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Mons. Savino: In un mondo a pezzi noi avvertiamo più che mai, nell’energia di Papa Francesco, il vento e il fuoco dello Spirito Santo


 

“Liberi di scegliere se migrare o restare” è il Messaggio del Santo Padre per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che quest’anno sarà celebrata il prossimo 24 di Settembre.

La Conferenza di presentazione si è tenuta presso la Sala Stampa della Santa Sede e ha visto tra gli interventi quello del Vescovo della Diocesi di Cassano All’Jonio e Vice Presidente della CEI, S. E. Rev.ma Mons. Francesco Savino.
Dopo aver salutato gli intervenuti e i colleghi del tavolo, il pastore della chiesa cassanese ha posto un plauso al messaggio del Santo Padre che si innesta a pieno nel solco tracciato dal suo pontificato e nel cammino millenario della Chiesa.
Monsignor Savino definisce il Messaggio del Santo Padre come una nuova pagina questo degli Atti degli apostoli, una pagina che ci esorta a continuare la missione come chiesa.
Apprezzabile è l’utilizzo dell’aggettivo “Liberi” di viaggiare, di muoversi, di migrare. Da Vescovo di una delle Diocesi della Calabria tale tema è molto sentito poiché è terrà sì, di arrivi, ma anche di partenze.
In ultimo, un inciso è stato fatto sulle esperienze vissute dal Vescovo Savino, quando da presbitero alla sequela di don Tonino Bello e di altri volontari, prima nel porto di Bari e poi nello Stadio della Vittoria, prestarono opera volontaria quando attraccò una nave con a bordo  20 mila albanesi e sui progetti di accoglienza portati avanti dalla Diocesi.

Di seguito  l’intervento di Mons. Francesco Savino:

 

Conferenza Stampa di presentazione del

Messaggio per la

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Roma,  11  Maggio  2023

 Sala Stampa della Santa Sede

 

 

Buona giornata a tutti.

Sono molto grato di poter condividere con voi questo momento. Ringrazio il Cardinale Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; insieme a lui la carissima Suor Alessandra Smerilli, Segretario, e naturalmente padre Fabio Baggio che è presente e ci ha introdotti a questo prezioso messaggio di Papa Francesco, “Liberi di scegliere se migrare o restare” per la 109ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Saluto anche la dott.ssa Chiara Lombardi e il Signor Dullal Ghosh.

Il nostro grazie, corale, va quindi a Papa Francesco perché quanto ci ha offerto è ancora una volta nuovo: viene da lontano, si inserisce coerentemente nel suo magistero e nel cammino millenario della Chiesa, in merito ad una sfida così decisiva.

In tal senso il Santo Padre richiama una campagna molto importante promossa dalla CEI: “Liberi di partire, liberi di restare”, che ha dato vita a numerosi progetti solidali sia in paesi esteri che in Diocesi italiane promotrici di accoglienza.

Sulla scia della Laudato si’ e Fratelli tutti, che scavalcano i confini confessionali e offrono a ogni coscienza, ai nostri contemporanei che vivono a qualsiasi latitudine, una lettura critica del presente e una profezia vera di futuro.

Le parole che oggi leggiamo nel messaggio hanno un impatto politico, economico, culturale, affettivo, spirituale che riguarda tutti e ciascuno. In un mondo a pezzi noi avvertiamo più che mai, nell’energia di Papa Francesco, il vento e il fuoco dello Spirito Santo: questo messaggio è come una nuova pagina degli Atti degli apostoli, una pagina che ci esorta a continuare la nostra missione come chiesa. Come vescovo di un’area interna e apparentemente marginale nell’economia complessiva del nostro Paese, voglio esprimere la mia gratitudine più sentita e profonda, perché Papa Francesco comprende, conosce, empatizza con chi è costretto ad avere un altro sguardo sulla realtà. 

 

Rileggo così il suo Messaggio: come vescovo di Calabria, ricordo innanzitutto a me stesso, che il nostro è un Paese non solo di accoglienza, ma anche di partenza. Ogni anno sono più gli italiani che partono dei migranti che arrivano. Vengo da una terra nella quale allora risuona dirompente il titolo di questo messaggio. Penso alle migliaia di giovani che lasciano ogni anno la Calabria per andare lontano: magari fossero liberi di rimanere, di restare! Naturalmente il messaggio del Papa si riferisce con molta precisione a partenze ancor più drammatiche: vere e proprie fughe da conflitti, persecuzioni, disastri ecologici e umanitari, uomini, donne e bambini per cui manchiamo talvolta di conoscenza e compassione.

E d’altra parte guardare – come si dice – “a casa nostra” può forse scuoterci maggiormente. Andare altrove può essere di grande arricchimento, per chi parte e persino per chi lascia andare: può rappresentare un’apertura, uno scambio, l’inizio di quel meticciato fra culture che ha sempre riaperto, nella storia, società altrimenti chiuse e decadenti.

E tuttavia bando ad ogni forma di romanticismo: ogni partire è uno strappo, è anche un impoverimento e una perdita, specie se non desiderato, ma nei fatti costretto. Ci sarebbe infatti – in Italia e altrove – il desiderio in molti di contribuire al rilancio della propria terra, al suo riscatto. La voglia di far vincere la legalità, la creatività, il benessere, la giustizia. È allora che diviene scandalosa quell’impossibilità che spegne il sogno – per mancanza di risorse e per la prepotenza di circostanze economiche, culturali, criminali – di chi rimarrebbe volentieri e persino attrarrebbe altri.

“Liberi” dice Papa Francesco. Liberi di muoversi, viaggiare, migrare – certo – perché non può essere una concessione: la terra è di tutti. Ogni confine è artificiale e deve restare permeabile. Basta con un mondo di fili spinati e di muri! Ricordiamolo: quanta bellezza e quanto lavoro hanno portato gli Italiani nel mondo! E quanto l’Italia ha ricevuto e sta ricevendo da altri popoli, oggi, come nella sua lunga storia! Le nostre città raccontano questa stratificazione, così come la nostra lingua e tutte le grandi lingue europee. Liberi anche di restare. Libertà non è solo mobilità: è anche fedeltà, radicamento, amore per quei luoghi che hanno nutrito la nostra infanzia e ci legano al grande passato.  Liberi di restare, o di tornare: la cattolicità non è un universalismo senza patrie, senza diversità, senz’anima.

 

Non lo è mai stata. Gesù Cristo si è incarnato in un luogo, in una cultura, in una società concreta.  Ricordiamo quanto Papa Francesco ci dice nel suo manifesto programmatico pastorale Evangelii Gaudium: il modello non è la sfera ma il poliedro. Abbiamo la libertà di esserne un “lato” e la responsabilità di custodirlo e di sentirlo parte di qualcosa di più grande. Nell’enciclica Fratelli tutti leggiamo: “Bisogna guardare al globale, che ci riscatta dalla meschinità casalinga. Quando la casa non è più famiglia, ma è recinto, cella, il globale ci riscatta perché è come la causa finale che ci attira verso la pienezza. Al tempo stesso, bisogna assumere cordialmente la dimensione locale, perché possiede qualcosa che il globale non ha: essere lievito, arricchire, avviare dispositivi di sussidiarietà. Pertanto, la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali. Separarli conduce a una deformazione e a una polarizzazione dannosa” (FT 142)

A questo proposito non posso non ricordare l’esperienza che come giovane presbitero ho fatto con tanti volontari di ogni appartenenza l’8 Agosto del 1991 con il venerabile don Tonino Bello prima nel porto di Bari e poi nello Stadio della Vittoria quando giunsero con la nave Vlora circa 20 mila albanesi. È stata un’esperienza senz’altro faticosa e difficile ma che ha cambiato radicalmente il mio, il nostro sguardo sulla realtà degli immigrati e la rispettiva accoglienza. Ognuno di noi si rese disponibile all’accoglienza, alla condivisione, che ci ha consentito di diventare più ricchi umanamente e culturalmente.

Non posso non fare menzione dell’esperienza fatta più di recente nella Diocesi di Cassano all’Jonio, affidata alla mia cura pastorale: l’apertura di due centri di accoglienza, uno per minori non accompagnati a Mormanno, paese in cui abbiamo una struttura di seminario minore estivo, e un altro per adulti presso la nostra fondazione Rovitti a Francavilla Marittima. E ancora più recente l’esperienza drammatica fatta a Cutro dove ho sperimentato il naufragio dell’umanità davanti a tante vittime.

Credo sia questo lo sfondo per cogliere bene il senso di questo nuovo messaggio. I migranti che io incontro, che siano calabresi in partenza o fratelli e sorelle in arrivo da luoghi di povertà e disperazione, portano nella propria carne i segni di quanto Papa Francesco ci ha scritto.

 

È in loro nome che vi prego: prendiamo sul serio come Chiesa e come società civile questa visione che è insieme laica ed evangelica.

È cattolica, perché liberante e perché inclusiva.

 

   Francesco Savino

  Vescovo di Cassano all’Jonio

  Vicepresidente Conferenza Episcopale Italiana