savino tempo ordinario Omelie

XIV domenica del tempo ordinario anno A


Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30

9  Luglio  2023

 

Il brano del Vangelo di questa XIV Domenica del Tempo Ordinario è articolato in tre parti: nella prima Gesù eleva un inno di benedizione e di ringraziamento al Padre, perché ha manifestato ai poveri e alle persone semplici il mistero del Regno dei Cieli; nella seconda rivela il suo rapporto intimo e tutto particolare con il Padre; e nella terza, infine, esorta ad andare da Lui e a mettersi alla sua sequela per trovare sollievo.

Gesù, segno di contraddizione, sperimenta il rifiuto e l’incredulità da parte degli abitanti di alcune città della Galilea, nelle quali ha annunciato il Regno e operato gesti terapeutici. Egli non si scoraggia di fronte ai fallimenti della sua predicazione, ma trasforma il suo scacco in una opportunità di ringraziamento al Padre.

Gesù umanamente è toccato dal rifiuto subito, ma è capace di assumerlo nella fede e di farne occasione per discernere la volontà del Padre: “Ti rendo lode, Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così hai deciso nella Tua benevolenza …”.

Egli riconosce che, anche nei momenti più difficili e problematici della Sua vita, Dio agisce attraverso di Lui. La Sua missione, infatti, consiste nell’annunciare e testimoniare la bella notizia ai poveri e ai semplici, i quali, aderendo alla Sua Persona, colgono in Lui la rivelazione del Padre, che contemporaneamente diventa giudizio per quanti, a causa della loro presunzione intellettuale autogiustificativa, non sono disponibili di fatto ad accogliere la bella notizia del Vangelo.

L’apostolo Paolo in seguito scriverà: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i saggi, ciò che nel mondo è debole per combattere i forti” (1Cor 1, 27).

Nella seconda parte del brano evangelico Gesù fa un’affermazione di una bellezza straordinaria che manifesta la sua relazione di intimità con il Padre e ci consente di contemplare, seducendoci, la sua vita di comunione con Dio: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”.

Nella terza parte Gesù invita i suoi discepoli, i suoi contemporanei stanchi e oppressi, oggi l’invito è rivolto a noi, a partecipare a questa vita divina; si tratta cioè di passare attraverso di Lui, via definitiva, per incontrare il Padre, per entrare in comunione con Lui.

Sono parole di grandissima consolazione, che costituiscono un appello ad avere fiducia in Lui: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Opportunamente la teologa Simona Segoloni Ruta annota: “Il giogo è l’attrezzo agricolo che si mette sul collo dei buoi (o di animali da tiro in genere) per far loro tirare l’aratro o altro. Serve a tenerli insieme, ma siccome pesa sul collo e costringe la testa in basso, ha assunto nel linguaggio comune un significato negativo, sinonimo di oppressione. Ma non ogni giogo è così. C’è un giogo oppressivo, che potremmo ricondurre a quello che Paolo in questo brano della lettera ai Romani chiama “dominio della carne”, che conduce alla morte, perché spinge a seguire i desideri che sorgono dalle nostre ferite, dalle nostre devianze e dall’illusione di poter saziare il bisogno di vita che proviamo divorando e accumulando cose e persone (questi sono i desideri carnali che portano alle opere del corpo, nel linguaggio di Paolo). E poi c’è un giogo liberante, qualcosa che ci lega e ci sta addosso non per schiacciarci e condurci alla morte, ma per darci vita e per resuscitarci, qualora dovessimo morire. Questo giogo che fa vivere è la vita secondo lo Spirito, cioè una vita vissuta sotto l’azione dello Spirito, soggiogati dalla sua azione liberante e benefica”.

Gesù ci parla proprio di questo giogo, ci chiede di portare addosso la Sua compagnia, la Sua Parola e il Suo stile.

Portare, allora, il Suo giogo, significa avere il Suo cuore, essere “abbracciati” dal Suo Spirito e vivere la Sua umiltà. Vivere così ci genera sollievo, ristoro e bellezza.

L’invito di Gesù concretizza una delle sue beatitudini: “Beati i miti, perché erediteranno la terra” (Mt 5, 5), cioè la terra dei viventi, il Regno.

Buona Domenica.

   Francesco Savino

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