Quaresima - Pasqua

Quaresima: La Gloria di Cristo nella “liquidità” del mondo, lettera del Vescovo | MATERIALE DA SCARICARE


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Copertine:
Adorazione Eucaristica

Liturgia penitenziale

Schemi di Catechesi 

Unzione degli infermi

 

 

 

 

LA GLORIA DI CRISTO NELLA “LIQUIDITÀ” DEL MONDO [SCARICA]

La Quaresima – Pasqua tra Rivelazione e Tradizione

Tutto il messaggio cristiano è contenuto nel Kerygma,  il nucleo centrale dell’annuncio della nostra fede (kerygma deriva dal greco keriùsso che significa annunciare con decisione) e che possiamo sintetizzare con le parole di Paolo: Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.(1Cor 11, 23-26).

Il kerygma cristologico ha trovato nel corso dei secoli uno sviluppo teologico e culturale intorno a due riferimenti essenziali: la Rivelazione, contenuta nella Scrittura, e la Tradizione, ossia l’autocomprensione e la coscientizzazione della Rivelazione alla luce dello Spirito Santo, dono del Cristo Risorto alla Chiesa (cf. Atti 2,1-3).

All’interno di tale sviluppo si situa tutta l’esperienza cristiana che struttura con le sue “forme culturali” le nostre comunità e i nostri riti.

In alcune espressioni i riti sono sinceri “volti” della pietas popolare che nutrono di interiorità e pathos la vita di fede ma anche “volti” di quella antropologia del sacro che il noto antropologo Renè Girard  ha definito icasticamente “sacro violento”.

I nostri riti e le nostre tradizioni devono necessariamente passare attraverso il discernimento della Chiesa e dei suoi pastori per riconoscere e decostruire i tratti del “sacro violento” in essi contenuti e tornare ad essere esperienze sincere di partecipazione al dramma che il kerygma cristologico contiene: il dramma della vittima innocente.

La Quaresima – Pasqua tra discernimento e urgenza dell’ “ora”

Nel messaggio alla comunità de “La Civiltà Cattolica” del 9 febbraio 2017, papa Francesco dice che questo nella Chiesa e nel mondo è il tempo del discernimento […] Il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente che conosce la via umile della cocciutaggine quotidiana, e specialmente dei poveri.

Il discernimento è il criterio teoretico ed operativo della vita cristiana come l’apostolo Paolo afferma nella prima lettera ai Corinzi: […] Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo. (1Cor 2, 10-16).

Il discernimento è la funzione operativa dell’uomo spirituale che gli impedisce di  costruire prassi astratte dal concreto esistenziale dell’hic et nunc.

Ma il qui ed ora dell’uomo, con tutto il suo carico di dramma e di speranza, è contenuto nell’urgenza del Cristo che non si è sottratto alla sua glorificazione attraverso la morte in croce e la risurrezione. Leggiamo nel Vangelo di Giovanni: […] Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. (Gv 17,1-11).

Emerge dalle parole di Gesù, in un testo conosciuto anche come preghiera sacerdotale perché costituisce il momento fondante del sacerdozio universale di tutti i credenti in Lui, una vera e propria teologia della Gloria.

E come non marcare subito l’evidente differenza tra la Gloria di Cristo e la gloria del mondo?

Oggi la gloria del mondo, cui Gesù non presta alcuna attenzione, ha perso ogni solidità, ogni struttura immodificabile ed immutabile; è diventata una gloria liquida che fa della propria liquidità il suo vero “punto di forza”. E’ proprio questa liquidità che consente alla gloria mundi, alla sua violenza menzognera, di penetrare nelle nostre coscienze e soprattutto nelle coscienze dei più giovani che ne sperimentano la pervasività annichilente.

Anche i corpi, oltre che le coscienze, diventano liquidi; infatti anche il sesso e i suoi usi non rispondono più ai principi “solidi” dell’identità metafisica dell’uomo ma diventano magmatici strumenti di desiderio.

Ma noi cristiani siamo consapevoli che solo la Gloria di Cristo, cioè la sua morte salvifica e la sua Risurrezione,  ci riscatta da questa violenza disumana su cui l’ordine culturale mondano si fonda. E ci apre ad una prospettiva di oltre-passamento: la Risurrezione, infatti, è la risposta  completa e definitiva del ristabilimento in Cristo, vero fondamento, di ogni cosa: della nostra identità prima di tutto, che viene risanata nelle sue profondità e di tutta la creazione “che attende” la notizia originaria della Rivelazione dei figli di Dio, come afferma san Paolo nella lettera ai Romani: la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. (Rm 8,19-23).

Che fare? Qualche indicazione pastorale

Definire, anche secondo il criterio della condivisione con le vicarie e la diocesi, un calendario di incontri e di celebrazioni liturgiche non può essere sufficiente. Anzi, suggerisco di tener presente che “il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando nella meschinità” (J. Ratzinger in E.G. 83). Dunque, per  cercare di evitare quel “relativismo pratico” da cui papa Francesco ci mette in guardia, in questo Tempo Forte della Chiesa, richiamo la necessità, direi proprio l’urgenza, di concentrare l’attenzione sul fondamento su cui poggiano le nostre comunità ecclesiali in ogni forma delle peculiari articolazioni.

Esse sono costituite da persone che abitano uno spazio definito geograficamente  non come kàtoikoi, cioè abitanti in senso esclusivamente sociopolitico, ma come pàroikoi, come accampati in terra straniera, come stranieri. La parrocchia, come ogni comunità cristiana, segna una marcata differenza rispetto agli altri gruppi territoriali.

“E se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri” (1 Pt 1, 17)

La prima lettera di Pietro presenta un itinerario catechetico per una revisione comunitaria che consenta di riscoprirci destinatari di un annuncio rivolto a tutti coloro che si riconoscono  “eletti sparsi come stranieri” (1 Pt 1, 1 gr.), “rigenerati” dalla grande “misericordia” di Dio che, mediante la resurrezione di Gesù Cristo,  sono chiamati alla “speranza viva per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”. Essa è “conservata nei cieli” per noi “che dalla potenza di Dio” siamo “custoditi mediante la fede”.

  1. Recuperare lo stare al mondo con responsabilità

Il simbolismo rituale con cui si apre la Quaresima richiama all’essenzialità, oggi più necessaria che mai. Deserto, digiuno e astinenza in vista del trionfo gioioso del mattino della Resurrezione, atteso e sperato nel Triduo pasquale, dispiegano in sintesi l’intera esistenza personale, sociale ed ecclesiale, invitando alla riflessione sulla corruttibilità e caducità di ogni essere vivente sulla terra. La legna bruciata è evocazione ed anticipazione della Pasqua: l’albero della croce è l’albero della vita, su cui viene rivelata la Gloria di Cristo. Il fuoco  purifica dall’orgoglio-autosufficienza e riconduce alla umiltà e all’austerità, molto più delle difficoltà economiche in cui moltissimi versano. L’accoglienza di Gesù, fondamento unico della nostra vita, ci libera dalla distruzione, dalla corruzione, dalla morte. Cristo è medicina di immortalità e di eternità. In tutto questo consiste la conversione che è svolta definitiva del proprio modo di pensare.

L’impegno personale e comunitario può essere puntualizzato, in questo periodo quaresimale, particolarmente, così:

Non gloriarti di te stesso: i talenti ti sono dati per servire. Non considerarti padrone di nulla: sei solo amministratore. Sii saggio e fedele. Apprezza il valore delle cose semplici e dei piccoli gesti quotidiani. Vivi il presente nell’impegno e nella speranza intravedendo nella ferialità l’eternità. Non temere la sofferenza in modo disperato.

Come? A cosa possiamo rivolgerci per verificare il nostro vissuto e decidere di cambiare stile di vita?

Un suggerimento antico per tradizione, ma attualissimo per i risultati sorprendenti che ciascuno può riconoscere in se stesso e nella propria comunità, se si assume comunitariamente:

Scegliere il deserto, cioè vivere la dimensione contemplativa come attenzione verso ciò che sembra mancare, come desiderio dei desideri, come riposo in Dio (dal latino ad tendo=mi volgo verso), vivere nella consapevolezza che Dio si prende cura di noi, ci conosce per nome, ci cerca quando ci allontaniamo dai suoi insegnamenti, ci invita  alla comunione con Lui e con i fratelli.

Privilegiare la preghiera con la Parola di Dio; leggere ogni giorno un passo della Scrittura, meditarlo e assimilarlo fino a vivere la Parola.

Mettere insieme digiuno ed elemosina: digiuno come astinenza dalle parole inutili e dannose, come rinuncia alla  pseudo comunicazione mediatica, come moderazione dei propri bisogni per dividere le risorse con coloro che sono in difficoltà in quanto segnati dalla fame, dal dolore, dalla solitudine, dalla malattia.

b)  La famiglia comunità di volti

Se la comunità cristiana genera alla fede, è nella famiglia che si alimenta, si fa crescere, si accompagna la fede in Gesù Cristo. Il sacramento del matrimonio, che gli sposi celebrano nelle parrocchie, è il traguardo di una catechesi sacramentale e segna, allo stesso tempo,  l’inizio di un percorso che aiuti a decostruire il sistema uomo ed il sistema donna, per fare spazio ad un dialogo (dià Lògos) in cui  il soggetto principale sia Gesù con il suo Vangelo. La maternità e la paternità, vissuti in modo sacramentale, tornino ad essere il luogo e l’occasione per edificare una “comunità di volti” che rianimi la famiglia, una struttura sociale languente sotto i colpi dell’inarrestabile declino della casa. Nell’ambiente domestico, ridotto ad albergo, si consumano servizi verso i quali si accampano diritti, senza  il dovere della reciprocità e senza alcuna sensibilità verso chi è debole e fragile.

I genitori tornino ad essere adulti e genitori: non amici adolescenti frastornati da mode, succubi del mercato del desiderio. I figli si distaccano presto dalla famiglia perché l’òikos manca di adultità, non aiuta a crescere, manca di una legge fondante che è la legge del Padre. Senza il Padre non esiste nemmeno la casa. Essa si atrofizza in un desiderio, dapprima ambito ed insopprimibile, poi, una volta appagato con apparati sempre più sofisticati, insignificante. La casa è, in questa terra calabra, anche il contesto cittadino e territoriale abbandonato dai giovani in cerca della propria realizzazione.

La Parrocchia, famiglia delle famiglie, la Chiesa tutta, marca la differenza quando vive il Cristo, quando annuncia il Cristo, quando soffre come il Cristo.

Durante la Quaresima, suggerisco la lettura comunitaria di passi della Lettera a Diogneto, in particolare cap. 5-12 riguardanti il rapporto tra i cristiani e il mondo.

Per la catechesi familiare potrebbe essere utile rileggere in gruppi il cap. 7 dell’Amoris laetizia e farne oggetto di riflessione personale e   condivisa.

Una paraclisis finale

Ogni anno occorre rinnovare il percorso interiore ed esteriore della Quaresima – Pasqua che ci ricorda come anche noi partecipiamo della pienezza della divinità di Cristo attraverso il battesimo: E’ in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà. In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo. (Col 2, 9-15).

Dei Principati e delle Potestà di questo mondo, che si chiamino economia, totalitarismo, globalizzazione, criminalità organizzata, potere religioso o tecnica, Gesù ne ha fatto pubblico spettacolo dietro il suo corteo trionfale in Croce!

   Francesco Savino