Omelie

XIV Domenica del Tempo Ordinario 8 Luglio 2018


XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

8 Luglio 2018

“Il profeta incontra l’indifferenza, la diffidenza e il rigetto, ma la sua missione non dipende dall’audience, bensì dalla fedeltà alla parola di colui che l’ha inviato. Ezechiele è mandato a un popolo ribelle ed egli dovrà svolgere la sua missione «ascoltino o non ascoltino». La sua sola presenza e la sua parola scomoda saranno segno della premura di Dio che ha inviato un profeta al suo popolo”: così scrive Luciano Manicardi a proposito della prima lettura della liturgia di questa XIV Domenica del Tempo Ordinario.

Durante gli anni della sua predicazione, Gesù tornò alcune volte a Nazareth, piccolo villaggio della Galilea, mai menzionato nell’antico testamento, dove era stato educato e cresciuto “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52). Proprio nel suo villaggio, leggiamo nel Vangelo di Marco, il Maestro arriva in un giorno di Sabato seguito dai suoi discepoli, entra nella Sinagoga e “si mette ad insegnare”.

Come reagiscono gli ascoltatori? “molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?». Chi abitava a Nazareth sapeva bene che Gesù era “il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone”. Essi, che pur avendo sentito parlare di Lui, non riconoscevano la sua identità, non comprendevano l’origine dell’autorevolezza con cui Gesù commentava le Scritture: pensavano infatti: come può possedere una tale sapienza, Lui che non ha studiato come gli altri rabbini?

I concittadini di Gesù “si scandalizzavano di Lui”.
“Siamo di fronte allo scandalo suscitato dalla povertà, dall’umanità, dalla semplicità di Gesù. Egli infatti si presenta come un uomo, nient’altro che una persona di cui si possono conoscere le umili origini, la provenienza della famiglia povera. Agli occhi degli abitanti di Nazareth Gesù è un uomo ordinario, conosciuto fin dall’infanzia, e quindi non merita particolare ascolto né riconoscimento. Ebbene, proprio questa pretesa di conoscenza si trasforma in un inciampo, questo significa la parola “scandalo”, che impedisce il vero incontro, frutto della fede e suscita al contrario la “durezza di cuore” (Mc 3, 5; 10, 5; 16, 14). Detto altrimenti: è facile accogliere la parola di Dio quando essa assume la forma del prodigio, quando si manifesta nella forza; è ben più faticoso riconoscerla nella debolezza e nella fragilità di un uomo … sì, Gesù è “la pietra di scandalo, la roccia che fa inciampare” (Is 8, 14; cfr. Rm 9, 32-33; 1Pt 2, 8), ed è questa consapevolezza di sè che lo porterà ad affermare: “beato chi non si scandalizza di me” (Mt 11, 6)” (Enzo Bianchi).

Gesù coglie la reazione dei presenti nella sinagoga di Nazareth e dichiara con fermezza: “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.
Il disprezzo rivolto a Gesù, anche se può essere considerato umiliante, è l’esperienza di ogni profeta, da quelli dell’antico testamento fino a quelli che Dio ancora invia al suo popolo. L’evangelista Marco annota, a conclusione, che Gesù “si meravigliava della loro incredulità” a causa della quale “non poteva compiere nessun prodigio ma solo imporre le mani a pochi malati e li guariva”.
Anche a noi oggi viene rivolta questa domanda: siamo disposti a seguire Gesù nella quotidianità e nella ordinarietà, sempre, riconoscendo che Lui è “la testata d’angolo”, il fondamento della nostra esistenza, la pietra su cui Dio costruisce il suo edificio santo?

Chiediamo la forza dello Spirito Santo per dare una risposta definitiva a questa domanda e lasciare che Gesù possa compiere in noi miracoli di guarigione e liberazione.
Buona Domenica!

✠  Francesco Savino