Omelie

V domenica di Pasqua


 

At 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

 

Domenica  28  Aprile  2024

 

Nel nostro cammino pasquale Gesù dopo averci rivelato sé stesso quale pastore bello-buono, che conosce ciascuno di noi nello stesso modo con cui il Figlio conosce il Padre (che vertigini!), in questa Domenica Gesù con l’allegoria della vite ci manifesta sé stesso per farci comprendere ancora di più “noi stessi”.

Domandiamoci: Gesù dove ci vuole? “Non dinanzi a Lui e neanche più dietro di Lui…ci vuole in Lui! E così ci parla di una vite e non come pure avevano fatto i profeti (cfr Is 5, 1-7; Ger 2,21) che spesso avevano paragonato Israele ad una vigna spesso deludente e capace solo di fruttificare uva aspra e selvatica…una vigna che aveva di continuo bisogno d’essere visitata dal Signore; ricordiamo il Salmo: «Dio potente, ritorna e visita questa vigna» (cfr. Sal 80,15).  Ora, in questo testo giovanneo, che oggi ascoltiamo, sulle labbra di Gesù risuona una parola in cui si autodefinisce proprio a partire da questa categoria: «Io sono la vite!». Si badi bene: non dice di essere la vigna, ma la vite. Mi pare che tutto si faccia chiaro: il Figlio di Dio, nella visione del Quarto Evangelo, si è fatto vite nella vigna infedele perché tutta la vigna possa prendere vita nuova da Lui” (padre P. Fabrizio Cristarella Orestano).

Che meraviglia comprendere che Gesù, la vite vera, è venuto a rendere possibili i frutti, a rendere possibile il vino della gioia, il vino delle nozze, il vino messianico con cui si era aperto il Vangelo di Giovanni con il segno di Cana: a rendere bella e significativa la nostra vita!

È Lui la vite vera che rende fecondi i tralci. Convinciamoci che se non dimoriamo in Lui, Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, viviamo una vita sterile, vuota, secca e arida.

In Lui la nostra vita è generativa di bellezza, di autenticità, di senso!

Senza di Lui “non possiamo fare nulla”, secchiamo e veniamo gettati nel fuoco per essere bruciati. Chi rimane invece in Lui con perseveranza sperimenta una gioia indicibile.

È chiaro che i frutti che Gesù ci permette di generare non sono evidentemente i frutti che il “mondo” si attende. Per la logica del mondo un uomo che porta frutto è un uomo di successo, un uomo che possiede, un uomo che ha fatto carriera, che tutti guardano con invidia, timore e ammirazione.

Opportunamente l’apostolo Paolo contrappone le opere della “carne” a quelle dello “Spirito” (cfr. Gal 5, 19-26). Rendiamoci conto che i frutti dello Spirito sono opposti a quelli del mondo.

Ci vuole, pertanto, coraggio per rimanere innestati in Gesù, la vite vera. Spesso noi preferiamo ciò che l’immediato e l’effimero ci consentono di vivere. Il “carpe diem” afferra l’attimo, l’immediato, ci cattura dandoci soltanto l’illusione, confondendo l’euforia con la gioia.

La strada allora del senso bello della vita e del suo fine stesso consiste proprio nel dimorare stabilmente in Cristo Gesù.

Opportunamente annota padre Fabrizio Cristarella Orestano: “Le nostre vite cristiane, ecclesiali, comunitarie sono piene di uomini e donne che, non avendo ancora fatta questa scelta del rimanere, hanno sempre le “valigie pronte” per andarsene, per sbattere la porta magari in nome di una libertà che non hanno (ne mancano dentro!) o di una delusione subita da parte degli altri (ma non pensano mai alla delusione che essi infliggono agli altri!).Sono quelli che non hanno il coraggio di rimanere e non portano frutto e non sono mai diventati davvero discepoli. Sono i cristiani della soglia, che non entrano mai per prendere dimora tra i discepoli di Cristo; spesso stanno sulla soglia a verificare se gli altri cadono in fallo e per poter dire che con loro non vogliono rimanere; i cristiani della soglia sono gli eterni immaturi della vita ecclesiale, quelli che mai prendono su di sé le responsabilità e le scelte costose; i cristiani della soglia sono spesso solo “uomini religiosi” che però non vogliono davvero compromettersi con l’Evangelo e dunque con la vita di Cristo Gesù; non la vogliono quella vita: preferiscono i loro pantani di mediocrità”.

Lasciamoci sedurre da Gesù, la vite vera e mettiamoci alla sua sequela diventando discepoli autentici e credibili.

Buona Domenica.

   Francesco Savino