Basilica Minore Santa Maria del Castello


Il Santuario Diocesano di Santa Maria del Castello

 

Attraverso le strette e tortuose viuzze della “Civita”, la Castrovillari antica, si giunge al Santuario, isolato sulla cima di un colle (m. 350), da cui si può ammirare un incantevole panorama: il solenne Monte Pollino (m. 2248), un tempo sacro ad Apollo; il Monte Sant’Angelo, detto della Madonna del Riposo, un poggio dal quale San Francesco da Paola si dice abbia benedetto la Calabria, prima di lasciarla definitivamente; la pianura delle “Vigne”, che produce un vino folte e generoso, nel quale lo storico Carlo Maria L’Occaso vuole vedere i famosi vini lagaritani, tanto decantati dai romani; dietro, i colli che nascondono Sibari e il Mar Ionio; sullo sfondo, infine, la Sila di cui sono appena visibili gli avamposti cosentini. Il Santuario di Santa Maria del Castello, che ha sede nella parrocchia della SS.ma Trinità, è composto da due unità architettoniche distinte: la chiesa “vecchia” e la chiesa “nuova”. Le origini della costruzione sono avvolti da elementi leggendari e storici. Si racconta, infatti, che, nel 1090, il conte Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, volendo tenere a freno la indòmita Castrovillari, pochi anni prima (1073) al centro di una rivolta contro il re, ordina che venga eretto sulla sommità del colle un castello. I cittadini respingono il provvedimento con aperta ostilità. I muri costruiti di giorno crollano misteriosamente di notte. Le maestranze attribuiscono la causa alla friabilità del terreno e mentre scavano più profondamente, per cercare la roccia su cui gettare le basi del castello, all’improvviso, emerge una parete affrescata con la soave immagine della Madonna col Bambino. (Prima del restauro, infatti, Maria mostrava ancora visibile un piccolo sfregio sull’occhio sinistro, attribuito ad un colpo di piccone, vibrato inconsciamente da un operaio al momento del Ritrovamento). All’apparire della sacra immagine, gli operai caddero in ginocchio e il popolo, accorrendo, gridò al miracolo. La scoperta, considerata prodigiosa, alimentò l’insurrezione dei cittadini contro la costruzione della fortezza. Grazie all’intercessione del Vescovo di Cassano, S. E. Mons. Sassone (1092 e 1106), Vicario del Papa Urbano II e amico del conte Ruggero, il conte ordinò che al posto del castello fosse costruito una chiesa con al centro l’immagine della Madonna che, da quel momento in poi, fu detta del Castello. Della costruzione primitiva, di cui si hanno notizie fin dal 1109. oltre i contrafforti e la cripta, sono ancora conservati i portali e una parte inferiore del campanile. L’edificio viene ingrandito una prima volta nel 1300, con l’aggiunta di un bel portale gotico, che costituisce oggi l’ingresso principale, un tempo sormontato da una stupenda icona in marmo con la Vergine, il Bambino e il Padre Eterno, attribuita a Tino da Carnaino, ora all’interno. La trasformazione, terminata nel 1769, come attesta una lapide, si caratterizza per uno stile barocco alquanto provinciale, impreziosito da eleganti altari marmorei, sormontati da importanti opere di pittura. Sull’altare maggiore (1780) una grande pala (1560) di Pietro Negroni, forse il maggiore artista calabrese, dopo Mattia Preti, rappresenta l’Assunzione in Cielo. Evidenti sono i modi raffaelleschi di questo interprete nel Manierismo meridionale. Dello stesso autore è anche la tavola rappresentante la Madonna tra Santa Barbara e San Lorenzo (1552). E da considerarsi il suo capolavoro per la vivezza dei colori, per la vivacità di espressione, per la ricercatezza dei particolari, specie nella figura di San Lorenzo, il cui abito è deliziosamente arabescato. Nella stessa navata una grande tela di pregevole fattura raffigura la Presentazione al Tempio (autore ignoto, tardo `500); un’altra con la Madonna e San Gaetano e San Biagio è attribuita a F. Oliva. Le altre opere sono di scuola napoletana del XVII sec.: due appartengono a Genesio Gualtieri, nativo della vicina Morano Calabro; di notevole pregio sono una statua 4 lignea della Madonna, assegnabile al XVI sec. ed un piccolo Crocefisso del 1600. Nel mezzo della navata centrale c’è la cappella della Vergine: la parete di fondo e completamente ricoperta di marmi policromi ad intarsio, incastrati nel muro; nel centro si apre l’edicola, sormontata da due Angeli in marmo bianco, che reggono una corona. AI di sopra del fastigio sono collocati altri due angeli, più grandi, ma di stucco. L’altare è intonato all’insieme della cappella. Una magnifica balaustra semicircolare, a disegno geometrico e di marmi di uguale fattura e valore artistico, completa l’opera, che, nel complesso, risulta di grande effetto, per preziosità, bellezza ed armonia. L’affresco riproducente il busto della Madonna così viene descritto da Ettore Miraglia, anima squisita di esteta: “Il dipinto ci sì presenta ben definito nelle sue linee. Occhi assai grandi, profondi, dallo sguardo dolce, il naso diritto, piccole e floride labbra, rotondo il mento, ben armonizzantesi nella soavità del bel volto ovale. La testa, con raggera fortemente lineata, è coperta da manto turchino, che scende sulle spalle e si chiude lasciando aperta sul petto una larga scollatura che un candido velo copre. Il Bambino, sedente sul braccio destro della Madonna, è paffutello. Ha bei capelli biondi, sporgenti con grazia sulla fronte e due occhioni ben fatti, vivi, molto espressivi. E come è bello vedere quella sua manina che cerca, delicatamente il petto della mamma per carezzarlo! Quanta. soave naturalezza! Questo dipinto non è un capolavoro, ma rivela una speditezza ed una padronanza notevoli nella disposizione dei colori.” Tutti i critici locali si sono dichiarati per la origine bizantina del dipinto; alcuni di loro sono scesi addirittura fino ai primi secoli della Chiesa e a S. Luca Evangelista. Apparentemente il dipinto non mostra i segni inequivocabili della sua bizantinità, dati i lineamenti dolci ed espressivi e se vogliamo una tecnica alquanto progredita (Russo). Il Miraglia, mantenendo l’ipotesi bizantina, aggiunge che l’affresco sarebbe stato ritoccato nel XIV sec., mentre il Cappelli lo fa risalire alla fine del XII sec. o appena dopo. Secondo il Trombetti il dipinto si avvicina di più all’arte senese trasmigrata attraverso Napoli i cui epigoni principali 5 senese, trasmigrata attraverso Napoli, i cui epigoni principali possono considerarsi Coppo di Marcovaldo e Guido da Siena, autore quest’ultimo, tra l’altro, di una Madonna col Bambino (Siena, Palazzo Pubblico), che ha notevoli assonanze con la Vergine del Castello. Indipendentemente dalle varie tesi, si rimane sempre affascinati dall’espressione del soave volto della Madonna. Si dice, a conferma di ciò, che l’imperatore Carlo V, di ritorno dalla impresa di Tunisi contro i Turchi (1535), entrando nel Santuario, si sia raccolto in preghiera davanti alla Vergine. In seguito, da Napoli, nel diploma imperiale, con cui conferisce a Castrovillari il titolo di “Fedele Città,” stabilisce che ogni illustre cittadino, arrivato in città, debba fare solenne ingresso nel Santuario della Madonna del Castello. È venerata da tutto il popolo castrovillarese e anche dalle genti dell’intero territorio del Pollino che stringendosi attorno a Santa Maria del Castello tributandole onori e lodi senza fine, la festeggia ogni anno il 1º maggio.

(Mons. Carmine De Bartolo, rettore)