Omelie

IV Domenica di Quaresima anno B


2 Cr 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

 

10  Marzo  2024

 

Con questa IV Domenica di Quaresima il nostro cammino verso la Pasqua di Cristo, e verso la nostra Pasqua in Lui, si avvia al compimento.

La Parola di Dio è ricca di parole che ci stupiscono, ci toccano per la loro chiarezza e incisività.

Si tratta di parole, abituali nel IV Vangelo, con cui San Giovanni apre sprazzi di contemplazione sulla interiorità di Gesù.

Lasciamoci interrogare dal dialogo tra Gesù e Nicodemo, un fariseo andato da Lui di notte, un dialogo che ci fa cogliere la sostanza dell’amore di Dio per il mondo, per l’umanità intera, per noi.

Tra i due termini, Dio e mondo, Dio e uomo, che tutto dice lontanissimi, incomunicabili, estranei, le parole del Vangelo indicano il punto di incontro: il disceso innalzato, al tempo stesso Figlio dell’uomo e Figlio del cielo. “Cristo si è abbassato, scrive Paolo, fino alla morte di croce; Cristo è stato innalzato sulla croce, dice Giovanni, attirando tutto a sé. Tra Dio e il mondo il punto di congiunzione è la croce, che solleva la terra, abbassa il cielo, raccoglie i quattro orizzonti, è crocevia dei cuori dispersi. Colui che era disceso risale per l’unica via, quella della dismisura dell’amore. Per questo Dio lo ha risuscitato, per questo amore senza misura” (Ermes Ronchi).

L’essenza del cristianesimo sta nella contemplazione del volto del crocifisso (Carlo Maria Martini), porta che apre sull’essenza di Dio e dell’uomo: essere legame e fare dono.

Quanto è bello e significativo quel passaggio del dialogo tra Gesù e Nicodemo, che abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno,  li dove si dice che “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.

E la bellezza consiste proprio nel renderci conto che se è Gesù che “ci ha amati e ha dato se stesso per noi” (Ef 5, 2), e ci ha amati tutti e ciascuno tanto è vero che l’apostolo Paolo declina al singolare questo amore di Cristo “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20), è oltremodo vero e bello che il progetto di questo amore che si celebra e si contempla sulla Croce, è il Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Gv 3, 16) dove la parola “Dio” significa, come abitualmente nel Nuovo Testamento, “Padre” e l’aggettivo “unigenito” è meglio renderlo “l’unico”, espressione che rinvia con una allusione finissima al sacrificio di Abramo (Gen 22, 16).

Che bello: mondo amato, terra amata, io, tu, noi amati.

“Perché mi hai creato?”. “Perché ti ho amato!”. “E perché mi hai amato?”. “Perché ti ho amato!”. “E perché nella confusione delle tenebre del mondo, Tu sei venuto come luce sul mio cammino, sulla mia strada, mi hai afferrato e collocato dentro di Te, dentro il mistero della tua persona, mi hai chiamato alla comunione con Te?”. “Perché ti ho amato!”. “E perché mi hai amato?”. “Perché ti ho amato!”. La gratuità è l’infinito, che è ragione a se stesso. “E perché nella lunga fila del popolo cristiano, così facilmente distratto, così facilmente distolto dal suo centro dal mondo in cui vive, così facilmente abbandonato, come pecore abbandonate dai pastori, mi hai raggiunto così concretamente in quella tale occasione che mi ha determinato a un atteggiamento, ad un assetto di vita diverso?”. “Per amore, per carità, gratuitamente, “gratis”. (Il miracolo dell’ospitalità, L. Giussani).

E ancora P. Xardel: “Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama”.

Non possiamo separare, dunque, nella Croce il Figlio e il Padre: l’uomo non separi ciò che in Dio è unito!

Ve lo confesso: tutte le volte in cui mi trovo da solo, in preghiera, a contemplare, una contemplazione dialogica con il Crocifisso, mi sento completamente sedotto, attratto dall’amore di questo “Figlio”, Figlio del Padre, Dio.

Condivido quanto padre Ermes Ronchi sostiene pensando al Crocifisso: “Sulla croce si condensa la serietà e la dismisura, la gratuità e l’eccesso del dono d’amore; si rivela il principio della bellezza di Dio: il dono supremo della sua vita per noi. Lo splendore del fondamento della fede, che ci commuove, è qui, nella bellezza dell’atto di amore. Suprema bellezza è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia annullare in quel poco di legno e di terra che basta per morire. Veramente divino è questo abbreviarsi del Verbo in un singulto di amore e di dolore: qui ha fine l’esodo di Dio, estasi del divino. Arte di amare. Bella è la persona che ama, bellissimo l’amore fino all’estremo. In quel corpo straziato, reso brutto dallo spasimo, in quel corpo che è il riflesso del cuore, riflesso di un amore folle e scandaloso fino a morirne, lì è la bellezza che salva il mondo, lo splendore del fondamento, che ci seduce”.

Lasciamoci “abitare” sempre da questo amore gratuito e disinteressato di Dio in Gesù, vero fondamento di ogni gioia.

Ecco perché questa IV Domenica di Quaresima è chiamata la Domenica del “laetare”, della gioia.

L’amore di Dio genera in noi la vera gioia.

Buona Domenica.

   Francesco Savino

formato pdf