Omelie

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)


Es 17, 8-13a; Sal 120; 2 Tm 3, 14 – 4, 2; Lc 18, 1-8

16  Ottobre  2022

 

Nel Vangelo secondo Luca, Gesù dà un insegnamento sulla preghiera attraverso la consegna ai discepoli del “Padre Nostro” (cfr. Lc 11, 1-4) e una parabola sulla necessità di insistere nella preghiera, chiedendo e bussando presso Dio, che sempre concede lo Spirito Santo, il dono necessario ai credenti (cfr. Lc 11, 5-13).

Nel capitolo 18, di cui ci parla il Vangelo di questa Domenica, c’è una ripresa di questo insegnamento attraverso la parabola del giudice iniquo e della vedova insistente, una parabola parallela a quella dell’amico importuno.

Gesù dice che è necessario pregare sempre! Ma cosa significa? Com’è possibile? La preghiera è un’azione impegnativa, faticosa e difficile, e spesso siamo vinti dalla difficoltà di pregare, dalla constatazione di non essere esauditi secondo i desideri del nostro cuore. La domanda, poi, non consiste soltanto sul come pregare ma “perché pregare?”. Viviamo in una cultura nella quale la scienza e la tecnica ci fanno credere che noi esseri umani siamo capaci di tutto, anche se poi il Covid ci ha dimostrato esattamente il contrario.

Al di là delle oggettive e soggettive difficoltà, mancanza di tempo, velocità della vita quotidiana, distrazioni, aridità interiore, cosa possiamo imparare dal Vangelo riguardo alla preghiera?

“Innanzitutto, va sempre ribadito che la preghiera cristiana si accende, nasce dall’ascolto della voce del Signore che ci parla. Come “la fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), così anche la preghiera, che è nient’altro che l’eloquenza della fede (cfr. Gc 5,15). Per pregare in modo cristiano, e non come fanno i pagani (cfr. Mt 6,7), cioè le altre vie religiose umane, occorre ascoltare, occorre lasciarsi aprire gli orecchi dal Signore che parla e accogliere la sua Parola: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,9). Non c’è preghiera più alta ed essenziale dell’ascolto del Signore, della sua volontà, del suo amore che mai deve essere meritato” (Enzo Bianchi).

La preghiera, avvenuto l’ascolto, diventa un “sostare” davanti a Dio e con Dio, una esperienza profonda del suo amore, una manifestazione di lode, adorazione, confessione nei suoi confronti.

La preghiera trasfigura la persona! Dev’essere insistente, perseverante,  perchè tutta la nostra esistenza sia preghiera.

L’apostolo Paolo nelle sue lettere spesso e con espressioni diverse ci dice: “Pregate ininterrottamente” (1 Ts 5, 17); “Siate perseveranti nella preghiera” (Rm 12, 12); “In ogni occasione pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Ef 6, 18); “Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie” (Col 4, 2).

Ecco allora la parabola di oggi: una vedova, che vive la condizione di chi è senza tutela come gli orfani e i poveri, chiede a un giudice di fare giustizia, di liberarla dalla sua oppressione ingiusta. Gesù puntualizza che quel giudice “non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno”. Si tratta di un giudice cattivo che non avrebbe mai esercitato la giustizia a favore di quella donna, eppure, a causa dell’insistenza della vedova e per non essere più tormentato da lei, decide di esaudirla. È chiaro che il giudice le rende giustizia solo per una ragione egoistica, per non essere più infastidito.

Gesù, a conclusione della breve parabola, pone una domanda ai suoi ascoltatori: “Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente”.

Con queste parole Gesù vuole liberarci dall’ansia e dai dubbi circa l’esercizio della giustizia da parte di Dio.

La comunità di Luca, come anche oggi le nostre comunità, manifestava fatica a credere nella giustizia di Dio. Infatti nel mondo le ingiustizie continuano a regnare e ad essere presenti nonostante le preghiere.

Ma Gesù assicura che Dio farà giustizia, il suo giudizio ci sarà!

Come giustamente affermava D. Bonhoeffer, Dio è sempre fedele alla sua promessa di amore nei confronti dell’umanità.

Per Gesù la preghiera è l’altra faccia della medaglia della fede perché essa nasce dalla fede ed è eloquenza della fede. Per questo il brano evangelico termina con un’ultima domanda che non è affatto retorica ma che testimonia l’inquietudine di Gesù circa l’esito della fede nel mondo: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

“Domanda che inquieta anche noi, che a volte abbiamo l’impressione di essere gli ultimi cristiani sulla terra e temiamo che la nostra fede venga meno. Nulla è garantito, nulla è assicurato, e purtroppo ci sono cristiani convinti che la chiesa resterà sempre presente nella storia. Ma chi lo assicura, se neanche la fede è assicurata? Dio non abbandona certo la sua chiesa, ma questa può diventare non-chiesa, fino a diminuire, scomparire e dissolversi nella mondanità, magari religiosa, senza più essere comunità di Gesù Cristo il Signore. La chiamata di Dio è sempre fedele, ma i cristiani possono diventare increduli, la chiesa può rinnegare il Signore” (Enzo Bianchi).

La mancanza di fede è la ragione profonda di molte contraddizioni paradossali di noi credenti e la tentazione di abbandonarla è quotidiana.

Non scoraggiamoci né cediamo alle diverse forme di mondanizzazione ma rinnoviamo con infinita fiducia la nostra fede, consapevoli che il Dio di cui ci ha parlato Gesù è grande nella misericordia e non ci abbandona alle forze del male e al destino della morte.

Certi, come affermava Charles Pèguy che “…Dove è passata la morte passerà anche la grazia” (Presentazione della Beauce alla Madonna di Chartres).

Buona Domenica.

   Francesco Savino

omelia pdf