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Il Vescovo Francesco tra i detenuti: “Per voi Pasqua significa andare oltre le sbarre”


Come ogni anno mons. Francesco Savino, Vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, nella settimana santa, ha fatto visita ai detenuti della Casa Circondariale “Rosetta Sisca” di Castrovillari e celebrato con loro l’Eucarestia.

La visita del Vescovo è avvenuta insieme ad alcuni operatori della Caritas diocesana, al Cappellano della Casa Circondariale, don Francesco Faillace.

Al suo arrivo, il Vescovo ha salutato la polizia penitenziaria, gli educatori e tutto il personale, incoraggiandoli, e ha poi presieduto la liturgia.

Introducendo la celebrazione ha salutato affettuosamente tutti i detenuti affermando che «è Pasqua anche per voi! Capisco ciò che provate qui dentro ma questo luogo è un luogo importante, educativo, per ritornare a vivere bene la vita. Se ci fate caso, se rileggete le vostre vite vi renderete conto che spesso bastano sciocchezze per rovinarsi la vita stessa. 

Hannah Arendt fece una riflessione bellissima su Auschwitz parlando di “banalità del male”. Cioè noi facciamo del male in modo “stupido”. I problemi non si risolvono con altri problemi, non si risolvono con scelte sbagliate, non si risolvono facendo del male. E oggi, chi non ha problemi? Non aggiungiamo sofferenza ad altra sofferenza. 

E allo stesso tempo non pensate che per voi non ci sia futuro».

Nell’omelia il Vescovo ha ricordato che «il protagonista del Vangelo ascoltato è Giuda, il traditore. Solitamente chi tradisce è chiamato “infame” ed è colui da punire. Ma io vi dico altro, come già disse don Primo Mazzolari: “Giuda è mio fratello”. Ce la prendiamo con Giuda quando in realtà Giuda siamo noi, perché il più grande tradimento è quello che facciamo alla nostra stessa vita quando la sciupiamo, e per “denaro” facciamo scelte sbagliate che portano a commettere reati, soprusi, ecc. Dunque il vero tradimento è tradire la vita stessa.

La nostra Calabria sta male. E sapete perché? Perché in Calabria ci sta troppa corruzione e la corruzione taglia le ali alle nuove generazioni, toglie loro il futuro, strappa il futuro ai vostri figli, ai vostri nipoti. 

È la legalità il mezzo per raggiungere la giustizia.

Credo sia meglio vivere una vita sobria, una vita essenziale, con pochi soldi ma ricca di amore e libertà piuttosto che una vita fatta di reati che compromettono il presente e il vostro futuro».

«Che significa Pasqua? – ha proseguito Mons. Savino – Pasqua viene da una parola aramaica “peshà” e il suo significato fondamentale è “passare oltre”, “andare oltre”, oltrepassare .. e, miei cari amici, per voi Pasqua significa “andare oltre le sbarre”. La Pasqua è sempre un’esperienza di liberazione che passa attraverso il pentimento e il perdono. Fare Pasqua significa andare da questa forma di vita sbagliata verso una vita buona, giusta, leale senza nascondersi e senza avere paura. Molte volte voi avete portato a casa il “niente” assicurandovi solo anni di carcere e la fame. Invece qualcun’altro, grazie a voi, usandovi, si è arricchito e ne è uscito pulito. Basta fare silenzio, basta con l’omertà e la violenza». 

Inoltre il Vescovo ha affidato ai detenuti, per questa Pasqua, tre parole: «Bene, Riconciliazione e  Libertà
Ed ha spiegato: «Promettete a voi stessi di voler fare il bene per voi, per le vostre famiglie e per la società.
Dovete riconciliarvi con la vostra vita e con la società che avete duramente ferito con le vostre scelte sbagliate.
Per voi, cari amici, c’è ancora la possibilità di vivere una vita da uomini e donne liberi.»
 

Con premuroso affetto ha aggiunto: «Quando guardo i vostri volti il mio cuore è addolorato e si commuove. Capire di aver sbagliato, voler fare il bene e vivere in libertà è il desiderio più grande che ho per voi ed è così che il mondo vi aspetta. Tutti possiamo sbagliare, nessuno può giudicarvi, ma redimersi è possibile».

Infine con fermezza e passione Mons. Savino ha sottolineato che «la vita è più dell’errore che facciamo. L’errore è solo una parte della vita che viviamo. Questo momento deve essere il momento in cui bisogna evocare il bello, desiderare la riconciliazione perché la libertà vi aspetta e questa è la speranza concreta che dovete desiderare perché avete capito che il male genera solo altro male. Io e la chiesa locale tutta vi abbracciamo forte donandovi una maglia che possa farvi sentire meno soli … perché noi ci siamo, vi siamo vicini e vi aspettiamo».