Omelie

V Domenica del tempo ordinario


VI  DOMENICA  DI  PASQUA

At 10, 25-27. 34-35. 44-48; Sal 97; 1 Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17

 

Domenica  5  Maggio  2024

Santa Maria degli Angeli – Assisi

Capitolo Ordine Secolare Francescano

 

Pasqua, tempo di sorprese e di salti di qualità

 

Care sorelle, cari fratelli

non c’è luogo migliore di questo – credo – per riascoltare le parole di Pietro che segnano una svolta nella storia della Chiesa. La prima di molte svolte. La Porziuncola, davanti a noi, è nella sua semplicità la traccia di una ulteriore svolta. La Chiesa vive di alternanza, diceva il Cardinale Martini, tra avanzamenti graduali e salti di qualità. Francesco e Chiara furono un salto di qualità. Ognuno di noi può essere una svolta. Le parole di Pietro ci ricordano come. Riascoltiamole.

«In verità sto rendendomi conto che»: dice proprio così. Lui, la Roccia.

Forse, questa confessione di Pietro rende più di qualunque altra frase del Nuovo Testamento il tipo di verità che noi annunciamo. Una verità che non è rigida, che non si possiede, ma di cui – appunto – ci si rende conto. Proviamo a ritornare con la memoria alle volte, nella vita, in cui abbiamo avuto l’onestà, la libertà di dire: «In realtà sto rendendomi conto che».

Quante possibilità ancora, ogni giorno, mi sono date, per riconoscere qualcosa che non pensavo prima, che non credevo prima, di cui non ero affatto convinto, che persino ho combattuto, su cui mi sono scaldato molte volte. Forse con la furia con cui Saulo perseguitava la nuova via dei discepoli di Gesù. O con il puntiglio con cui altri vorranno poi imporre a tutti la circoncisione e ogni virgola di una legge mai veramente praticata con amore. E avevo torto. «In verità sto rendendomi conto che».

Pietro, ma in realtà gli apostoli – il cammino di ciascuno, e di tutti loro insieme, che gli Atti raccontano – vivono un progressivo rendersi conto. Il tempo pasquale non può definirsi altrimenti, sin dal mattino dei primi incontri col Risorto. La storia della Chiesa, che comincia la mattina di Pasqua, ha il suo motore nel ricredersi: in cuori – cioè intelligenze, libertà, convinzioni – che, come a Pentecoste, vanno in frantumi. «Si sentirono trafiggere il cuore». Che crisi benedette!  Che inquietudini sante! La realtà è diversa da come la valutavamo, Dio è diverso da come ce lo rappresentavamo. La vita è più ricca come la stimavamo. Questo è il sapore della vita cristiana.

Non si trova più, questo sapore, quando si diventa persone rigide e si frequentano comunità chiuse. La dottrina in cui Pietro si muoveva sicuro deve cedere, di fronte a una realtà in cui Dio stupisce. Lo Spirito Santo disobbedisce al catechismo che Pietro aveva imparato. Volete forse che non si diverta a disobbedire anche al vescovo che vi sta parlando? Volete forse che Dio si faccia rinchiudere nei trattati che la nostra Chiesa ha già scritto? Volete forse che Dio sia solo quello che c’è già nella vostra testa, nel vostro cuore e magari – ammettiamolo – nelle nostre rassegnazioni?

«In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone». Eppure, è un Dio che sceglie, un Dio che chiama per nome. Già questo nella vita ci fa scattare, ci mette sul chi va là: perché lui e non me? Perché lei così e lui altrimenti? Loro e noi, io e gli altri, voi e perché… Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che in Gesù è il Dio di santi e peccatori, di farisei e di zeloti, di prostitute e sacerdoti, di rabbini e di soldati… conosce il nome di ciascuno. Il suo non fare preferenze non è indifferenza asettica. Come una madre conosce il modo di essere interamente presso ognuno nel modo adatto a quel figlio, a quella figlia. Cadono tutti i muri. Pietro trova Dio dove forse aveva immaginato di doverlo portare.

Fratelli, sorelle,

se Chiara e Francesco hanno lasciato la casa paterna e in Assisi hanno rappresentato un terremoto, ciò è avvenuto perché Dio è libero. Le mura delle nostre città non lo rinchiuderanno mai. Edificate per difenderci da mali che immaginiamo sempre fuori dalla nostra cerchia, le separazioni umane devono crollare, perché sia Pasqua. Non fuori, ma dentro di noi il buio deve aprirsi alla luce, la morte deve aprirsi alla vita.

Per Pietro, il centurione Cornelio era ripugnante quanto il lebbroso per Francesco. Dio non è delicato quando ha da salvarci. Le svolte, i salti di qualità che riconsegnano la Chiesa all’energia pura del vangelo, sono urti alle sensibilità delicate, schiaffi al galateo, fine del politicamente corretto. L’amarezza di queste crisi si apre presto, tuttavia, a una immensa dolcezza, a una gioia per cui non bastano le parole. Si diventa come degli innamorati ed esplode, così, la letizia che cambia il mondo. Perfetta letizia, diciamo con Francesco.

«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»: che cosa crediamo importi al Signore? Davvero pensiamo gli importino i nostri peccati, specie quelli da cui tanta catechesi è stata così a lungo ossessionata? Chi ha potuto farci tanto male? Chi ha potuto allontanarci tanto dalla verità? A Gesù questo importa: «La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». È l’unica ragione per cui l’amore è un comandamento. Non un peccato. Amore fraterno, amore che serve, amore eros – di carne, di sangue, di cuore, di pelle – l’amore è IL comandamento.

«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Sorelle e fratelli carissimi: questo è il suo mandato, la nostra ripartenza. Se amiamo senza possesso, se ci ricrederemo ancora – una, dieci, cento volte –, se l’uno dell’altro ci stupiremo ancora, se dal nostro Maestro impareremo l’arte di lavare i piedi, allora porteremo frutto e sarà un frutto che rimane.      

 

Buona Domenica.

  ✠   Francesco Savino