Omelie

Veglia  di  Pasqua  2023


Veglia  di  Pasqua  2023

Gen 1,1 – 2,2; Sal 103; Gen 22, 1-18; Mt 28, 1-10

 

Sabato  8 Aprile  2023

 

È la veglia di tutte le veglie, la notte che si illumina di infinito: Cristo è risorto e ha fatto a pezzi la morte!

È morta la morte! L’amore ha vinto per sempre la morte! L’amore vince tutto!

Le parole sono impotenti a raccontare l’impossibile che diventa possibile. La morte, il caso serio della vita, non ha più potere sulla vita stessa.

“O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore!”: così abbiamo cantato ancora una volta nell’exultet di questa veglia da cui tutto riparte e verso cui converge tutta la storia della salvezza. Siamo nella notte in cui ogni cosa rinasce ad una vita nuova.

Così l’inno delle trappiste di Vitorchiano che sottolinea la potenza della certezza nel cuore del Cristo Risorto:

Rifioriranno in Lui tutte le cose,
nel giorno della luce e della gloria;
verrà quel giorno, lo celebreremo,
un canto nuovo allora canteremo.

O Trinità, nel gaudio Ti adoriamo;
o Luce indefettibile ed eterna,
con il perdono dona nuova vita
e canteremo sempre le Tue lodi.
Amen.

 

Maria di Magdala e l’altra Maria vanno all’alba al sepolcro senza sapere lontanamente cosa aspetta loro. Sono donne alle quali Gesù aveva ridato dignità, sono oppresse, come accade nell’esperienza della morte di qualcuno, dal dolore di una mancanza e di una perdita, ma anche dallo smarrimento che ha procurato loro vedere infranta la speranza che Gesù aveva generato in loro.

Anche loro, come anche noi, tante volte si saranno domandate: “come faremo? Perché è successo?”. Lui aveva fatto solo del bene eppure perché lo hanno trattato e ucciso come un malfattore, come un delinquente? Ma ecco l’imprevisto che capovolge non soltanto i loro pensieri e le loro domande ma tutta la storia: “Un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su essa. […] Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti. Ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l’ho detto”.

È quando il cuore si commuove che tutto rinasce. E come fa il cuore a non commuoversi di fronte allo stupore di ciò che è accaduto? Il Cristo annientato dalle nostre colpe, risorge e noi lo possiamo vedere, toccare, amare e lasciarci amare. Occorre il cuore di un bambino per accorgersi di questo dono, di questa Grazia. Ecco perché il cristianesimo non può essere un discorso per quanto buono o saggio, è un fatto, è Gesù vivo in mezzo a noi, toccabile, incontrabile, amabile nella compagnia più grande che è la Chiesa. E questa notte straordinaria ci permette di superare la concezione di peccato invalidante, di morte come fine di ogni cosa, per gioire ed esultare insieme con il Signore della vita.

“Egli è qui.
È qui come il primo giorno.
È qui tra di noi come il giorno della sua morte.
In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno.
In eterno tutti i giorni”

 

(Charles Péguy)

 

Non c’è più discorso ideologico che tenga.

“La morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, lo sforzo di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sfida solitaria di fronte al mondo. No. La morale cristiana è semplicemente risposta. È la risposta commossa davanti a una misericordia sorprendente, imprevedibile, «ingiusta» (riprenderò questo aggettivo). La misericordia sorprendente, imprevedibile, «ingiusta», con criteri puramente umani, di uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e lo stesso mi vuole bene, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di nuovo, spera in me e attende da me. Per questo la concezione cristiana della morale è una rivoluzione, non è non cadere mai ma alzarsi sempre” (Prefazione del cardinale Bergoglio al libro L’attrattiva Gesù di don Giussani).

Così in Galilea tutto ricomincia da dove iniziò l’esperienza, dove c’era stata la chiamata, l’incontro e l’intimità, il coinvolgimento con la vita di Gesù. Era necessario ritornare là, con un cammino che non è geografico ma esistenziale.

Questo comando di andare in Galilea significa per le discepole e i discepoli: “Ricostituite la comunità, dopo la dispersione avvenuta a Gerusalemme. Riprendete il cammino della fede insieme e in quella terra di frontiera tra Israele e i territori delle genti iniziate ad annunciare la buona notizia della resurrezione, perché questo è il fondamento del Vangelo” (Enzo Bianchi).

A Pasqua ha inizio “la chiesa dell’ago e del filo”. Una chiesa al servizio della pace, della riconciliazione, della concordia. Una chiesa sarta che combatte ogni campanilismo e ogni nazionalismo, ogni populismo e demagogia, che trascende ogni individualismo e narcisismo. Nasce un popolo sempre in stato di servizio a favore dell’unità di tutto il genere umano.

Auguri di Pasqua a te, fratello e sorella, che sperimentate una umanità ferita e lacerata.

Auguri di Pasqua a te, marito e moglie, che sperimentate la fragilità del vostro amore, deluso e amareggiato!

Auguri di Pasqua a te, fratello e sorella immigrati, che spesso sperimentate il rifiuto dell’accoglienza.

Auguri di Pasqua a te, imprenditore, che vivi una grande crisi, da mettere in difficoltà anche coloro che lavorano con te.

Auguri di Pasqua a te, fratello e sorella vedovi, che avete perso l’amore della vostra vita, che vi ha gettato in un vuoto senza senso.

Andiamo oltre, oltrepassiamo ogni macigno e, guardando negli occhi ogni persona che incontriamo, nella certezza di essere amati noi per prima, diciamogli: “Ti voglio bene”.

Auguri di buona Pasqua!

      Francesco Savino

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