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Omelia III Domenica di Avvento 16 Dicembre 2018


III  DOMENICA  DI  AVVENTO

16  Dicembre  2018

Siamo nel cuore dell’Avvento. E’ la Domenica del Gaudete: l’invito continuo è alla gioia, al rallegrarsi perché il “Veniente” è vicino!

Anche oggi incontriamo Giovanni il battezzatore che, con la sua predicazione nel deserto, preparava la strada a Gesù invitando alla conversione (cfr. Lc 3, 8) a quanti si rivolgevano a lui per interrogarlo.

A Giovanni viene rivolta una domanda, scandita per tre volte: “Che cosa dobbiamo fare?” (cfr Lc 3, 10.12.14).
La rivolgono prima le folle, poi i pubblicani, ossia gli esattori delle tasse, ed infine alcuni soldati. Ognuna di queste categorie di persone interroga il Battista su quello che deve fare per vivere la conversione.

Alle folle Giovanni dice che la conversione consiste nella condivisione di ciò che ciascuno ha perché i beni non sono mai propri e non possono es-sere usati in modo egoistico senza tener conto degli altri o, addirittura, contro gli altri.

Chi vuole veramente cambiare il cuore e la mente è chiamato ad accorgersi del bisogno dell’altro e, mosso a compassione, deve condividere ciò che possiede. L’altro non è né un avversario né un nemico, è un “fratello”, figlio dello stesso Padre, Dio (cfr. Mt 23, 8) che instaura con tutti una relazione di amore e di giustizia. Il cristiano è chiamato a condividere non soltanto ciò che possiede ma anche ciò che è, perché la propria esistenza è un dono per gli altri.

Ai pubblicani che sono disposti ad “immergersi” nelle acque del Giordano per farsi battezzare e dichiarare pubblicamente la volontà di cambiare, Giovanni dice di non esigere tasse maggiorate dalla loro sete di guadagno illecito, pretendendo quanto la gente non può dare. Così accade nelle nostre relazioni quotidiane quando ci comportiamo con qualcuno con delle pretese soltanto per esercitare un potere. L’unico debito “costituzionale”, secondo il linguaggio biblico, tra gli esseri umani, è il rispetto reciproco.
Ai soldati dell’Impero Romano, infine, il Precursore risponde: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno: accontentatevi delle vostre paghe”. Egli dice loro di non abusare del ruolo, della forza, di non esercitare la violenza.

L’invito del Battista è ad evitare comportamenti aggressivi verso chi ci è accanto o che incontriamo e a riconoscere la soggettività di ciascuno, la sua unicità, la sua irripetibilità.

Giovanni afferma che l’immersione nelle acque del Giordano proclamata da lui segna il morire all’uomo mondano per rinascere come veri figli di Dio e fratelli di tutti gli uomini e proclama il compimento della giustizia (cfr. Lc 7, 29), che avvia un processo di umanizzazione di sé e degli altri.

Mentre il Battezzatore parla, “il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile»”.

Egli annuncia con chiarezza che il “Veniente” sarà un giudice capace di separare la pula dal grano e che battezzerà non con l’acqua ma in “Spirito Santo”. E noi che abbiamo ricevuto il Battesimo in Spirito Santo e che conosciamo già Colui che è venuto e lo attendiamo nel suo ritorno nella gloria, nella sua parusia finale, anche noi siamo chiamati alla conversione continua, ad aprire il cuore a Dio e ai fratelli per sentire la gioia che è condizione esistenziale, è bellezza e armonia.

“La vera gioia vola sopra il mondo/ed il peccato non potrà fermarla,/le sue ali splendono di grazia,/dono di Cristo e della sua salvezza/e tutti unisce come in un abbraccio/e tutti ama nella carità” (La vera gioia di Marco Frisina)

Buona Domenica.

✠   Francesco Savino