Omelie

XIII domenica del tempo ordinario anno a


 2 Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4,8-11; Mt 10,37-42

2  Luglio  2023

 

Questa Domenica ci consegna la fine del discorso missionario riportato dal Vangelo di Matteo al capitolo X, un discorso che riguarda tutti i cristiani, chiamati ad annunciare con la loro vita e le loro parole che in Cristo “il Regno si è fatto vicino” (cfr. Mt 10, 7). Per portare agli altri Gesù Cristo urge prima accoglierlo come Signore della propria vita. Per amore della chiarezza e della verità, Gesù rivolge, a chi lo segue, parole molto radicali e rigorose, che fanno cogliere il caro prezzo della sequela. Nei versetti che precedono il testo liturgico del Vangelo di questa Domenica Gesù dichiara: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non la pace ma la spada” (Mt 10, 34). Senz’altro il Regno di Dio portato da Gesù, Messia mite e disarmato, è un regno di pace, di una pace, però, non mondana, bensì dello “shalom” contenente in sè anche il giudizio di Dio, che si è fatto presente nella persona stessa di Gesù. Gesù, come preconizzato dall’anziano Simeone, è un segno di rottura, di contraddizione, perché di fronte a Lui non esiste neutralità ma è necessario prendere posizione: o lo si accetta o lo si rifiuta.

La stessa famiglia, luogo in cui si nasce e si viene accompagnati in un cammino di crescita, viene attraversata dalle parole rigorose del Maestro: “Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me”, ossia come ci dice il testo parallelo dell’Evangelista Luca, “non può essere mio discepolo” (Lc 14, 26-27). Gesù dichiara che l’amore per Lui deve prevalere su ogni altra relazione, anche quelle di sangue. Gesù lo ribadirà quando viene chiamato dai suoi familiari: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12, 50). Per vivere seriamente e autenticamente alla sequela di Cristo occorre prendere le distanze dal “proprio ego”, dal proprio narcisismo, spesso patologico, e in questa libertà da se stessi si può “prendere la propria croce”, cioè il segno della propria disponibilità a dare la vita per il Regno di Dio, e quindi “seguire Gesù”.

Egli rafforza ancora di più le condizioni per seguirlo dichiarando che “chi avrà tenuto per sé la propria vita la perderà, e chi avrà perduta la propria vita per causa mia la troverà”. Sono affermazioni che soprattutto per chi non crede possono sembrare assurde ma nel segno della sequela sono condizioni che dicono l’amore per Lui senza riserve. Sostiene Enzo Bianchi: “Chi accoglie veramente Gesù nella propria vita, chi lascia che sia Cristo a vivere in lui (cfr. Gal 2,20), assume sempre più i tratti del suo Signore. Ecco perché se fino a questo punto del discorso Gesù aveva sottolineato soprattutto le ostilità a cui sarebbero andati incontro i suoi inviati (cfr. Mt 10,16-23.28), il suo sguardo conclusivo si posa sul risultato positivo della loro missione, che va oltre ogni aspettativa: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato». Sì, il vero discepolo è chiamato a essere «sacramento» di Gesù, il quale a sua volta lo è del Padre (cfr. Gv 1,18). E questa realtà così grande si manifesta nelle relazioni più quotidiane, si esprime e a sua volta suscita uno stile di vita che, nella sua semplicità, rivela la volontà di accogliere in modo premuroso Cristo nei suoi inviati: «Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca (non solo di acqua!) a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa». La ricompensa che non perderemo per noi cristiani ha un solo nome: comunione. La comunione in Gesù Cristo, che passa attraverso l’amore totale per Lui, deve tradursi in fraternità: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avrete fatto a me” (Mt 25, 40). E ancora: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Gal 3,26-29).

Buona Domenica.

   Francesco Savino

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