Omelie

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 18 settembre 2016


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                      18 settembre 2016

La Parola di Dio di questa Domenica ci invita non soltanto a procurarci amici con la stessa determinazione che hanno i “figli di questo mondo” ma anche a non cedere alla tentazione di fare della ricchezza il fine della nostra vita, l’idolo che determina oppressione e ingiustizia.

Il passo del Vangelo di Luca, appena ascoltato, si ferma al versetto 13; se proseguiamo nella lettura, viene precisato il contesto e l’uditorio delle parole  di Gesù: “I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di Lui” (Lc 16,14).  Questo versetto ci aiuta a comprendere : alcuni ascoltatori di Gesù, ieri ed oggi,  a causa dell’ attaccamento al denaro, non accolgono il Suo insegnamento e si oppongono contestandolo.

Gesù, “Misericordia del Padre”, ha compassione dei deboli, degli smarriti, di tutti coloro che vivono una vita non degna di essere chiamata tale, ma, al tempo stesso, non fa sconti sulle idolatrie che intossicano la vita e, quindi, smaschera e sveglia le coscienze dei suoi ascoltatori, in particolare degli uomini “troppo religiosi” che si sentivano sempre a posto.

Il protagonista della parabola è un amministratore accusato di aver sperperato gli averi affidati a lui da un ricco padrone. Egli, prima di essere licenziato, ricorre ad una scaltrezza: convoca i debitori del padrone e, con un’operazione di falsificazione delle ricevute, li rende debitori verso se stesso in modo da avere, una volta licenziato, qualcuno che gli dovrà riconoscenza. Che astuzia! Che doppia disonestà di quell’amministratore verso il suo padrone! Eppure il padrone, appreso il suo comportamento disonesto, lo elogia perché ha agito con scaltrezza.  Evidentemente sia il padrone che l’amministratore sono figli del mondo, hanno lo stesso codice culturale, vivono secondo le logiche segnate dall’astuzia, dalla falsità e dall’ingiustizia.

Gesù non  loda l’azione disonesta dell’amministratore ma esplicita, direi con tenerezza, che i “figli della luce” sono incapaci di strategie efficaci nella vita. Infatti afferma che “i figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”.

Per non incorrere in equivoci interpretativi, suggerisco di tener presente l’annotazione del priore della comunità di Bose: “L’invito di Gesù ai suoi discepoli è a procurarsi amici con la stessa determinazione che hanno i figli di questo mondo, ma anche facendo un uso diverso della ricchezza: si tratta di condividerla con i poveri che, essendo i primi con cui è promesso il Regno (cfr. Lc 6,20), potranno accoglierli nelle dimore eterne, cioè dove c’è la vita in Dio per sempre. Questo è il modo di “profittare del tempo presente” (cfr. Ef 5,16), del tempo che abbiamo in dono da vivere, per trasformare la ricchezza disonesta in fonte di comunione e di amicizia”.

Il discepolo di Gesù, conclude il brano evangelico, non può servire due padroni, Dio e il denaro, perché o amerà Dio con tutto il cuore, tutta la mente, tutte le sostanze, cioè i beni, oppure amerà il denaro,mammona, e non potrà amare Dio.  Il messaggio di Gesù è rivoluzionario! Sveglia le nostre coscienze! E’ un chiaro invito a non cedere alla mondanizzazione, a tutti gli idoli seduttori dell’ipermercato contemporaneo.  È bene per tutti ricordare che “mamon”, mammona, è un termine usato al tempo di Gesù e che etimologicamente si rifà al verbo “aman”, credere, porre fiducia in; “mammona” indica, dunque, una “religione”, che lega, che affascina e che domina. Gesù ha detto: “dov’è il tesoro là è anche il cuore” (Lc 12,34). Se la ricchezza diventa il fine della nostra vita più che il mezzo, siamo capaci di sacrificare tutto, la legalità, la trasparenza, la giustizia, gli affetti più cari.

Negli scritti di san Giovanni Crisostomo, padre della Chiesa, leggiamo: “Mio e tuo non sono che parole. Non aiutare i poveri è rubare: quanto possediamo non appartiene a noi ma a tutti. Dio, all’inizio, non ha fatto uno ricco e uno povero, ma ha dato a tutti la stessa terra”.  E una nostra contemporanea, Madre Teresa di Calcutta, da poco santa, ripeteva “i poveri vi salveranno la vita” riportandoci all’incontro con il Risorto a conclusione della nostra esistenza.

La parabola di questa Domenica “inverte il paradigma economico su cui si basa la società contemporanea: è il mercato che detta legge, l’obiettivo è una crescita infinita, più denaro è bene, meno denaro è male. Se invece legge comune fossero la sobrietà e la solidarietà, la condivisione e la cura del Creato, non l’accumulo ma l’amicizia, crescerebbe la vita buona” (E.Ronchi).

Auguro a tutti una domenica bella e buona  nella quale ci sentiamo chiamati a verificare i nostri modi di pensare e i nostri stili di vita. Lo Spirito Santo ci aiuti a non cedere agli idoli.

✠   Francesco Savino