in argento con la figura simbolica del pellicano, e sormontato da un parato completo di candelabri e croce in bronzo dorato; l'altare è poi completato da una grande recinzione in marmo, il tutto fatto realizzare da Agostino Fortunato, marmoraio in Napoli e forse suo parente. Davanti all'altare maggiore è situato il trono episcopale, pure in marmi colorati, dovuto a Mons. Michele Bombini (1829-1871) il cui stemma compare anche sul fastigio marmo¬reo che ricopre la parete di fondo del coro, che contorna uno stupendo tondo con la Madonna della Purità, fatta lì collocare, secondo padre Francesco Russo dal Vescovo Fortunato in preziosa cornice in bronzo e lapislazzulì o, forse, fatto venire da Napoli, come credo, ai tempi di Mons. Gregorio Carata (1648-1664), teatino, il quale nel sinodo diocesano

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