Omelie

V  DOMENICA  DI  PASQUA


V  DOMENICA  DI  PASQUA

At 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Domenica  2  Maggio  2021

In questa V Domenica di Pasqua Gesù, che ha detto di sé “io sono il pane”, “la luce del mondo”, “la porta”, “il pastore”, “la via”, ora aggiunge “io sono la vite vera”.

L’immagine della vite e della vigna ricorre con frequenza nelle Sacre Scritture riferita alla relazione tra Dio e il suo popolo ed è connotato sia dalla bellezza e cura premurosa da parte di Dio, sia dall’ingratitudine degli operai verso il padrone o nella scarsezza dei frutti.

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.

Gesù si autodefinisce “ la vera vite” in relazione il Padre Suo che è “il vignaiolo”, dunque è l’intima unione con il Padre che genera la relazione tra Gesù e i suoi discepoli. Padre Raniero Cantalamessa afferma: “L’affermazione più importante contenuta in queste parole è che noi siamo uniti a Gesù con un vincolo così profondo e vitale come è quello che unisce il tralcio alla vite. Il tralcio è una emanazione, una parte della vite: tra le due cose scorre la stessa linfa. Non si potrebbe pensare a un’unità più intima”.

Questa linfa è la vita stessa che celebriamo nel Sacramento del Battesimo quando riceviamo lo Spirito Santo. L’unione spirituale tra Dio e il Battezzato è più stretta di quella che c’è tra una mamma e il figlio che porta in grembo. Tra madre e figlio scorre lo stesso sangue; il respiro e l’alimento della madre passano nel figlio, ma il figlio non muore se si distacca dalla madre; anzi, per vivere, deve, a un certo tempo, abbandonare il seno materno e vivere per conto suo. Il tralcio della vite che è Gesù, invece, non porta frutto e muore se si distacca da essa; vive e fruttifica se rimane unito alla pianta.

Gesù parla anche del destino del tralcio. Se il tralcio è secco, non porta frutto, viene perciò tagliato e buttato via; se il tralcio è vivo e vegeto, viene potato in quanto la potatura del vignaiolo è necessaria per portare frutti. Il vignaiolo depone in quel tralcio la sua attesa di ricchezza perchè ha fiducia in esso.

Così avviene sul piano spirituale. I discepoli di Gesù sono coloro che “rimangono” in Gesù come Lui rimane in loro. Rimanere non è solo dimorare; e non è nemmeno rimanere ciò che si è. Rimanere indica una dinamica attraverso cui il legame con Gesù nell’adesione a Lui (la Fede) e nell’amore per Lui (la Carità) cresce e si sviluppa come comunione perseverante e fedele. Rimanere in Gesù connota la nostra sequela come condivisione di vita con Lui. La nostra vita e la sua vita sono una cosa sola.

Rimanere in Gesù è la condizione unica per essere in comunione con il Padre. “Senza di me non potete far nulla”: senza Gesù, la vita del discepolo è sterile, frustrata, infeconda.

“Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.

La vera gloria a Dio è la nostra vita che diventa feconda perché generata dalle Parole di Gesù che rimangono in noi, ci rendono liberi dalla idolatria del nostro io e ci fanno vivere completamente in Lui, con Lui e per Lui.

Interroghiamoci sulla nostra relazione con Gesù chiedendoci: cerco ogni giorno l’intima unione con il Signore? Qual è la linfa che percorre la mia esistenza e che la mantiene viva, la rende capace di produrre frutti? Dov’è il mio cuore?

Mediante la Sua Parola, Dio opera in noi una potatura che è dolorosa ma è necessaria: quali sono state le potature o i momenti difficili che ci hanno aiutato a crescere?

Vi auguro una buona Domenica!

 

✠   Francesco Savino